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Tartufi siciliani introvabili, stagione nera

Caldo prolungato e siccità hanno distrutto i miceti, ma se le condizioni climatiche cambieranno l'annata non è perduta

Di Carmen Greco |

Se in queste settimane dovessero proporvi menù a base di tartufi siciliani, cominciate a cambiare ristorante. Per questi ricercatissimi funghi ipogei presenti anche in Sicilia, è una stagione da dimenticare. Almeno fino ad ora. Parola di Mario Prestifilippo, micologo, esperto cavatore e “papà” (dietro le quinte) della legge regionale che dall’anno scorso ne regolamenta la raccolta, la coltivazione e il commercio. «In Sicilia abbiamo avuto 4 mesi di siccità totale – spiega Prestifilippo – con temperature che hanno superato i 42-45°, poi c’è stato molto scirocco caldo e tutto il micelio (l’apparato vegetativo dei funghi ndr) è andato distrutto o nel migliore dei casi c’è stato un enorme ritardo nella sua formazione. Questo vale anche per i funghi. Sull’Etna e sui Nebrodi non sono spuntati i porcini se non in maniera del tutto marginale. Di tartufi, però, neanche l’ombra. Dal primo ottobre sarebbe dovuta partire la stagione della varietà uncinatum (Tuber aestivum uncinatum) che si trova a 1.200- 1.400 sotto i faggi, una stagione che  sta iniziando solo in questo periodo con ritrovamenti molto scarsi».

Ma l’annata non è proprio perduta. Se le condizioni climatiche dovessero migliorare, cioè poca pioggia e temperature non troppo fredde, i tartufi potrebbero tornare in abbondanza. «Il tartufo – aggiunge Prestifilippo – ha un ciclo di vita molto lungo, da tre a sei mesi, e quindi anche se nei primi tre mesi ci sono state delle difficoltà la stagione potrebbe ripartire con il miglioramento delle condizioni climatiche. Ma poste queste condizioni, non sarà possibile avere del buon tartufo siciliano prima della seconda metà di novembre. Anche la stagione dei funghi è molto ritardata, il 90% di tutto quello che sta arrivando è un prodotto estero che proviene in particolare da Romania e Bulgaria. In Calabria c’è un grosso deposito con funghi e tartufi che provengono da questi Paesi e lì vanno a rifornirsi commercianti e ristoratori. Se vedete cassette piene di porcini in vendita per strada, o al ristorante vi propongono “porcini dell’ Etna”, c’è qualcosa che non va».

È chiaro che la scarsità di materia prima, come avviene per tutti i generi di mercato, ha fatto schizzare i prezzi alle stelle. La domanda è altissima e i prezzi pure. «Quel poco di uncinatum che c’è – sostiene i l micologo – va a 400/450 euro al kg quando prima costava 120-130 euro al kg, al massimo 200 euro. Il melanosporum che in Sicilia non si trova e viene da Francia e Spagna, costa 800 euro al chilo, il bianco, fra l’altro di pezzatura piccola, è venduto a 4.000 euro al kg. Tutti chiedono tartufi e porcini. Questi ultimi sono venduti a 35-40 euro al kg quando costavano intorno ai 25 euro. Ai tanti commercianti e ristoratori che mi chiamano dico, di lasciar perdere, meglio comprare aragoste. AI consumatori posso consigliare di rinunciare per il momento a porcini e tartufi aspettando i prossimi mesi e di tenere sempre in mente la tracciabilità. Il prodotto dev’essere tracciato ma non dallo stesso cavatore, da qualcuno super partes. Un, cavatore, può dichiarare che ha trovato dei tartufi a Piazza Armerina, per esempio, quando in realtà quel tartufo proviene dalla Bulgaria. Se un micologo o una persona specializzata fosse chiamata a certificare quei tartufi, essendo a conoscenza che di tartufi in questo momento in Sicilia non ce ne sono, non potrà mai certificare una cosa che non è vera. Questa garanzia relativa alla tracciabilità è inserita nella legge regionale ma, di fatto, senza i decreti attuativi che ancora attendiamo, non esiste».

In mancanza di tartufi e porcini, in Sicilia ci si può “accontentare” di altri regali della natura. «In questo momento – ricorda Mario Prestifilippo – ci sono funghi di ferula in abbondanza (Bronte, Monti Sicani). Anche i tartufi hanno – a seconda della varietà – le loro zone vocate in Sicilia. I Monti Iblei per bianchetto e scorzone; i monti Sicani per l’aestivum e il tuber borchii che si trovano anche nelle pinete del Siracusano e del Trapanese; Castelbuono, Capizzi e la zona di Maulazzo per l’uncinatum, le Madonie per il “brumale”. Quest’anno Palazzolo Acreide e Palazzo Adriano, sono entrate a far parte dell’Associazione nazionale Città del Tartufo e vanno a fare compagnia a Capizzi e Castelbuono. Ne fa parte anche il Centro di Ricerca per la Valorizzazione del Tartufo e della Tartuficoltura in Sicilia.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA