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L'INTERVISTA

Mario Biondi: «La Sicilia è meravigliosa e non dovremmo trattarla da cafoni. “Non cangia nenti?”: facciamolo noi il cambiamento»

Il crooner catanese: «Siamo cultura da sempre e la portiamo nel mondo»

Di Ombretta Grasso |

La voce di Mario Biondi gioca, sussurra, fa sognare. Anche al telefono è puro soul. Staresti ad ascoltarlo ore, con quel tono basso, il gusto della battuta, la passione per la musica e per la vita. Una voce “nera” ma ironica, sorniona, che ride. Biondi, da Catania al successo mondiale, sarà in concerto il 10 agosto a Sambuca e l’11 a Modica. Da poco ha lanciato la sua versione di “My Favourite Things” (con Stefano Di Battista) e “tutti insieme appassionatamente”, nel video del brano la sua tribù di nove figli (da quattro compagne diverse), si riunisce e canta in un lettone strizzando l’occhio a Julie Andrews e i suoi ragazzi.

Nel video di “My Favourite Things” con i suoi nove figli

«All’inizio non avevo pensato di coinvolgere i miei figli, non volevo dare troppa visibilità ai miei piccoletti. Però mi ha appassionato l’idea di averli con me in questo momento, di avere un documento, una fotografia di questa età e mi sembrava coerente con l’originale del cult “Tutti insieme appassionatamente”. Si sono divertiti, hanno giocato, a un certo punto si sono anche stufati, ma è tutto abbastanza spontaneo».

Perché “My Favourite Things”?

«Il brano mi piace da sempre, è stato declinato in chiave jazz da grandissimi artisti come Coltrane. Ma la versione alla quale sono particolarmente legato è quella di Al Jarreau, che mi ha segnato parecchio. Mi è piaciuto rifarla in una forma quasi afro».

È l’inizio di un nuovo progetto discografico.

«Il disco uscirà in autunno, sarà più swing, più jazz. Anticipiamo qualche brano nei live

In autunno il tour nei teatri lirici fa tappa a Catania e a Palermo.

«Il teatro è l’habitat naturale per trasferire in maniera più vera il suono che abbiamo ricreato, ripercorre un certo tipo di linguaggio musicale e acustico in stile crooner. Un progetto particolare che mi piace molto, con brani impegnativi a livello musicale. Il disco è stato registrato a Palermo con musicisti siciliani e tanti ospiti».

Vacanze? Sono felicemente in tour

Approfitterà dei concerti estivi per qualche giorno di vacanza in Sicilia?

«Magari! Ma siamo felicemente in tour. Ho i miei figli a Marzamemi e una figlia a Ortigia, spero di andarli a trovare, forse li vado a prendere e li riporto casa. Se riesco un bagnetto lo faccio volentieri. E’ un’estate densa di lavoro, un periodo fortunato, sono estremamente grato. Malgrado i mass media stiano portando avanti una controcultura della musica, il pubblico continua a seguire qualcosa che non vuole essere arrogantemente colto, ma che ha a che fare con i parametri minimi della musica».

Non le piace quello che ascolta?

«Ogni tanto accedendo la tv e vedo che non c’è più musica, ma gente che non sa cosa sia una nota perché si deve appoggiare a un autotune».

Se ne abusa?

«L’autotune è solo un effetto, ma oggi sembra che stiamo pubblicizzando a voce alta che non c’è bisogno di competenza. Siete stonati? Potete cantare. Non sapete stare a tempo? Non fa niente. Conta solo il divertimento e intorno vedo grande volgarità, cafonaggine. Mi siddiai un poco. Prima facevamo tanti provini e ci mandavano al diavolo facilmente, ora la musica è a portata di chiunque. Ogni tanto i miei ragazzi mi fanno ascoltare cose inascoltabili di pseudomafiosetti anche nostrani. Ci abbiamo messo tanti anni per cercare di liberarci da questo tipo di atteggiamento, di linguaggio, di costume».

“A Palermo c’è una cultura musicale eccezionale”

Come vede la Sicilia?

«Migliorata, ma un po’ troppo omologata a linguaggi americani o nordeuropei. Noi siamo cultura da che il mondo è vivo. E abbiamo portato cultura nel mondo. Sono un grandissimo sostenitore della mia terra, tanto che il nuovo disco è stato registrato a Palermo».

Perché proprio lì?

«C’è una cultura musicale eccezionale, musicisti straordinari. Ed è una città di una bellezza spropositata. Cerco, con grande amore, di promuovere la mia terra, da sempre sofferente. Penso che abbia bisogno di un sostegno non solo dall’esterno».

Devono impegnarsi i siciliani?

«Facciamolo noi il cambiamento. Si tende a dire che qui “non cangia nenti” ed è l’atteggiamento peggiore. Anche nelle piccole cose: c’è la tentazione di buttare la carta per terra perché qui “è accussì, lo fanno tutti”. Quella è la volgarità che non dovrebbe appartenerci. Questa è un’isola meravigliosa, siamo invidiati nel mondo perché viviamo in un territorio bellissimo e non dovremmo trattarlo così, da cafoni. Non lo siamo».

L’ultima figlia, due anni, si chiama Mariaetna.

«L’abbiamo scelto con la mia attuale compagna e prossima moglie. Di conseguenza è nata a Catania, non avrebbe avuto senso a Parma».

Quanto contano le radici?

«Sono la forza che non ci può lasciare mai, perché sono l’educazione, la famiglia. E la mia famiglia è siciliana dall’anno Mille, sono di origine normanna».

Le vacanze alla Plaia con i cugini e i Finocchiaro

Com’erano le sue vacanze siciliane?

«Soprattutto di sabbia, alla Plaia, ero un ragazzino sempre troppo delicato. Mio padre era più catanesazzo mi portava sugli scogli. Ho ricordi di infanzia delle vacanze con i miei cugini perché molto spesso i miei lavoravano, mio padre faceva tournée. Io andavo con i miei cugini o dalla famiglia Finocchiaro, una delle famiglie musicali più nominate a Catania: Gino era il tastierista dei Beans, Salvo suona il piano… sono tutti musicisti. Con loro ho vissuto buona parte della mia fanciullezza. Ci mettevamo in macchina ad ascoltare le cassette appena uscite».

C’è una canzone dell’estate?

«Devo rifletterci, ma mi viene in mente Reggio Emilia dove ho vissuto gran parte della mia vita. Mi ricordo la piscina comunale e le canzoni di Tozzi, “Notte rosa”».

Ha un luogo del cuore?

«Lampedusa, perché ho passato un lunghissimo periodo dalla fine degli anni 90 al Duemila a suonare lì, a far parte dell’isola. Di nuovo siciliano dopo una lunga assenza. Facevo le serate, l’intrattenimento per i turisti. Anni bellissimi. Sono rimasto molto legato ad amicizie nate in quel periodo».

E Catania?

«Vengo spesso perché ho una miriade di amici veri che sono rimasti tali malgrado gli anni».

Riti da consumare sotto l’Etna?

«Al chiosco ci si va sempre, ma il vero rito è ritrovarsi. Andiamo da un amico ristoratore che ha un pianoforte, ceniamo e poi cantiamo pure una canzone. E’ successo da poco a Marzamemi: c’erano miei amici che suonavano lì e io mi sono messo cantare. La musica è amore, condivisione. Ci divertiamo insieme. Per fortuna sono una persona normale. M’addivettu».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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