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Il cuore di Marta batte per Mimma, con lei a Catania respira una vita spezzata a 22 anni

"Vivo nel suo ricordo". Il trapianto a 40 anni e l'incontro con la mamma della studentessa uccisa senza un perché alla Sapienza di Roma

Di Daniela Accurso |

Sono trascorsi  22 anni dal 14 maggio del 1997. Era notte fonda e in fretta e furia Mimma Virzi, 40 anni allora, viene svegliata dalla tanto attesa chiamata. Il cuore è pronto. Lei, destinata a un pugno di anni di sopravvivenza, non ha il tempo di pensare. In quello stesso tempo due donne provano sentimenti opposti. Mimma gioia e speranza, Aureliana, strazio e angoscia. Lei è la mamma di Marta Russo, universitaria, 22 anni, morta quello stesso giorno nel cortile della Sapienza a Roma, uccisa da un colpo di pistola senza un perché.  Dopo poco tempo, qualche mese, le due si conoscono e non si perdono più.

Mimma sta bene, ha 62 anni, 4 figli, 8 nipoti, un lavoro da remoto, e un marito che la adora. Tappata a casa, così si racconta, non può sottoporsi al vaccino anticovid perché le è stato proibito. «Dieci anni fa, mi hanno inoculato il siero contro la febbre suina. Ho avuto tanti di quei malori che ho creduto di morire». Ma la donna ce l'ha fatta. Anche quando, operata all'anca, nessuno voleva prendersi la responsabilità di portarla in sala operatoria. Fino a quando non conosce un chirurgo siciliano, Giuseppe Mazziotta, ignaro di chi fosse Mimma, che la ricovera all'ospedale Humanitas di Milano, 4 anni addietro, e interviene, con un successo inaspettato. Il chirurgo, ricorda la paziente, le racconta di stranezze accadute in sala operatoria. Le lastre degli esami radiografici che cominciano a volteggiare sul pavimento, come se ci fossero folate improvvise di vento. Il femore che, dopo l'incisione, quasi fuoriesce da solo, senza alcuna pressione dei bisturi. Mimma non pensa alle coincidenze. Riporta l'accaduto ad Aureliana, anche lei convinta che Marta c’è. Confessa che aveva già compreso delle stranezze. 

Oggi, per lei, certezze. Prima che le sostituissero il cuore, sognava un gatto che si chiamava Briciola e viveva in una casa elegantemente arredata. Un sogno ricorrente, fino a quando non scopre che il micio è quello della povera Marta,  e si chiama proprio  Briciola, cosi come la casa. Aureliana comincia a stupirsi. Ma c’è di più. «Cosa penso? – si chiede Mimma – Ho avuto le premonizioni, un deja vu. Conoscevo perfettamente l'abitazione, senza esserci mai stata. Non appena sono arrivata per la prima volta in quel luogo ho chiesto come mai avessero cambiato la disposizione dei mobili nella di camera di Marta». La sua mamma le rispose «E tu come lo sai?» Marta con  la sua vita troppo breve per scoprirla, secondo Mimma, le invia segnali precisi. «La ragazza, fin da adolescente scriveva nel suo diario affidatomi dalla madre  e gelosamente custodito che avrebbe voluto donare i suoi organi, una volta morta». 

Pensieri che non sono così ricorrenti nella testa di una ragazzina. Eppure al compimento del diciottesimo compleanno che fa Marta? Si iscrive all'associazione donatori organi. Dopo quattro anni muore. Non ci sono parole. Mimma si fa ascoltare con il suo convincente garbo. Il rapporto con i signori Russo è sincero e dolce, con tanti occhi lucidi, come quando il papà della ragazza , Damiano, cerca di sentire il battito del cuore della figlia, attraverso le spalle di Mimma. Oppure quando per caso le donne si trovano in auto e Mimma introduce nel lettore il compact disc del suo cantante preferito, Eros Ramazzotti. Aureliana in auto con lei ammutolisce. Mimma non si spiega perché. Dopo qualche attimo  di imbarazzante esitazione, si riprende la donna. «Non ci crederai ma era l'idolo anche di Marta». Tanto amore nelle loro confidenze «Siamo ormai una famiglia allargata». 

Come vive adesso Mimma? Cosa prova? «Vivo sempre nel ricordo di Marta. Non riesco a dimenticare mai neanche un attimo quanto mi è accaduto. Sento come il fuoco dentro, piega la testa e poggio la mano sul mio cuore che è  anche il suo, di Marta». È importante che la donna sia riuscita a costruire una forte intesa con Aureliana. Anche se a causa della pandemia non riescono a vedersi, per loro non è importante. Quel che conta, dice Mimma, è che non è caduta, affronta le giornate con forza e non  si sente lontana dai Russo «perché domani riserva  sempre  una novità»  legata a un motivo, una banalità per sentire telefonicamente la mamma di Marta, per raccontarsi con le parole, anche semplici, quello che si portano dentro, quello che hanno passato che non ha età. Sono loro, due donne che hanno in comune non una favola, ma la storia vera di una ragazza che loro sentono in un certo senso viva. Strano il mondo. Regala e toglie. Dentro c'è posto per tutti. Per Mimma e Aureliana che si sono trovate, senza essersi cercate. E si sono capite.

Tra i tanti ricordi, dice Mimma, ci sono i pianti, le mani intrecciate e i lunghi silenzi. Non si sentono mai sole, lo ripete la donna, «forse non riesco a trovare le parole, per farmi capire. Sono felice. La mia amica lo è, ma in modo diverso. Credo ai segnali. Credo che Marta sia contenta. Ci siamo trovate io e la sua mamma. E non è un caso». Sorride la donna, il suo sguardo si perde nel vuoto. È proprio vero. La morte unisce, la vita pure.  COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA