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Così la fuoriuscita di elio dal terreno può “anticipare” i terremoti

Di Redazione |

Monitorare le quantità di elio che fuoriesce dalla crosta terrestre potrebbe essere un buon indicatore per i terremoti, non solo quelli di grande intensità: lo indica lo studio italiano coordinato da Antonio Caracausi, dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), pubblicato sulla rivista Communications Earth & Environment, realizzato sulla base dei dati contenuti nell’archivio sismico italiano negli ultimi 12 anni.   

La ricerca è stata condotta in collaborazione con Università di Napoli Federico II, Università della Basilicata e Istituto di Metodologie per l’Analisi Ambientale del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Imaa-Cnr)   

In passato alcune ricerche avevano evidenziato una connessione tra l’attività sismica e il rilascio dal terreno di grandi quantità di elio, in particolare associati a terremoti di elevata magnitudo, come quelli avvenuri in Giappone, a Kobe nel 1995 e a Kumamoto nel 2016.Utilizzando i dati dell’archivio sismico, i ricercatori hanno stimato che nell’atmosfera vengono rilasciate grandi quantità di elio anche in coincidenza con l'attività sismica di bassa magnitudo (inferiore a 4). Ciò fa ipotizzare che le variazioni nel flusso di elio possono rappresentare un indicatore dei cambiamenti nello stress delle faglie e di stabilire una correlazione con i terremoti. 

 «Il nostro studio sottolinea quindi la necessità di implementare nuove soluzioni per la misura sul campo dei flussi di elio, che consentano di acquisire i dati con una frequenza giornaliera», osserva Caracausi. «La realizzazione di sistemi innovativi di monitoraggio dell’elio, applicati in contesti diversi, potrebbero aiutare – conclude – anche a ricostruire l'evoluzione temporale di processi naturali come le eruzioni vulcaniche e i terremoti».   COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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