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Pizza, hamburger, sushi: anche in Sicilia il boom del cibo a domicilio che piace ai ristoratori

Di Carmen Greco |

In pochi anni le società di pasti a domicilio hanno conquistato una fetta di mercato importantissima sull’asse Catania Palermo. La prova è il colosso mondiale «Just Eat», presente il 13 paesi al mondo con 68mila ristoranti affiliati di cui 600 in Sicilia distribuiti in 18 città. Catania ha fatto registrare un incremento di ristoranti affiliati, anno su anno, pari al 63% con il 200% in più di ordini online. «Negli ultimi due anni abbiamo notato un’evoluzione tangibile di ristoranti che hanno deciso di votarsi alla consegna a domicilio – ricorda Daniele Contini, direttore marketing Just Eat – se prima a Palermo, dove siamo arrivati due anni fa, vedevamo solo un paio di ristoranti sushi ora il loro numero si è incrementato e lo stesso fenomeno lo stiamo riscontrando anche su Catania dove abbiamo un centinaio di ristoranti affiliati».

Come “leggere” questo cambio di abitudini? «Non cambiano le abitudini, cambiano le modalità. La gente ha sempre ordinato a domicilio – spiega Contini – solo che prima chiamava direttamente il ristorante al telefono, adesso lo fa on line o con l’app. I ragazzi siciliani stanno cominciando ad abbracciare la tecnologia con una velocità impressionante».

C’è da dire che Just Eat, fino ad ora assicurava solo l’ordinazione on line e non la consegna a domicilio la cui organizzazione è a carico dei ristoratori. Adesso, anche per contrastare la concorrenza di altri competitor nazionali (vedi Foodora e Deliveroo, sta offrendo il servizio a domicilio sebbene gestito da altre società).

Chi invece, ha da sempre gestito tutto il “pacchetto”, vale a dire ordinazioni on line e consegna a domicilio sono i due player “regionali”, diciamo, anche se hanno già varcato entrambi i confini della Sicilia visto il successo registrato, vale a dire socialfood.it e prestofood.it., il primo già sbarcato a Bari (e in Sicilia nato prima a Palermo e poi a Catania) e il secondo con un’espansione in senso opposto, prima a Catania, poi a Palermo e in procinto di varcare lo Stretto (la città al momento è top secret).

Oggi socialfood.it, conta a Catania una cinquantina di ristoranti collegati. Tre soci tra i 30 e i 33 anni, con studi di economia, marketing e giurisprudenza. Anche loro, in sette-otto mesi di esperienza a Catania hanno avuto una crescita esponenziale del 200%.

«Noi siamo un circuito chiuso – precisa l’amministratore Alfonso Romano, co founder con altri due soci – cioè riservato ad un certo tipo di ristoranti per i quali privilegiamo la qualità. Non abbiamo preclusioni, ma scegliamo quelli che rispondono al target che cerchiamo. Devo dire che, per quanto riguarda i catanesi rispetto al food delivery c’è ancora una buona fetta popolazione che non conosce questo tipo di servizio, non parlo del brand, parlo proprio del servizio. Da parte nostra ci siamo dati da fare con il marketing e siamo riusciti a canalizzare 7.600 clienti (nel totale del gruppo, Palermo compresa, sono 50mila) consapevoli del fatto che effettivamente hanno una comodità nel ricevere a casa il prodotto del ristorante preferito».

Cosa ci guadagnano i ristoranti in tutto questo? «Abbiamo preso anche ristoranti che non facevano del servizio a domicilio il loro business core – risponde Romano – che veniva sviluppato principalmente con le prenotazioni in sala e da loro c’è stata una risposta assolutamente positiva. Noi gli portiamo la nostra clientela e loro hanno ordinazioniche, senza di noi, non avrebbero soprattutto nei giorni di minore affluenza».

Ma chi sono i clienti tipo del food delivery? Per Guido Consoli, 25 anni, fondatore di prestofood.it (66 ristoranti), una laurea in Giurisprudenza e un periodo vissuto a Londra dove ha mutuato l’idea di una piattaforma attraverso cui effettuare il servizio del cibo a domicilio, «il cliente varia, si va dall’universitario che ordina l’hamburgher alla professionista (sono soprattutto le donne) che chiede il sushi. La maggior parte di loro paga in contanti e questo, devo dire, è un modo tutto siciliano: avere cioè l’abitudine di aspettare chi porta il cibo, di vedere in faccia il fattorino. Un’altra cosa curiosa è che il catanese quando va a mangiare fuori con altre persone sceglie magari un ristorante più costoso, quando cena tra le mura di casa risparmia e sceglie cibi meno costosi e ristoranti a prezzi più bassi. Comunque la maggior parte dei nostri clienti ordina da casa. Se vivessimo a Milano l’ordine arriverebbe in ufficio, qui si tende ad uscire nella pausa pranzo, soprattutto adesso che iniziano le belle giornate, però anche qui si comincia. Per esempio, chi lavora alla Zona industriale dove c’è poco o nulla, e si è stufato di mangiare sempre il solito panino, ordina da più locali con il costo, se si tratta di più persone, di una consegna. Ogni ristorante ha installata una stampante che invia dal sito la comanda e al fattorino non resta che ritirare il cibo e consegnarlo».

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