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Il processo

«Ho visto le mani piene di sangue…ed Elena non era accanto a me»

Il racconto agghiacciante di Martina Patti, imputata per aver ucciso e seppellito la figlia di quattro anni.

Di Laura Distefano |

La voce pare quella di una bambina. E il suo racconto fa venire i brividi. Crolla a piangere molte volte Martina Patti, la 26enne imputata – e rea confessa – dell’omicidio della figlia Elena Del Pozzo, nel corso dell’esame reso davanti alla Corte d’Assise presieduta da Sebastiano Mignemi. Incalzata dalle domande del procuratore aggiunto Fabio Scavone e del sostituto Assunta Musella, Patti descrive in modo dettagliato – tranne i momenti centrali – quel maledetto 13 giugno 2022. Il giorno del brutale assassinio della piccola: uccisa con alcune coltellate e poi sepolta in una buca in un terreno incolto a pochi metri dall’abitazione di via Euclide, a Mascalucia.

«Ho preso due attrezzi da giardinaggio»

Sembrava una mattina come tante. Martina Patti si alza presto. Ha dormito a casa dei suoi. Elena è invece a casa dei nonni paterni, che l’hanno accompagnata al Grest. La madre va nella villetta di Mascalucia (“Quella casa mi faceva sempre effetto, avevo dei ricordi brutti e belli. Ma soprattutto brutti. Mi sentivo sola”) per prendere dei libri universitari. A un certo punto “decido di fare una corsa per scaricare un po’ l’ansia. E scendendo le scale vedo degli attrezzi da giardino, una pala e un’altra cosa simile e li metto in macchina. Salgo e a un certo punto mi fermo in uno slargo e lascio lì gli utensili. Ai margini della strada. Poi torno indietro, poso la macchina e decido di fare la corsetta. E ripassando nella zona dove avevo lasciato la pala, mi accorgo che erano a vista quindi li sposto verso l’interno del terreno incolto dove c’erano delle sterpaglie”. In oltre tre ore di interrogatorio le viene chiesto perché le sposta. Ma lei non sa fornire una risposta precisa. “Erano a vista”, dice.

In questo flusso di pensieri c’è la voglia di farla finita. Il fallimento della convivenza con il papà di Elena, la bocciatura a un esame universitario, la rottura fresca con un altro ragazzo. “Non vedevo più speranza. E poi mi sono chiesta cosa avrebbe fatto Elena senza di me? E poi vedevo anche lei soffrire, farmi mille domande. Quindi ho pensato che fosse meglio che tutte e due ci togliessimo la vita”. Dall’analisi del cellulare è emerso che ha fatto una ricerca sulla candeggina e gli effetti che aveva se la si ingeriva. “Ho fatto quella ricerca perché pensavo al suicidio”, spiega.

«Quando sono andata a prenderlo all’asilo mi ha abbracciata»

Martina Patti dopo la corsetta va a casa dei suoi per il pranzo e poi va a prendere Elena all’asilo. “Appena mi ha visto – ricorda piangendo – mi ha abbracciata”. L’imputata parla della figlia come di un’amica, una compagna. “Eravamo una cosa sola”, risponde ai suoi legali Tommaso Tamburino e Gabriele Celesti. Durante il tragitto la piccola avrebbe manifestato fastidi. E avrebbe raccontato alla madre il fatto che la sera prima non ha potuto dormire con il padre perché c’era la fidanzata. Quando arrivano a Mascalucia Elena come al solito mangia il suo budino e vede i cartoni sul telefonino. Martina Patti spiega che mentre stirava guardava sua figlia e mille pensieri la turbavano. “Sono scoppiata a piangere e sono andata in bagno”.

«Ho preso il coltello e dei sacchi»

A un certo punto mamma e figlia escono, ma Patti si ferma sul pianerottolo. “Mi sono bloccato, ho detto a Elena di aspettarmi. Sono ritornata indietro, sono entrata a casa e in cucina ho preso velocemente un coltello e dei sacchi e li ho messi in borsa”. Da quel momento la voce si rompe nuovamente da sospiri e singhiozzi.

«Ho visto il sangue nelle mani e sono corsa»

“Saliamo in macchina e a un certo punto mi fermo in auto e scendo”. Martina Patti si ferma in quello slargo dove la mattina aveva lasciato gli attrezzi da giardino. Dice a Elena: “Andiamo vieni con me. La prendo in braccio e andiamo nel terreno incolto”. Poi c’è il buio. L’imputata ricomincia a piangere. “Ricordo solo che mi sono guardata le mani piene di sangue. Elena non c’era più accanto a me. E ho cominciato a correre. Sono salita in macchina e non sapevo cosa fare”. In altri momenti dell’esame Patti spiega: “Ho questa immagine di me che scavo con le mani”. Più volte il presidente Mignemi insiste su questo punto. Nell’immediatezza dei fatti – come Scavone cita leggendo un verbale – aveva detto di aver scavato con due bastoni.

«Nel tragitto ho pensato al finto rapimento»

Il narrato diventa convulso. “Ho chiamato il mio ex compagno più volte che non mi ha risposto. Poi mi ha richiamato, ma io sapevo solo piangere e dire “Elena, Elena, la bambina”. Allora lui mi ha chiesto dove ero ma io non sapevo rispondere, allora gli ho detto di vederci a casa dei miei”. E sarebbe stato in quel “tragitto” che Martina ha deciso di raccontare del finto rapimento: “Avevo paura, come potevo spiegare quella tragedia. E così ho pensato di dire che avevano preso la bambina per colpa del padre collegandoli alla vicenda della lettera minatoria che aveva ricevuto. Infatti poi ho raccontato che i rapitori avevano detto “Questa è l’ultima cosa per il padre (riferendosi al mio ex compagno). E questa versione la dico anche ai miei genitori”. L’avvocato di parte civile Barbara Ronsivalle la pungola: “In quei minuti ha pensato a tutti quei particolari? Tra cui anche le parole che i sequestratori avrebbero detto”. “Si”, risponde.

La confessione: «Papà, Elena non c’è più»

Il pomeriggio del 13 giugno 2022 Martina e i genitori lo trascorrono alla caserma dei Carabinieri di Mascalucia. L’imputata non cambia versione. Con i militari va sul posto del presunto rapimento. Le telecamere però la smentiranno su tutta la linea. A Piazza Verga, davanti al magistrato, mette nero su bianco la messinscena. All’alba tornano a Mascalucia. “Quando ho visto la casa ho cominciato nuovamente a piangere. Mi sono appartata con mio padre (mamma e papà di Martina Patti hanno seguito tutto il tempo la deposizione della figlio con gli occhi lucidi, ndr) e i carabinieri ci hanno lasciati soli”. Poi il crollo. “Poi non ce l’ho fatta più. Papà, Elena non c’è più”. A quel punto due militari si sono avvicinati. “Sono salita in macchina con loro, c’era anche mio padre. Poi gli ho segnalato il posto. Là sotto”. I carabinieri cercano Elena, la trovano dentro dei sacchi neri seppellita in una fossa. Intanto in macchina Martina aspetta con un carabiniere. “A lui gli ho detto: “Non mi vorrà più bene nessuno”. Poi, dopo qualche tempo, siamo andati a Catania”, dice l’imputata guardando la Corte.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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