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Catania: pressing su Messina, il “piano B” di FdI è Parisi

Il vicecapogruppo alla Camera resta il "candidato autorevole" per far desistere la leghista Sudano. Lunedì arriva Donzelli

Di Mario Barresi |

La convinzione dei meloniani è granitica: «Con Manlio si chiude la partita». È lui, il vicecapogruppo di FdI alla Camera, il «nome autorevole» con cui si potrebbe far desistere la leghista Valeria Sudano. Ma, sul candidato a sindaco di Catania, il centrodestra resta piantato fra tatticismi e buone intenzioni. S’intensifica il pressing su Manlio Messina, che continua a rispondere a chiunque – compresi i vertici nazionali del partito – con un garbato, ma altrettanto netto, «no, grazie». Gliel’hanno chiesto quasi tutti: Ignazio La Russa, Francesco Lollobrigida e Giovanni Donzelli, che ieri ha rinviato il blitz etneo. Tutti tranne «l’unica che può davvero convincerlo»: Giorgia Meloni. E proprio a lei, l’ex assessore regionale al Turismo, «non potrebbe dire di no», suggeriscono speranzose fonti patriote. Anche perché, aggiunge un altro dirigente, «arriva il momento in cui, dopo aver avuto tanto dal partito, un vero leader deve dimostrarsi coraggioso e generoso».

Catania – big match del voto di primavera

Se davvero FdI vuole mettere le mani su Catania – big match del voto di primavera; sarebbe il comune più grande d’Italia amministrato dal partito della premier – la mossa vincente, in questo momento, resta quella di puntare su Messina. Al quale viene riconosciuto lo standing per contendere alla sua “pari grado” – Sudano è anch’essa deputata nazionale – la corsa sotto l’Etna. «Luca Sammartino non lo stima, ma lo rispetta», sostengono i Fratelli di Catania convinti che il leader carismatico della Lega siciliana potrebbe aprire «una trattativa molto più serena». Del resto, riferiscono anche colleghi di Montecitorio, «fra Manlio e Valeria c’è un buon rapporto personale». E c’è chi giura di aver sentito lui mentre chiedeva a lei se volesse «farsi conoscere da Giorgia». Una raffinata strategia per scansare un’investitura sgradita. O magari soltanto un aneddoto da fanta-Transatlantico.

Stancanelli evocato più volte

E senza Messina che si fa? In effetti ci sarebbe quello che un giovane saggio della destra etnea definisce «una riserva della Repubblica»: Raffaele Stancanelli. L’eurodeputato è stato evocato più volte, qualche sera fa, in un vertice romano. «Se gli proponessimo lui, Sammartino ci starebbe in un minuto», la tesi dei beninformati. A cui corrisponde un’antitesi: l’ex sindaco di Catania, dopo la rottura con La Russa, non è in cima alla lista di Via della Scrofa. Tant’è che nessuno gli ha ancora dato il preavviso di chiamata. Ammesso e non concesso che sia disponibile. «Raffaele lo farebbe soltanto se fosse una scelta forte e convinta, non certo come panchinaro da schierare all’ultimo minuto perché si sta perdendo la partita», certifica un vecchio amico dell’«avvocato».

Allora FdI guarda oltre. Anzi: torna indietro. Al candidato ritenuto «meno divisivo»: Sergio Parisi. È l’ex assessore comunale, in questo momento, l’unico vero piano B per Catania. Dopo l’ennesimo “viaggio della speranza” a Roma, il candidato più gradito a Salvo Pogliese si gioca tutte le sue carte fino in fondo. I detrattori continuano a ripetere che i vertici del partito «non lo ritengono un nome forte», ma il diretto interessato tesse la sua tela senza un attimo di sosta. Ha scalzato, secondo tutti gli interlocutori sentiti ieri da La Sicilia, la concorrenza di Ruggero Razza. Che, in teoria, avrebbe oggettivamente un curriculum più robusto. «Ma la Lega non lo accetterebbe mai – questa la motivazione più diffusa – anche perché è il preferito di Raffaele Lombardo». E poi, aggiunge chi non nasconde l’ostilità nei confronti dell’ex assessore regionale alla Salute, «i musumeciani sono stati già profumatamente “pagati”: a Roma e alla Regione: non possono avere tutto loro».

Il candidato meno divisivo

Potrebbe essere davvero Parisi il nome da proporre agli alleati. Lombardo, pur di non darla vinta a Sammartino, lo accetterebbe di buon grado, anche dopo aver chiarito ogni questione in sospeso con Pogliese, alla presenza dell’aspirante candidato, in un recente aperitivo romano. La scelta del meloniano più amato dai tifosi del Catania (che domenica festeggia la promozione in C), in idilliaci rapporti col patron Ross Pelligra, aprirebbe uno scenario diverso. E più rischioso per FdI: «Se la Meloni, o chi per lei, si presentasse col nome di Parisi, darebbe a Matteo (Salvini, ndr) tutte le ragioni per spuntarla», preconizza un attento big leghista che bolla l’ex assessore allo Sport come «una scelta di totale continuità con Pogliese, il che non è il massimo…». Ma, fra gli alleati lealisti, c’è chi è convinto che «con Parisi, appoggiato da Fdi, Lombardo e Forza Italia, si vince pure senza Lega».

Il centrodestra si crogiola sull’annacamento

Il centrodestra si crogiola sull’annacamento, il massimo del movimento col minimo di spostamento. E, in attesa dell’oracolo patriota (Donzelli sarà lunedì in città, forse «per notificare la scelta» assunta a Roma nelle prossime ore), il vertice regionale del centrodestra, in programma oggi, è in forse. Potrebbe non farsi, ma se si facesse sarebbe inutile. Anche perché le scelte su Catania hanno un effetto-domino sul resto delle città (Siracusa soprattutto). Con la Dc di Totò Cuffaro che continua a invocare «scelte condivise». Minacciando: «Qualora dovessero prevalere interessi di parte, siamo pronti a intraprendere altre strade». Già, perché nella tracotante certezza di vincere comunque (anche con due candidati opposti nelle “primarie” al primo turno), il centrodestra, a Catania, dimentica che può anche perdere. Prima pezzi di coalizione. E poi, magari, persino le elezioni.

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