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Catania, nuovo pronto soccorso Covid al Policlinico: 12 posti e pre-Triage

Di Maria Elena Quaiotti |

CATANIA – Dodici posti letto dedicati più il pre-triage e tutte le strumentazioni necessarie, inclusa una Tac: c’è anche un nuovo “pronto soccorso Covid” al Policlinico di via Santa Sofia tra gli interventi previsti dal piano di investimenti di Domenico Arcuri, commissario straordinario “per l’attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto dell’emergenza epidemiologica Covid-19”.

Nel progetto già appaltato, come conferma la direzione sanitaria del Policlinico, del quale si aspetta l’inizio della realizzazione “in tempi brevi”, la struttura fissa del secondo “mini pronto soccorso” è stata prevista nel parcheggio adiacente all’attuale pronto soccorso del Policlinico di via Santa Sofia, un’area di 500 metri quadri che sarà anche dotata della “pressione negativa”, ovvero una tecnologia che permette di eliminare l’aria contaminata per reimmettere aria “pulita” finora presente solo nella piccola area di “biocontenimento” da un posto all’ingresso del pronto soccorso e inaugurata, insieme al pronto soccorso principale, due anni fa.

La notizia conferma la direzione presa verso la necessità, più che mai sentita in un ospedale che volente e nolente resta sempre “zona rossa”, di separare il più possibile i percorsi Covid dai “no Covid”. Si tratta di una delle maggiori criticità riscontrate nei pronto soccorso di tutta Italia con la conseguenza che la tensione, soprattutto fra gli operatori sanitari, si taglia con il coltello. Tra loro è infatti palpabile la paura di contagiarsi sul luogo di lavoro anche perché, nonostante gli oltre dieci aggiornamenti delle linee guida dei comportamenti da tenere, e rivolte in modo incessante agli stessi operatori sanitari del Policlinico con l’intento di ridurre al minimo gli “errori”, le stesse non sempre vengono seguite alla lettera, tra chi abbassa la mascherina o incredibilmente neanche la porta, come noi stessi abbiamo appurato ieri mattina.

Parlando di misure anti contagio, i turni degli operatori sono stati “spezzati” a non più di 4/5 ore con tamponi rapidi eseguiti sul personale ogni 5/6 giorni ed è stata raddoppiata l’area dedicata alla vestizione e svestizione, una di quelle che, a posteriori dalla prima ondata del Covid, era considerata tra le più sensibili. Risolta, episodi di carenza a parte, la fornitura dei dispositivi di protezione. Eppure il virus quando c’è non lascia scampo specie quando non si rivela subito, come dimostrano gli undici casi di medici, otto di operatori sanitari e tre di Oss, qualcuno anche fra gli addetti alle pulizie, risultati positivi al Covid da settembre a oggi.

Della mancata completa sicurezza è anche complice il fatto, ormai appurato, che un tampone rapido su tre non si rivela esatto in caso di negatività, e la conseguente promiscuità tra soggetti sani e contagiati che inevitabilmente può crearsi non fa che aumentare il pericolo.

Paradossalmente, ci fanno notare, risulta essere molto più sicuro il tendone per il pre-triage allestito all’esterno del pronto soccorso, proprio perché si trova all’aria aperta con un tempo di stazionamento relativamente breve. Ulteriore criticità delle aree Covid (area grigia) e Sala Rossa (nella quale i pazienti positivi stazionano entro le sei ore) è la carica virale alta che riesce a resistere a qualunque ricambio d’aria: da qui il “desiderata” della “pressione negativa” in tutti i reparti possibili.A ieri mattina, contati dalle ultime 24 ore, su 122 accessi al pronto soccorso del Policlinico erano stati solo 24 i casi Covid accertati, confermando l’attenuazione della curva del contagio che attesta all’80% i pazienti “no Covid”; anche vero però che i casi Covid accertati a oggi vengono dirottati nell’area ex Obi (osservazione breve intensiva) tramutata in area dedicata Covid, che di posti ne contempla 18 e troppo spesso è sovraffollata, come accaduto nel picco di contagi, quando si è arrivati anche a 24 pazienti presenti in contemporanea.

Sempre ieri un paziente era in pronto soccorso, seguito, da ben 136 ore, e altri cinque da più di un giorno: comunque troppo tempo, che fa perdere il significato di “pronto soccorso” al presidio di emergenza. La spiegazione sta tutta nella mancanza dei posti letto nei reparti di destinazione in degenza, tra terapia intensiva e rianimazione per Covid o altre categorie mediche che a oggi accettano però solo le prestazioni brevi e urgenti, riducendo di fatto i posti letto disponibili. Un “vulnus” che non è ancora stato risolto, soprattutto per la mancanza di personale.

Il timore degli operatori sanitari va a ciò che potrà accadere da qui a due settimane, con la dichiarazione dell’isola a “zona gialla” e l’inevitabile attenuazione delle misure anti contagio da parte di chi non frequenta gli ambienti ospedalieri, ma che in altre situazioni può venire a contatto con loro, oltre alla temuta “terza ondata” a cui l’allentamento di fatto può preludere.

Saremo pronti? Davvero sarebbe bastato riaprire l’ex Vittorio Emanuele o allestire un pronto soccorso Covid al San Marco (mai previsto nell’immediato), come chiesto da più parti? «Non basta riaprire tali strutture – ci dicono a denti stretti alcuni operatori – bisogna avere il personale. E già oggi facciamo fatica così».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA