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L'intervista

Lombardo sigla il divorzio da Salvini: «Con la Lega un’occasione perduta»

Il leader Mpa. «Il patto federativo per ben due volte non ha avuto fortuna. Picconate dai siciliani». Alle Europee “appoggio esterno” a candidati di Forza Italia o FdI? «Dobbiamo decidere. E presto…»

Di Mario Barresi |

Lombardo, negli scorsi giorni c’è stato Salvini nel Catanese. Ha avuto modo di incontrarlo?

«Un incontro “en passant”, cosa di pochi minuti».

Cosa vi siete detti?

«Gli ho detto che se vuole una lista forte cominci col candidare i suoi assessori: sarebbe illogico e inspiegabile sprecare la loro popolarità».

Qual è lo stato di salute della federazione fra Lega e Mpa?

«Diciamo che per ben due volte questo patto federativo non ha avuto fortuna. E dire che a sollecitarlo è stato proprio il vice premier. Peccato! Si sarebbe dato vita, almeno in Sicilia, a un terzo polo dal peso e dalla dignità pari a Fratelli d’Italia e Forza Italia, capace di esprimere credibilmente obiettivi e uomini al massimo livello, piuttosto che rassegnarsi a un ruolo minore. Un’occasione perduta…».

Quanto influisce in questo rimpianto il rapporto, anzi il «non rapporto» per citare la sua definizione, fra lei e Sammartino?

«Con tutto il rispetto, il mio rapporto è stato ed è con Salvini. E non mi spiego come mai si sia consentito che l’iniziativa da lui voluta sia stata “picconata” dai cosiddetti leghisti siciliani. E chi tra loro ha avuto il “torto” di crederci, la prima volta nel 2020 e più di recente qualche mese fa, per una ragione o per un’altra, è stato penalizzato».

Ha detto che è stato proprio Salvini a volere il vostro patto…

«Sì. Ed era a Salvini che giovava di più. In Sicilia sarebbe uscita rafforzata la sua idea di partito nazionale, post Lega Nord, e il suo ruolo di interlocutore forte degli alleati. Per non parlare dei tanti gruppi sui quali il nostro Mpa contava nelle regioni del Sud. Le ricordo che nel 2008 eleggemmo parlamentari in Puglia, Campania e Calabria e nelle recenti regionali qualcuno è tornato nei consigli regionali in Abruzzo e in Sardegna…».

Ora non è che ci dirà che a raffreddare i rapporti con la Lega sono stati l’idea di candidatura del generale Vannacci o l’Internazionale dei sovranisti?

«L’Mpa non avrebbe aderito alla Lega, né sposato i suoi candidati e le sue alleanze in sede europea. Noi siamo autonomisti, la gran parte di cultura cristiano-sociale».

Ma allora che patto era?

«Premesso che per le elezioni politiche ed europee vige una soglia di sbarramento che a oggi l’Mpa non è in grado di poter superare, si è definito, sulla carta, un patto di reciproco interesse politico-elettorale».

In pratica restate uniti soltanto dalla battaglia per il Ponte sullo Stretto?

«Il Ponte è una nostra bandiera, elemento fondativo del Movimento per l’autonomia. Un manifesto della modernità e, al di là dell’opera straordinaria, la scossa che ci desterà, io lo spero davvero, dal sonno del fatalismo e della rassegnazione, affinché domani “gli ultimi saranno i primi” e vorranno autonomamente governare le loro risorse da millenni saccheggiate. A Salvini va riconosciuta la tenacia nel volerlo contro tutto e contro tutti».

Il caso Siracusa, con due assessori mpa nella giunta di Italia, alza la tensione nel centrodestra siciliano?

«Non c’è un caso Siracusa e chi lo solleva mi ricorda la favola della volpe e l’uva. Il sindaco è stato eletto battendo i candidati del centrodestra e del centrosinistra. È autonomo dagli schieramenti e ontologicamente autonomista. I due assessori attribuiti al nostro movimento, peraltro, non sono stati né candidati con noi, né sono iscritti. Conto di conoscerli presto anche per chiedere loro di aderire all’Mpa. Lo stesso discorso vale per Cassì, sindaco di Ragusa, che addirittura ottiene al primo turno il 65 per cento dei voti senza l’appoggio delle due coalizioni. Semmai è tempo che Forza Italia e FdI, in qualche provincia, non credano di decidere a quattr’occhi le sorti del mondo e comincino a ragionare nella logica dell’alleanza puntando sui candidati più capaci e più stimati».

Schifani ha subito reso operativo il suo consiglio: una cabina di regia regionale del centrodestra. È la sede giusta per appianare i contrasti?

«Ritengo di sì. E anzi aggiungo: il tavolo di maggioranza andrebbe immediatamente riconvocato per discutere e dirimere alcune questioni importanti che riguardano il voto amministrativo di giugno».

Cuffaro, suo “gemello diverso” manniniano, dopo essere stato rifiutato da Forza Italia sembra orientato all’accordo elettorale con Renzi. Sarebbe un tradimento per chi, come il leader della Dc, milita nel centrodestra?

«L’attivismo di Cuffaro non può non sfociare nella scommessa elettorale. Forza Italia non accetta il suo candidato? Renzi è un moderato, battitore libero. Poi se Renzi candida Marco Follini nel collegio delle Isole…».

Che succederebbe, scusi?

«Che si candiderebbe un interprete del pensiero politico di Aldo Moro e, per quanto mi riguarda, il presidente del congresso che mi elesse a Caltagirone delegato provinciale dei giovani democristiani».

S’era parlato anche di una “stampella moderata” della Lega: dentro l’Udc e altri centristi con la regia di Cardinale e Minardo che avrebbero coinvolto pure lei. Poi non se n’è saputo più nulla. Ha notizie al riguardo?

«Minardo ha tutte le doti per garantire il senso della prospettiva all’Udc che resta il partito titolare dello Scudo crociato».

Alla fine di quest’intervista non abbiamo capito cosa farà alle Europee.

«Dobbiamo decidere. E presto».

Da quello che ha detto la federazione con la Lega sembra finita. Assicurano che lei stia trattando con Forza Italia per sostenere alle Europee la sua ex assessora Chinnici. Ma c’è chi sostiene che per lei sarebbe redditizio anche l’appoggio esterno a un candidato di FdI. Per non fare nomi: Razza. E c’era pure la posta in gioco: un sottogoverno nazionale, col suo gradimento per l’Ismea, che però è stato assegnato. Ci dice cosa vuole fare davvero?

«Assodato che non c’è mai stata una mia candidatura, riunirò i nostri più importanti esponenti perché si faccia una scelta coerente con il nostro impegno nel governo regionale e nel centrodestra, oltre che una strategia utile per il movimento, che si accinge a compiere vent’anni e ha bisogno di un rilancio ideale e programmatico. Ci assumeremo insieme la responsabilità dell’opzione. Quanto all’Ismea, vediamo di farne una regionale e di ripristinare l’Arsea, l’Agea siciliana fatta maldestramente naufragare dopo la mia presidenza. Due dei punti programmatici da rivendicare in un accordo politico-elettorale».

Ma alla fine Lombardo non dice con chi lo farà quest’ennesimo accordo. Eppure, gli epistemologi del “lombardese” l’hanno già capito. Da un bel pezzo.

m.barresi@lasicilia.it

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