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Ricerca: i precari del Cnr scendono in piazza per chiedere stabilità

Roma, 30 mar. (AdnKronos Salute) – I precari della ricerca si mobilitano e scendono in piazza. Gruppi di lavoratori provenienti da tutta Italia si sono riuniti questa mattina a Roma davanti a Palazzo Vidoni per dire basta alla precarietà, chiedendo al Governo e al ministro per la Semplificazione e la Pubblica amministrazione, Marianna Madia, di […]

Di Redazione |

Roma, 30 mar. (AdnKronos Salute) – I precari della ricerca si mobilitano e scendono in piazza. Gruppi di lavoratori provenienti da tutta Italia si sono riuniti questa mattina a Roma davanti a Palazzo Vidoni per dire basta alla precarietà, chiedendo al Governo e al ministro per la Semplificazione e la Pubblica amministrazione, Marianna Madia, di rivedere il piano di stabilizzazione straordinario, quindi mantenimento in servizio e impegno all’assunzione.

“Protestiamo perché il testo unico, in particolare l’articolo 20 che determina le stabilizzazioni, è del tutto insufficiente – spiega all’AdnKronos Salute Claudio Argentini, dell Unione sindacale di base, settore ricerca – e sugli enti di ricerca l’assenza di un supporto economico che porti alla stabilizzazione ci fa prevedere che le assunzioni saranno veramente poche. Il Cnr – sottolinea – ha circa 5 mila precari con varie forme contrattuali: quasi 1.500 sono a tempo determinato, ma di questo personale, composto di ricercatori con anzianità di servizio ampia, probabilmente con la norma è possibile stabilizzarne solo una piccola frazione, circa 350. In realtà poi – aggiunge – siccome la norma incentra tutto sui fondi ordinari, solamente una settantina è realmente assumibile al 1 gennaio 2018”.

“Se anche emendassimo la norma – prosegue il sindacalista – utilizzando i soldi dei finanziamenti che attualmente sono utilizzabili, non riusciremmo ad assumere nemmeno il 40-45% del personale”.

“La spesa per il precariato oggi in Cnr è circa 10 milioni di euro – evidenzia Argentino – e la somma necessaria per le assunzioni ammonta a circa 240 mln. Mancano 230 milioni di euro, che sembrano tanti. Ma in realtà, se questo personale cominciasse a fare i ricorsi secondo la sentenza europea, potrebbe produrre un danno erariale vicino al miliardo di euro. Quindi non solo converrebbe al ministero della Ricerca investire, come ha fatto in parte anche nella scuola – conclude l’esponente dell’Usb – ma converrebbe anche al il cittadino avere una stabilizzazione di tutte quelle che sono le ricerche che fa il Cnr. Che poi ricadono, se non oggi, nel prossimo futuro di tutti quanti”.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA