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Il teatro greco prende forma e il bello deve ancora venire

Di Gioacchino Schicchi |

Il bicchiere sembra sempre più mezzo pieno. Dal luogo degli scavi alla ricerca del (forse) teatro greco di San Nicola dopo solo pochi giorni di lavori emerge come la struttura potrebbe essere molto più grande di quanto inizialmente previsto e, soprattutto, potenzialmente sempre più simile ad un teatro.

Sotto la terra c’è di più. La struttura oggetto degli accertamenti da quanto emerso dalle prospezioni geolettriche (sistemi di verifica non invasivi che consentono, solo con l’elettricità di determinare la presenza di cavità o materiale nel sottosuolo) potrebbe essere infatti più ampia di quanto finora immaginato. A nord della grande curva portata alla luce già prima dell’avvio del cantiere vero e proprio, infatti, gli archeologici hanno individuato un muro, che non è chiaro se sia connesso al resto dell’edificio e, soprattutto, hanno tracciato la presenza, sottoterra, di altre strutture che, adesso, dovranno essere oggetto di verifiche più puntuali. Nel frattempo, con pala e piccone sono ormai state portate alla luce le “camere” che componevano la struttura, che oggi ci è nota solo per le sue fondazioni, che appaiono imponenti. Sì, perché quella emersa dalla terra è solo la base delle mura sulle quali l’edificio si ergeva e non la sommità dello stesso. Questo perché la struttura era quasi tutta costruita con blocchi, alcuni dei quali potrebbero trovarsi distribuiti in aree limitrofe ma la maggior parte i quali sono stati sicuramente rimossi in antichità per essere riutilizzati. Un aspetto che dà nuova speranza a chi inizialmente aveva temuto che non vi fosse abbastanza dislivello tra le varie quote del terreno per ospitare una cavea di grandi dimensioni. Insomma, la speranza cresce, per quanto la cautela da parte degli studiosi, in primis da parte del professor Ivo Caliò e del Parco Archeologico sia ancora massima.

Le visite, e il cantiere aperto. Quella che non si può fermare è la curiosità da parte dei visitatori che, approfittando della possibilità del “cantiere aperto” da alcuni giorni fanno tappa nella zona degli scavi per seguirli, anche se per pochi minuti. L’emozione, ci confessano alcuni, è tanta, sopratutto per quello che potrebbe essere celato sotto terra e anche perché, alla fine, piace a tutti sentirsi un po’ “Indiana Jones”, anche se de relato. Tra coloro che in questi giorni hanno visitato il cantiere, comunque, ci sono molti agrigentini. Sia semplici curiosi che anche professionisti e studenti in materie in qualche modo connesse (archeologia, architettura ecc). “Credo che sia già una vittoria importante – dice il direttore del Parco Giuseppe Parello – perché è bello vedere questo ritrovato interesse, questo senso di ‘comunità’ da parte degli agrigentini”. Nei prossimi giorni, sempre in linea con l’idea di “cantiere aperto”, sarà posta nei pressi dell’area per il pubblico una vetrina che giornalmente sarà riempita con i piccoli ritrovamenti quotidiani. In gran parte vasellame rotto o oggetti di modeste dimensioni che saranno esposti e corredati da targhette illustrative.

La scoperta. Ma nel grande “giallo” del (forse) Teatro Greco di Akragas ci sono diversi dettagli che emergono ogni giorno anche rispetto, ad esempio, al ritrovamento della grande struttura oggi oggetto degli scavi. Gli studiosi dell’Università di Bari, infatti, hanno trovato le prime tracce del bene con un’osservazione dal basso. Dal terreno, infatti, emergeva per poche decine di centimetri una parte del muro semicircolare che è oggi l’architrave su cui si basa tutto, in primis la speranza che si tratti di un teatro. “Dopo aver rilevato l’esistenza di questo muro – spiega Caliò – abbiamo osservato l’area dall’alto attraverso le immagini satellitari di Google earth e abbiamo visto che questa parete, negli anni, appariva e spariva, probabilmente a causa delle piogge e del dilavamento della terra”. Qualcuno sorride e aggiunge, a bassa voce, “nell’archeologia la fortuna aiuta gli audaci”.

Il “caso De Miro”. Poco “fortunata” fu di certo la campagna di scavi che, anni fa, venne condotta dall’allora soprintendente Ernesto De Miro. Questi, infatti, realizzò alcuni sondaggi sul “Cardo 1o” l’asse viaria di origine romana che lambisce l’area del (forse) teatro senza però di trovare mai traccia della struttura.

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