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Covid, i 15 giorni di vantaggio della Sicilia: come blindare la zona gialla dalla terza ondata

Di Redazione |

Adesso è tempo di difesa. Di legittima difesa. Nell’Italia che rivive l’incubo di un nuovo lockdown, con le regioni che si tingono progressivamente di arancione scuro se non di rosso, la Sicilia resta col giallo fisso. E, al netto di strette del governo su tutto il Paese, anche i dati della scorsa settimana (quelli che saranno decisivi, venerdì, nella scelta della cabina di regia nazionale su colore della zona) nell’Isola mostrano i principali trend sotto controllo.

In Sicilia i contagi sono passati da 3.568 (21-28 febbraio) a 3.830 (1-7 marzo): 262 nuovi casi in più rispetto alla settimana prima, pari al 7,3%, rallentando rispetto al 18,9% della settimana precedente. La curva è in crescita, certo, ma non è lontanamente paragonabile al picco del 30% ad esempio registrato in Emilia-Romagna.

Anche l’incidenza settimanale aumenta: da 68 a 76,6 casi ogni 100mila abitanti, ma è ben lontana dalla soglia dei 250/100mila che, secondo il primo Dpcm firmato da Mario Draghi, consente ai governatori di chiudere le scuole e disporre i lockdown locali.

Qualche raffronto con altre regioni per capire il contesto: la “rossa” Campania registra un +21,4% con 303,3 casi ogni 100mila abitanti), l’Emilia-Romagna +30,6% con 429,9, la Lombardia +29,9% e incidenza di 307,4. L’indice di trasmissibilità Rt, stimato a 0.79 nell’ultimo monitoraggio di Iss e ministero della Salute, dovrebbe mantenersi nettamente sotto la soglia di 1 anche nel report atteso per venerdì.

L’altro dato, ancor più confortante, arriva dal tasso di occupazione delle terapie intensive. Per la seconda settimana consecutiva stanno aumentando in tutta Italia i ricoveri in terapia intensiva, con ben 11 regioni che hanno superato la soglia critica e la situazione più grave registrata a Brescia, dove da cinque giorni il tasso di saturazione è del 90%. In Sicilia, al 7 marzo, ha un tasso del 15,02% (120 posti su 799), esattamente la metà della soglia d’allerta fissata al 30%. Ma l’elemento più interessante è la tendenza. Nell’Isola si registra un netto -31% nella scorsa settimana. L’unica regione in controtendenza.

Fin qui i dati. Che sono rassicuranti. E, anche secondo gli esperti, rappresentano in parte il risultato di alcune scelte del recente passato. «Siamo in vantaggio di almeno due settimane rispetto al resto d’Italia – certifica Cristoforo Pomara, componente del Cts regionale – grazie all’anticipo della zona arancione, in cui su nostro input sono rimaste chiuse le scuole, e alla zona rossa chiesta dal presidente Musumeci, che però noi volevamo durasse almeno tre settimane anziché le due poi stabilite dal ministro Speranza. Decisivo anche il cambio di passo sui tamponi, sempre suggerito da noi».

Quindici giorni di tempo per non sprecare il senso di un’“oasi gialla” che ha un retrogusto di déjà vu. «Sembra quasi di rivivere la primissima ondata – ricorda Carmelo Iacobello, primario di Malattie infettive al Cannizzaro di Catania – quando la curva schizzava nelle regioni del Nord e noi, quaggiù, avevamo l’illusione che la cosa non ci riguardasse». E invece no, perché «fra un paio di settimane tutto quello che sta succedendo nel resto d’Italia, probabilmente, si ripeterà in Sicilia, dove registreremo più o meno la stessa situazione. Anche perché – ricorda Iacobello – il fattore decisivo di questa nuova ondata, ovvero la circolazione delle varianti, si diffonde sempre più anche da noi».

Due settimane di tempo, dunque. Per attendere che si compia un destino pandemico ineluttabile, oppure per “blindare” l’Isola dall’ultimo colpo di coda del Covid. Ma come? Ruggero Razza, sostiene che «la Regione non si culla sugli allori, ma sta tenendo sotto controllo la situazione».

Dall’opposizione arrivano le bordate di Anthony Barbagallo, segretario del Pd: «Non solo ma emerge sempre di più che la Regione non ha il totale controllo della situazione come già in passato con il fallimento del tracciamento e alle terapie intensive “fantasma”. Oggi sul fronte vaccinale ci sono ‘vuoti’ amministrativi che servono a favorire il libero arbitrio nell’erogazione del vaccino anche a chi invece non spetta. Meno chiacchere e annunci».

L’assessore alla Salute sta però lavorando a «un nuovo piano d’emergenza da sottoporre al presidente Musumeci e al nostro Cts, in contemporanea a un ulteriore potenziamento delle vaccinazioni, fondamentale per qualsiasi strategia», ma per ora si riserva ogni mossa in attesa che «dal governo, in questi giorni, arrivino delle misure di valenza nazionale per arginare un trend che, per ora, da noi è comunque sotto controllo». Razza, però, non sembra orientato a «una stretta che penalizzi ulteriormente le categorie economiche e produttive».

L’ipotesi sembra più orientata a un doppio binario: potenziamento dei controlli all’ingresso (non a caso l’“isolitudine” della Sardegna è uno dei fattori decisivi per l’unica zona bianca d’Italia) e zone rosse localizzate, tenendo sotto controllo le scuole, magari con un aumento della Dad fino al 50%.

Ma fra gli esperti c’è chi ha idee più draconiane. Pomara, fra i più prestigiosi esperti mondiali di Medicina legale, è fra i “falchi” del Cts. Non vuole pronunciare la parola «lockdown» e usa un’altra formula: «Servono quattro settimane di sacrificio». In che senso? «Con uno stop alla didattica in presenza e all’apertura dei locali, da concertare con i diretti interessati, a cui vanno aggiunti un controllo più serrato delle città e degli arrivi nell’Isola».

Insomma, un’altra super stretta. «Ma questa sarebbe l’ultima», assicura Pomara. «Finora la strategia nazionale è stata quella di giocare alla roulette col virus, puntando le fiches colorate. Questa, invece, sarebbe una puntata a colpo sicuro: arginare la diffusione delle varianti mentre si intensifica la campagna di vaccinazioni. Tutto fino a Pasqua. Dopo di che niente liberi tutti, ma un progressivo sistema interno a scalare di altri 20 giorni. Alla fine avremmo vinto, tutti».

Per Iacobello «le chiusure da sole non bastano», perché «senza un incremento notevole della disponibilità di vaccini la partita non si può chiudere». Anche per l’infettivologo serve comunque «monitorare la scuola, che resta una fucina di contagi non per quello che succede dentro, ma sui trasporti e negli assembramenti prima e dopo le lezioni». E Iacobello lancia un monito inedito: «Nessuno ha calcolato l’incidenza, secondo me significativa, dei lavoratori in nero, senza tutele e quindi spesso in giro a prescindere da restrizioni o addirittura anche dalle regole di quarantena». Un altro fronte da controllare.

Per una Sicilia che non vuole fare la cicala gialla, sprecando quelle «due settimane di vantaggio». Che sembrano tante, ma in fondo sono un soffio di speranza (o d’illusione) alquanto fuggevole.

Twitter: @MarioBarresi

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