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In Sicilia quasi 8 mila iscritti alla massoneria Cosche infiltrate nelle logge

Di Valentina Roncati |

ROMA – Se non si può affermare che «mafia e massoneria siano un unicum», quel che è certo è che tra le due organizzazioni «ci sono sicuramente delle relazioni» e che la massoneria non ha messo in campo anticorpi robusti per contrastare l’infiltrazione di mafia e ‘ndrangheta nelle logge. Sono queste le conclusioni a cui arriva la Relazione della Commissione parlamentare antimafia, approvata all’unanimità e dedicata a Tina Anselmi, al termine dell’inchiesta condotta sulla massoneria, in particolare sulle logge siciliane e calabresi e presentata oggi alla stampa. Una relazione che è stata fortemente criticata dal Grande Oriente d’Italia, la maggiore obbedienza massonica con 23 mila iscritti. «Siamo seriamente preoccupati: in Italia qualcuno vuole riportare indietro le lancette della storia reintroducendo di fatto leggi fasciste e illiberali, soprattutto contro i massoni. È in grave pericolo innanzitutto la democrazia e il libero pensiero», ha tuonato il Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia Stefano Bisi.

La relatrice, la presidente dell’Antimafia Rosy Bindi, ha spiegato che «in diversi casi è stata tollerata e ricercata una “doppia militanza” alla massoneria e a organizzazioni mafiose” (un pentito eccellente ha raccontato l’importanza dell’adesione a mafia e massoneria), ha aggiunto che sono 193 i soggetti indicati dalla Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo come iscritti in procedimenti penali, così come è consistente il numero di persone che, pur non indagate, imputate o condannate per delitti di mafia, hanno collegamenti con esponenti della mafia e possono costituire un anello di collegamento tra mafia e massoneria. La Relazione evidenzia tra le altre cose una coincidenza tra i nominativi presenti nelle relazioni di scioglimento o di commissariamento di alcuni comuni, Asl, banche e la loro presenza in alcune logge, come il fatto che il vincolo di solidarietà tra fratelli consente il dialogo tra esponenti mafiosi e chi amministra la giustizia, legittimando richieste di intervento per mutare il corso di processi e impone il silenzio», come emerge chiaramente «in un caso di estrema gravità». Per la Commissione Antimafia – oggi rappresentata, oltre che da Bindi, dal segretario Marco Di Lello Pd, da Davide Mattiello Pd, dal vicepresidente Luigi Gaetti M5S, da Riccardo Nuti (Misto) e dal senatore Francesco Molinari (Misto) – ce ne è abbastanza per mettere mano alla legge impropriamente detta Anselmi e che sarebbe giusto chiamare Spadolini: «è un’offesa – ha detto Bindi – mettere il nome della Anselmi ad una legge incostituzionale, che smentisce il lavoro che lei ha fatto sulla loggia P2. La legge Spadolini ha consentito l’uso della segretezza in nome del fatto che si perseguono fini leciti, di fatto contravvenendo all’articolo 18 della Costituzione. E’ indispensabile intervenire».

Per Mattiello la relazione evidenzia come si siano creati in alcune obbedienze degli «ecosistemi accoglienti» all’ infiltrazione della criminalità «per il fatto che non si sono assunte contromisure sul piano della trasparenza e della denuncia». Di Lello ha evidenziato che «questo lavoro servirà al legislatore e alle procure».  Nuti ha parlato di «relazione shock: mafia e ndrangheta sono infiltrate nello Stato, Mattarella deve intervenire». Gaetti ha chiarito che M5S è pronta a scendere in piazza se la legge Spadolini-Anselmi non verrà modificata. La relazione non contiene nomi, «persino per l’Antimafia è impossibile di fare i nomi degli iscritti: è un paradosso il fatto che possa essere noto il nome di un condannato per 416 bis ma non possa esserlo se è stato iscritto ad una loggia. E’ un abuso di segretezza», ha concluso Bindi.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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