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Confindustria è più “meridionale”: «Il Sud diventi la locomotiva del Paese»

Di Michele Guccione |

PALERMO –  “Ora o mai più”. Lo scrisse Ettore Tolomei nel 1914 per incitare i triestini e gli altoatesini a combattere insieme come patrioti italiani. Secondo la tradizione ebraica, con questo “aut aut” il profeta Natan spinse Betsabea a convincere il re Davide a passare lo scettro a Salomone mentre il trono vacillava. E lo ha ripetuto il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, “avvisando” il premier Conte: col “Recovery fund” l’Europa è stata solidale con l’Italia, l’Italia sia responsabile, non perda l’occasione di ricostruire il Paese, perché non ce ne sarà un’altra. E “ora o mai più” è il “lead” di Natale Mazzuca, vicepresidente di Confindustria per il Sud e l’Economia del mare, che su questo non darà tregua.

«Per vent’anni in questo Paese non si è fatto nulla – spiega Mazzuca – l’Italia dopo 13 anni è l’unica in Europa a non avere recuperato il terreno perso dalla crisi del 2007. Non ci sono riforme prioritarie e altre meno: è tutto da fare, con una visione d’insieme e un progetto, in un clima di responsabilità e senso di appartenenza al Paese. Ma la politica italiana non se ne rende conto. Però va fatto, tutti insieme, “Ora o mai più”, perché tanta fiducia e una simile pioggia di denaro non ci verranno concessi una seconda volta. Il virus ha generato un vento favorevole all’Italia impensabile prima. Sarebbe da incoscienti non usare questa manna dal cielo per ricostruire l’Italia».

Lei sembra pessimista sul presente…

«Noi imprenditori non ci rassegniamo al pessimismo. L’Italia è la seconda manifattura d’Europa e il sistema imprenditoriale ha retto perché le tante Pmi che lo compongono sono delle eccellenze e non si sono arrese. Ma oltre all’assistenzialismo, per ripartire c’è bisogno anche di certezza delle norme e di sostegni al lavoro produttivo e alle imprese. Invece la politica litiga su altro. Già partiamo con una produzione industriale a -20%, un Pil destinato a crollare del 13%, una disoccupazione all’11%. Dopo un “lockdown” prolungato, finita la Cig, cosa ci sarà per sostenere e rafforzare l’occupazione? Le poche misure pensate per le imprese sono in ritardo, non c’è coincidenza temporale fra la Cig e il blocco dei licenziamenti, il credito è frenato dalle procedure e a giugno si rischia di esaurire il fondo di garanzia da 400 miliardi lasciando le imprese senza soldi. Non ci si accorge che si sta arrivando a velocità alla fine di un binario morto».

Lo dice anche perché sono le infrastrutture a mancare? I fondi europei dovrebbero servire anche a questo…

«Ripeto, c’è da ricostruire tutto il Paese, e questa è l’occasione per renderlo moderno, efficiente e consentire alle imprese di competere alla pari con i concorrenti esteri. L’Italia è a un bivio: può scegliere fra il declino e il riprendersi il posto che le spetta fra i Grandi. L’Ue ci chiede riforme attese da vent’anni. La semplificazione burocratica e la riorganizzazione della Pa è la madre di tutte le riforme: se non funziona la Pa non ci sono servizi, non si autorizzano le opere e non si attirano investimenti privati. Serve la digitalizzazione: la pandemia ci ha spinti in due mesi a un’innovazione per la quale avremmo impiegato dieci anni. Ma la rete a banda larga oggi raggiunge solo il 25% della popolazione contro il 60% in Ue e non arriva ancora in tante aree produttive della Sicilia, della Calabria e del Sud. Servono le infrastrutture, fondamentali per la mobilità e la logistica. Il “Piano per il Sud” con i fondi Ue può diventare un “Piano decennale per l’Italia”, in quanto il Sud sarà la locomotiva del Paese. In tal senso le Zes al Sud sono la fondamentale occasione sia per agganciarci a quell’80% di flussi commerciali che viaggiano nel Mediterraneo e che fanno aumentare in maniera esponenziale una parte importante dell’economia del mare che in maniera diretta e indiretta muove in Italia 130 mld, sia per fare ritornare nello Stivale la produzione manifatturiera. Mai come in questi due mesi abbiamo scoperto quanto dipendiamo dall’estero per molte produzioni. La leva logistica e fiscale delle Zes è l’unico modo che abbiamo per riappropriarci delle nostre produzioni e creare nuovi posti di lavoro».

L’Ue chiede di investire sul “green”…

«Noi siamo per una crescita sostenibile, per la transizione energetica e la sostenibilità sociale in una fase in cui aumentano le diseguaglianze e la povertà si sposta verso categorie prima indenni. Bisogna recuperare merito e dignità, investendo su ambiente, società e crescita tecnologica, sostenendo molto di più la ricerca: è un processo cui dobbiamo concorrere tutti».

I soldi Ue arriveranno nel 2021. Frattanto che si fa?

«Il tempo è determinante. Va velocizzato ciò che c’è. Va usato il Mes per potenziare al Sud il sistema sanitario, che costa tantissimo alle Regioni, che si pagano anche i costi delle migrazioni per cure al Nord. Se il virus si fosse diffuso qui come al Nord, sarebbe stato un disastro. Rendere il sistema sanitario al Sud efficiente sarebbe un’occasione di crescita economica e sociale e si libererebbero risorse che le Regioni potrebbero reimpiegare per lo sviluppo. E col Mes il governo potrebbe liberare fondi per interventi sui settori produttivi. Ma c’è il nodo del Dl “Rilancio”, che è in realtà il Dl “Complessità”, perché ci vorranno 98 decreti e regolamenti attuativi».

Alla politica chiedete un cambio di passo?

«Bisogna ritrovare coesione, perché l’incertezza è nemica della crescita e del cambiamento. Bisogna costruire un’Italia nuova dando ai giovani occupazione vera. Ci aspettavamo che nel Dl “Rilancio” venissero confermate tutte le misure di “Industria 4.0” che hanno funzionato e favorito investimenti e occupazione, ma così finora non è stato. Serve un taglio selettivo della spesa pubblica per un ripensamento delle politiche fiscali che consenta di pagare meno tasse e pagarle tutti anche per ridurre il debito pubblico. E va fatto subito, perché dal 16 giugno le imprese dovranno pagare l’Imu, l’Irpeg e l’Irpef e tutti i cittadini le loro tasse. Ma 8 milioni di cassintegrati e le imprese senza liquidità dove troveranno i soldi per pagare le tasse a giugno? La politica non ha una visione della realtà».

Questa nuova Confindustria più “meridionale” rispetto al passato, che atteggiamento avrà nei confronti del governo?

«È ormai una vecchia distinzione. Siamo un grande Paese, ma andare dalla Calabria a Roma in auto è un guaio. L’impegno sarà anzitutto per un recupero del gap nei collegamenti fra Sud e Nord. Perché l’obiettivo finale di questa squadra di vertice di Confindustria è la crescita unitaria del Paese e la coesione. Confindustria in tal senso può dare un grande contributo a una crescita coesa del Paese, che è unito e può andare avanti con un sistema imprenditoriale eccellente che va rafforzato, facendo del Sud la più grande piattaforma logistica d’Europa al centro del Mediterraneo. Ora o mai più».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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