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La chiamata alle armi del Nazareno e i mal di pancia dei “renitenti” dem

Di Mario Barresi |

Catania. Ebbene sì: nessun dorma.

Ma il mio mistero è chiuso in me,

il nome mio nessun saprà!

No, no, sulla tua bocca lo dirò,

quando la luce splenderà!…

Il diktat, forte e chiaro, arriva dal Nazareno. «Quelle del Pd devono essere le migliori liste possibili». Il che ha un preciso corollario: «Alle Regionali nessuno può nascondersi, tutti devono misurarsi in prima persona».

Il vangelo secondo Matteo (Renzi) è stato affidato a Lorenzo Guerini. Che, pur non essendo un appassionato estimatore delle cose di casa nostra, è incaricato di arrivare all’obiettivo: nove all stars nei collegi, con dentro tutti (o quasi) i deputati regionali uscenti, ma anche la presenza «chiara, tracciabile e misurabile» dei big. Parlamentari nazionali, sindaci, assessori e – come sibila un’esponente regionale di peso – «anche tutti gli imboscati, iscritti al Pd nominati nelle istituzioni e in posti di sottogoverno».

La linea è chiara. In attesa che la candidatura di Fabrizio Micari decolli come valore (civico) aggiunto, il Pd fa i conti con se stesso. C’è anche un numerino magico – appena sussurrato, per scaramanzia o magari per malfidenza – ricorrente fra Roma e Palermo: 20%. Arrotondato per eccesso, ça va sans dire. Un’ambiziosissima percentuale che potrebbe dare a Micari il quid per vincere, nella migliore delle ipotesi; un paracadute, in caso di sconfitta della coalizione, per evitare al partito uno schianto mortale.

Il segretario regionale Fausto Raciti conferma: «Il Pd farà delle liste con dentro il meglio della nostra classe dirigente. Chiederemo, d’intesa con la segreteria nazionale, un sacrificio a tutti. A tutti, nessuno escluso».

Molti big, pochi posti. Dunque i derby saranno ancora più combattuti: Cracolici-Lupo-Faraone (che punterebbe sul sindaco di Partinico, Lo Biundo) a Palermo, Sammartino-Barbagallo-Villari (al posto dell’uscente Raia) a Catania, Digiacomo-Dipasquale a Ragusa, Alloro-Lantieri a Enna, Gucciardi-Ruggirello a Trapani. Per alcuni duellanti – soprattutto nei collegi con un solo posto in palio – s’era pensato al “travaso” di qualche dem al Megafono e ad Arcipelago Sicilia. «Ma non sarà così», assicura Raciti. «Chi è del Pd si candida col Pd».

Sembra l’uovo di Colombo. Eppure, nel pantagruelico mondo dem, l’idea crea più malumori che entusiasmi. Tant’è che il leader di una forza alleata si spinge fino a spiegare i posti vuoti alla “prima” catanese di Micari con «il segnale di dissenso che alcuni del Pd hanno lanciato sulla linea delle liste con tutti dentro». Non a caso, lo stesso rettore ieri a Palermo ha evocato la convention etnea che « ci ha dato delle indicazioni importantissime: dobbiamo mettere da parte i personalismi e lavorare tutti insieme».

Ma il “nessun dorma” apre almeno un paio di fronti. Un effetto collaterale potrebbe essere indebolire Crocetta e Orlando, privandoli di candidati dem forti (ma non tanto da essere eletti nel partito), decisivi per arrivare al quorum del 5%. Ma nei corridoi del partito lo derubricano a «rischio calcolato», anche perché «noi siamo il Pd e facciamo il Pd» e poi «ogni alleato deve misurarsi con i suoi voti e non coi nostri». Il secondo fronte è interno: i malpancisti. Non tutti sono disposti a fare i gregari e portare acqua al partito, con la quasi certezza di non essere (ri)eletti. Più uscenti da candidare oggi, più scontenti da consolare domani. A Palermo sono certi di poter ricompensare i sacrifici grazie alle «porte girevoli delle Politiche 2018». Ma nessuno, oggi, può fare promesse; di certezze manco a parlarne. E poi molti dei favoriti per l’Ars non gradiscono l’all in del partito, che infrangerebbe cordate e patti di desistenza. Fra questi non c’è l’assessore Anthony Barbagallo, già a capofitto sulla campagna elettorale. «Il Pd ha 23 deputati regionali e, tranne Crocetta che ha avuto una deroga da Roma, è giusto che tutti si candidino per avere delle liste più forti».

Più complesso il ragionamento di Concetta Raia: «Nessun tatticismo: facciamo delle liste davvero forti, coinvolgendo anche i sindaci, non ha senso imbarcare gente da 400 voti. Se alziamo troppo il prezzo, parlando di “super liste”, l’eventuale sconfitta sarebbe ancora più cocente». Insomma: qualità, «ma senza fare scherzetti». Con una proposta provocatoria: «Perché Barbagallo, che è assessore di Crocetta, non si candida col Megafono?».

In effetti, come ammette Raciti, il sovraffollamento «è una questione soprattutto catanese». Nel collegio etneo sono 6 i deputati uscenti: oltre a Barbagallo, Sammartino e Raia, anche Nicotra, Sudano e Vullo. Impensabile che siano davvero tutti ricandidati, anche se il segretario sta studiando una formula in cui, oltre ai tre battistrada, nella lista dovrebbero esserci anche un uomo del sindaco Bianco (il consigliere Porto), più altri nomi dei deputati nazionali Berretta e Burtone, con l’ipotesi di «un altro candidato per sparigliare». I posti in palio, numeri alla mano, sono due. Nella migliore delle ipotesi. Perché secondo alcuni calcoli il seggio potrebbe diventare uno. Che senso ha – si chiedono in molti sotto il Vulcano – questo spargimento di sangue per un paio di posticini al sole di Sala d’Ercole?

Nessun dorma. Ma qui non basta la Turandot.

Ricominciare e poi… che senso ha?

Molto meglio l’intramontabile Mina.

Twitter: @MarioBarresi

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