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«In servizio da 10 anni sempre accompagnata da qualcuno dei miei»

Di Carmen Greco |

«E’ stato un ripiego – ammette – ho iniziato questa avventura dopo un periodo all’Asp come medico del lavoro, poi hanno chiuso il contratto e ci hanno mandato a casa. Mi sono dovuta reinventare la professione ed essendo sempre in graduatoria sono entrata a fare guardia medica, dal 2007. E’ stato pesante riprendersi dallo shock»..

E come si trova?

«Faccio cinque turni a Misterbianco e 4 a Mascalucia, o viceversa, ma con la presenza costante di uno dei miei figli o di mio marito».

E se loro non fossero disponibili?

«Quando non mi possono accompagnare non vado a lavorare».

E come fa?

«Sono titolare e chiedo di essere sostituita. Perdo i soldi, cedo il turno e chiamo un reperibile».

Ma non è un paradosso?

«Certo che sì. Ogni anno i sindacati si riuniscono per fare la contrattazione ma non succede mai niente. Noi siamo dipendenti a metà. L’Asp ci dà una busta paga regolare ma il nostro contratto è in convenzione, come quello dei medici di famiglia. Non siamo dipendenti al cento per cento, non abbiamo ferie, se una dottoressa è incinta non ha la maternità, se siamo malati ci pagherà un’assicurazione (se ci paga), previo l’invio di una montagna di documentazione. Noi veniamo pagati solo de andiamo a fare la guardia, se non ci andiamo, non ci paga nessuno. Io personalmente ho scritto alla Lorenzin un anno e mezzo fa, dopo l’aggressione alla collega di Nicolosi (aggredita, rapinata e sequestrata assieme alla cugina che l’aveva accompagnata in ambulatorio da due malviventi sotto l’effetto della droga ndr). Ne è nata un’interpellanza parlamentare, ma non è successo niente».

E che diceva in quella lettera alla ministra?

«Tra le altre cose, che i medici di continuità assistenziale devono essere sottoposti a sorveglianza sanitaria così come accade in tutte le aziende. Noi facciamo lavoro notturno e il lavoro notturno è usurante».

La proposta di spostare le guardie mediche all’interno delle caserme dei carabinieri come la vede?

«Non è un’idea nuova ma, onestamente, non credo che ci sia dappertutto la disponibilità per farlo, innanzitutto dal punto di vista logistico. Altri colleghi parlano di accorpare più guardie mediche, ma la questione è semplice. Nella sanità si è andati avanti in questi anni sempre e solo con un unico obiettivo: risparmiare. E’ questo il grande problema. Ma non possiamo risparmiare sulla salute del medico e tantomeno su quella dei pazienti».

Una proposta immediata?

«Penso che si dovrebbe ritornare al passato. Quando ho iniziato nel 2007, lavoravamo in due. Quantomeno, in due, si può lanciare l’allarme più facilmente. Qui non si tratta di medici donna o uomini. Quello che è successo alla collega di Trecastagni non è una questione di violenza di genere, fosse stato un uomo l’aggressione sarebbe avvenuta lo stesso».

In dieci anni si è mai trovata di fronte a situazioni di violenza?

«Sì, ma credo che ognuno di noi le affronti in maniera diversa. Io difficilmente mi spavento ma, a lato, devo dire, ho sempre avuto mio marito o mio figlio».

Diciamo che di fronte ad una persona violenta o, peggio, armata, la “scorta” non servirebbe a nulla…

«Sì certo. Per esempio, a Mascalucia, veniva ogni sera, con una scusa, uno psicopatico con una scusa. Una mattina si presentò al cambio turno (c’era una giovane collega che aveva sostituito qualcuno) dicendo di essere il collega X che doveva prendere servizio. Per fortuna la collega ha avuto la prontezza di chiudersi dentro non appena lui ha cominciato a dare di matto, ma quello conosceva il nome vero di uno dei colleghi che lavoravano in guardia medica. Da quel momento ho pregato i colleghi di non dare più spazio a questa persona e di non aprire quando si fosse presentato. Non aprire è la cosa più semplice, l’ho fatto anch’io. Sono stata anche dai carabinieri a segnalare la situazione, ma non è successo niente».

Oltre a chiudersi dentro che consiglio darebbe ai suoi colleghi?

«Mi metto nei panni di questi giovani medici, tra i quali c’è anche mio figlio, e dico loro di stare attenti, soprattutto quando ci sono persone che si presentano periodicamente».

Continuerà a lavorare in guardia medica?

«Sì, non so per quanto tempo ancora. Ma, certo, continuerò a farla, ma sempre se potrò essere accompagnata».

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