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C’eravamo tanto odiati: la pazza idea della lista unica Crocetta-Orlando

Di Mario Barresi |

CATANIA – Loro due se le sono sempre date di santa ragione.Ad esempio: l’uno accusava l’altro di essere «complice di una congiura contro la Regione», apostrofandolo come «forforoso», visto che «porta lo stesso vestito da vent’anni».L’altro, fiero oppositore per cinque anni, ha invocato «discontinuità dall’attuale governo regionale», sbarrando infine la strada a un presidente definito «una calamità istituzionale».

Loro due. L’uno, Rosario Crocetta; l’altro, Leoluca Orlando.

Nemici giurati, costretti – fra oscure perifrasi e chiare ipocrisie – a stare sotto lo stesso tetto nella grande casa del centrosinistra.E se ora, per un destino beffardo e tradimentoso, dovessero addirittura convivere, cheek to cheek, dentro il monovano di un’unica “Lista del Presidente” alle Regionali?

Suggestioni? Magari sì. O forse no.

La soffiata, sotto il Vulcano, è di geniale perfidia: «Altro che Arcipelago Sicilia, quello di Orlando è diventato l’arcipelago della Micronesia».

Senza girarci troppo attorno: c’è l’ipotesi di una fusione (d’emergenza) fra il Megafono di Rosario Crocetta e Arcipelago Sicilia di Leoluca Orlando, col “patrocinio” del Pd. Del progetto – come confermano fonti dem, oltre che autorevoli esponenti moderati della coalizione – si discute già da qualche giorno. Anche se nessuno ha avuto il coraggio di tirarlo fuori ufficialmente. L’occasione propizia sarà oggi pomeriggio – a Palermo, nella sede del comitato elettorale di Fabrizio Micari – nel corso di un vertice fra gli alleati. Già fissato mercoledì scorso come “incontro tecnico” sulle scartoffie delle liste. Ma ora, per forza di cose, un summit più che mai politico.

Il vero nodo, rivela un deputato regionale del Pd, è che «Orlando, tranne a Palermo e in un altro paio di collegi, ha serie difficoltà a fare le liste». Un esempio per tutti? «A Catania, ora come ora, avrebbe soltanto un paio di nomi, compreso il figlio dell’onorevole Turi Leanza a Bronte, più il candidato di Bianco, Alessandro Porto, sempre se il partito dà la deroga». Qualche problema, ma non insormontabile, l’avrebbe pure Crocetta in qualche provincia occidentale. E allora, auspica un big moderato con molto pelo sulla pancia, «meglio unire due potenziali debolezze per fare un’unica forza che superi nettamente il 5 per cento». Tanto più che risultano “non pervenute”, finora, le altre due liste annunciate da Micari: Generazione Next e Sinistra Siciliana. I simboli sono stati presentati, ma non c’è alcun indizio che i contenitori abbiamo un contenuto di candidati.

La narrazione di un Orlando in affanno viene seccamente smentita dal suo braccio destro, Fabio Giambrone. Che stronca anche l’ipotesi di una lista unica Arcipelago-Megafono: «Il tema non c’è, non esiste proprio. Un altro discorso, questo più concreto, è l’accordo con il Pd per trovare le maggiori sintonie affinché noi possiamo ospitare candidati dem in una dimensione di lista del presidente».

Anche Peppe Caudo, coordinatore del Megafono, non vuole sentir parlare di complicazioni: «Le nostre liste sono pronte, ovunque. Manca qualche puntello, ma le teste di ponte sono già in campo». Eppure l’uomo-ombra di Crocetta nel Catanese, sull’ipotesi della lista unica con Orlando non cade proprio dalle nuvole: «È una voce che ho sentito. Ma nessuno ci ha detto nulla formalmente». E se lo facessero adesso? «Nessuna paura di misurarci con chicchessia. Noi qualche posto nelle nostre liste, in nome di un progetto comune e vincente, potremmo anche trovarglielo. Ma devono sbrigarsi…».Qualche minuto dopo il colloquio con Caudo, arriva puntuale la telefonata del governatore: «Questa bufala della lista unica – sbotta subito Crocetta – me l’ha già riferita una decina di persone, ma non esiste proprio. Io ho un accordo nazionale con Renzi e con il Pd, il Megafono è una risorsa del mio partito. E guai a chi me lo tocca, capito? Se non riescono a formare delle liste, io posso ospitare qualche candidato. Ma al simbolo del mio movimento non rinuncio, manco morto». Gran finale: «Io non m’incazzo mai, ma quando succede sono guai seri per tutti… Se qualcuno vuole fare il furbo, sappia che Crocetta può fingersi pazzo. E diventare imprevedibile…». Il fedele Caudo, in una chiamata immediatamente successiva, svela l’arcano: «Noi al simbolo del Megafono non rinunciamo. Se qualcuno, scorrettamente, dovesse chiedercelo, Rosario potrebbe rompere ogni patto. E ricandidarsi come presidente, solo contro tutti…».

E il Pd? Fausto Raciti la prende alla lontana: «Noi, come forza di riferimento della coalizione, ci faremo carico di ogni questione. Compresa quella di non disperdere le energie, trovando la giusta collocazione a chi ha dato la disponibilità di candidarsi e aiutando gli alleati a formare liste competitive». Ma chi, fra i candidati del partito, ha sentito nelle ultime ore il segretario regionale assicura che «Fausto, dopo il casino che hanno fatto Orlando e Faraone su discontinuità, modello Palermo, civismo e Micari candidato, non chiederà mai a Crocetta di fondersi con la lista dei territori, a meno che non sia obbligato da Renzi in persona».

Niente “lista del presidente” unitaria, dunque. Anche se la legge consentirebbe di presentare entro venerdì un simbolo che unisca graficamente i due già depositati. Allora, la soluzione per evitare la rottura con Crocetta sarebbe una «trasfusione, ma non ad assetto invariato» di ex candidati di Orlando fra Pd e Megafono. Il che, come prefigura un deputato dem uscente, «riaprirebbe un caos bestiale, dopo che Guerini ci ha detto chiaramente che tutti dobbiamo candidarci col partito». Insomma, il rischio concreto è «un fuggi-fuggi dalle liste del Pd, senza un briciolo di regole». Con l’aggravante, sussurrano, che «a Catania, dove c’è la situazione più delicata, qualche presunto big ne approfitti per disimpegnarsi per non dover dimostrare la sua totale assenza di consenso».

Chi ci capisce qualcosa – e sicuramente c’è – alzi la mano.

Twitter: @MarioBarresi

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