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Il sospetto del comandante del peschereccio

Il sospetto del comandante del peschereccio «Sequestro organizzato per fare uno scoop»

L’Airone è tornato a casa - Mazara: la crisi peggio dei sequestri

Di Francesco Terracina |

MAZARA DEL VALLO – Va giù duro il comandante Alberto Figuccia: «Qualcuno ha organizzato il sequestro del peschereccio soltanto per fare uno scoop giornalistico, a pagamento. Come si spiegherebbe, altrimenti, che al momento dell’abbordaggio era tutto predisposto come in un set cinematografico: cavalletti ben saldi in coperta e telecamera puntata contro di noi, per non parlare dell’audio perfetto che registra le nostre conversazioni». Il capitano del peschereccio Airone di Mazara del Vallo è tornato in nottata sulla terraferma dopo 6 giorni in mare – era partito la mattina del 13 aprile dal porto siciliano – due dei quali impiegati a scappare dai militari libici che avevano intimato al comandante di dirigersi verso Misurata. Il primo giorno a casa è cominciato a notte fonda nella sede della Guardia costiera, dove Fuguccia, con 6 uomini dell’equipaggio, è stato interrogato dagli inquirenti fino alle 4 del mattino.  

Prima delle 10 il comandante, 44 anni, era già sulla plancia di comando del suo peschereccio e spiega che di questa storia si è fatto un’idea precisa: «Era tutto organizzato. Una troupe televisiva se vuol fare un servizio sull’immigrazione sale su una motovedetta, un mezzo “istituzionale”, non su un rimorchiatore che di militare aveva solo le armi a bordo: non una scritta di identificazione, niente di niente. Qualcuno ha pagato per questo tentativo di sequestro, per fare uno scoop; non ho le prove ma è quello che penso». Alcune riprese da bordo del mezzo libico sono state trasmesse da Sky che le ha acquistate da una giornalista free lance che lavora in Libia e si era imbarcata sul “rimorchiatore” in cerca di storie sui migranti.  

Il comandante ricorda così quello che è accaduto: «Alle 7 del mattino di venerdì scorso un rimorchiatore azzurro si avvicina all’Airone chiedendo i documenti e intimando all’equipaggio di tirare su le reti. Eseguiamo gli ordini con estrema lentezza – dice Figuccia – per guadagnare tempo. Provo a “trattare” con il mio interlocutore, invitandolo a lasciar correre. Mi risponde che dobbiamo far rotta verso Misurata e intanto un militare salta sul nostro peschereccio».  

Qui il racconto prende una piega comica: «Il libico va giù in cucina con un marinaio tunisino del nostro equipaggio, che parla l’arabo. Discutono e bevono caffè. A un certo punto il libico non riesce più a comunicare con il rimorchiatore. Senza che lui se ne accorgesse, infatti, ho ridotto la potenza della radio. L’“ospite” si addormenta». Profittando delle correnti e delle non buone condizioni del mare, il peschereccio italiano mette un pò di distanza tra sé e il rimorchiatore. Poi la decisione di dare motore e fare rotta verso l’Italia. Con un certo orgoglio Figuccia mostra l’orologio da parete della cabina di comando: «Ho spostato le lancette indietro: dalle 11.30 alle 9; quando il libico si è svegliato e non ha visto terra all’orizzonte, dopo oltre due di navigazione (eravamo a 30 miglia dalla costa), non si è insospettito perché rassicurato dal falso orario».  

Il resto è noto: la nave Bergamini della nostra Marina è giunta sul posto, ha preso in carico il militare e così l’equipaggio dell’Airone ha puntato dritto su Mazara del Vallo. «L’abbiamo vista brutta – racconta Figuccia -. Ci hanno quasi speronati con quel mezzo zeppo di armi. Avevano mitraglie, due cannoncini sulle fiancate e casse di metallo contenenti munizioni. A bordo c’erano una decina di militari in divisa e cinque persone in borghese. Insieme a loro due donne, le giornaliste italiane. Tutto molto strano», dice mentre l’armatore dell’Airone, Vito Mazzarino, fa cenni d’assenso con la testa e si consola pensando che «sì, abbiamo perso un sacco di soldi, ma l’equipaggio ha portato la pelle a casa».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA