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La “pagina nera” dell’elezione di Micciché e l’infedeltà che dilania il Pd siciliano

Di Redazione |

PALERMO – L’elezione di Gianfranco Micciché alla presidenza dell’Ars continua ad avere come prevedibile ampi strascichi politici che molto probabilmente non si esauriranno in tempi brevi. Come è noto, il leader forzista l’ha spuntata grazie al soccorso “rosso”: 4 voti del Pd e 2 di Sicilia futura. Ma sono i quatto voti persi tra i dem quelli che hanno dato il colpo di grazia al Pd siciliano, già provato dalla scarsa performarce elettorale del 5 novembre scorso, quando all’Assemblea regionale ha portato “solo” 11 deputati. E di questi ben 4 hanno già “tradito” il gruppo votando in maniera diversa da quelle che erano le indicazioni di “scuderia”.

Giuseppe Berretta, parlamentare nazionale del Partito Democratico e responsabile siciliano dell’area del PD che fa riferimento ad Andrea Orlando non fa fatica ad ammettere: «Ieri è stata un brutta giornata – ha detto – per la Sicilia e per il PD siciliano. Per la Sicilia, perché il neo presidente dell’ARS ha esordito molto male: in una Regione che è stata dilaniata dalla mafia e che ha perso i suoi figli migliori nella battaglia contro la criminalità organizzata, mi sarei atteso ben altre dichiarazioni da Micciché, certo non la santificazione di Marcello Dell’Utri che oggi sta scontando una condanna per concorso esterno in associazione mafiosa. E una giornata brutta per il Partito Democratico siciliano, perché questa legislatura si apre con una spaccatura del suo gruppo, con alcuni che nel segreto dell’urna hanno favorito l’elezione del commissario di Forza Italia in Sicilia».

«Il tentativo della dirigenza regionale del PD di non fare i conti con la sconfitta elettorale – è l’analisi di Berretta – non regge alla prova dei fatti, come risulta evidente anche dall’esito del voto di ieri per l’elezione del presidente dell’Ars». «E’ sempre più chiaro che queste condotte indeboliscono la credibilità del nostro partito» conclude il deputato etneo dei Democratici, che rinnova l’appello già reiterato più volte affinché si convochi al più presto la direzione regionale del PD, «in modo da definire collettivamente la linea politica da seguire, che deve essere di ferma opposizione al Governo di centro-destra».

Sottolinea la gravità di quanto successo il senatore Giuseppe Lumia: «È l’epilogo – dice disastroso di scelte strampalate  e prive di qualunque idea politica che distrugge il Pd e il Centrosinistra in Sicilia, ma con danni anche a livello nazionale». E aggiunge: «Il Pd ha bisogno di ben altro e di scelte più serie e capaci. Un Partito forte, radicato nella società, pronto a battersi per una moderna uguaglianza e che pensa ad unire progettualmente il Centrosinistra. Tutto il resto è miseria, causa peraltro di risultati elettorali deludenti».

Non usa poi mezze misure il parlamentare regionale del Pd, Giovanni Cafeo, che senza peli sulla lingua parla di parlamentari “venduti”: «Quattro nostri deputati hanno sacrificato l’integrità del gruppo e la dignità del partito – ha detto – per avere un rapporto preferenziale con il presidente. È stata un’occasione persa». «Un presidente eletto così rappresenta una sconfitta per Musumeci e la Sicilia», ha aggiunto.

E intanto comincia dentro il Pd la resa dei conti e comincia con la caccia ai “traditori” che nel segreto dell’urna hanno dato il loro voto a Micciché. Secondo alcune indiscrezioni sarebbero stati i “renziani” ad appoggiare il commissario di Forza Italia e non a casa sono stati in molti a parlare di “inciucio” Renzi-Berlusconi, di “Renzusconi” o di “patto dell’arancina” allargato al Pd. 

Si affretta a prendere le distanze  il deputato regionale del Pd Michele Catanzaro: «Smentisco categoricamente ogni illazione che possa riguardarmi – dice Catanzaro – sono un uomo di partito leale, non certo un franco tiratore. Oltretutto, non avrei avuto alcun interesse di posizione a scegliere un candidato diverso dall’on. Di Pasquale, appartenente peraltro alla nostra stessa area politica. Non capisco, in ogni caso, quale sia il meccanismo secondo cui, sulla base di talune ricostruzioni politico-giornalistiche, saremmo stati proprio noi, e non altri, a far mancare i voti necessari».

«Si abbia, piuttosto, – ha aggiunto – il coraggio di dire che in questa vicenda ad uscire male è l’intero Pd, e questo deve fare riflettere, perché qui è in gioco l’azione di un partito, non certo quella di una singola corrente. E si abbia il coraggio di dire che situazioni come questa possono essere evitate solo in modo: abolendo il voto segreto. È questo quello che si vuole? Per me va benissimo». 

Ma dai giovani del Pd arriva un appello ai “traditori” affinché escano allo scoperto: «Quattro, tra gli undici, deputati eletti nelle fila del Pd – scrive in una nota la Federazione Provinciale dei Giovani Democratici di Palermo – si sono discostati dalla unanime decisone assunta dal gruppo parlamentare, quella di votare per il proprio deputato Nello Di Pasquale, celandosi dietro il voto segreto».

I Giovani Dem condannano «il modo di agire dei quattro deputati che hanno tradito il mandato che gli elettori gli hanno affidato e hanno remato contro il partito». «Quanto si è consumato ieri in assemblea – scrivono – è uno scempio. In barba alla unanime decisione assunta dal gruppo parlamentare, privi di senso di responsabilità e di rispetto delle regole partitiche e dei militanti tutti, questi quattro deputati hanno leso la credibilità del nostro partito scrivendone una delle pagine più brutte della storia, votando per una persona che in Sicilia rispecchia e incarna il berlusconismo».

«Chiediamo – concludono – a coloro i quali si sono resi responsabili di tale gesto ad assumersi la responsabilità di quanto fatto e alla dirigenza del partito (a tutti i livelli, nessuno escluso!) di prendere immediatamente provvedimenti in merito ai fatti di ieri».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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