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Il caso

Così la coop “patriota” è sbarcata in Sicilia, ma quante ombre sui medici a gettone

L’Asp di Catania assegna ad Amaltea sette pronto soccorso di provincia a 140mila euro per 1.385 ore. I precedenti: specialista in estetica indagata per omicidio in Liguria, in Piemonte no-vax sospesa

Di Mario Barresi |

La carenza di camici bianchi nella sanità di periferia è un’emergenza regionale. E, in attesa di soluzioni strutturali rispetto ai vuoti (di più: voragini) negli organici degli ospedali, si cercano delle soluzioni-tampone. Una di queste, come avviene su scala nazionale, è affidarsi a delle società specializzate per reclutare i cosiddetti “medici a gettone”: professionisti esterni chiamati a sopperire temporaneamente ai turni soprattutto nelle frontiere di provincia.

I sette pronto soccorso del Catanese

Così, ad esempio, ha fatto (e continua a fare l’Asp di Catania con personale medico impiegato per un servizio delicato come il Mcau (medicina e chirurgia di accettazione e di urgenza) da destinare ai pronto soccorso di sette ospedali della provincia: “Gravina” di Caltagirone, “Basso Ragusa” di Militello, “Castiglione Prestianni” di Bronte, “Ss. Salvatore” di Paternò, “S. Giovanni di Dio” di Giarre, “S. Marta e S. Venera” di Acireale e “Maria Ss. Addolorata” di Biancavilla. E tutto ciò con la premessa che «la procedura di reclutamento del personale sanitario, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana, risulta, attualmente, ancora in corso di espletamento.

Le due offerte: 124 mila euro per 1.385 ore

Dunque, nelle trincee degli ospedali di provincia, servono dei “supplenti” a tempo determinato, al di fuori della pianta organica dell’Asp. Il servizio, finora, è stato gestito da Medical Line Consulting Srl, un gruppo sanitario privato con sede a Roma, anche con un breve regime di proroga in attesa che si espletasse la procedura di assegnazione del nuovo appalto, tramite avviso di manifestazione di interesse pubblicato dall’Asp lo scorso 20 aprile. Al quale hanno aderito soltanto due operatori del settore: la stessa Medical Line Consulting e la cooperativa sociale Amaltea. È stata quest’ultima a presentare l’offerta vincente: 124.650 euro per 1.385 ore di servizio, con 500 euro di oneri di sicurezza e un costo presunto di 138.361,50 euro; l’altra concorrente proponeva, per un importo di 138.999,99 un totale di 1.263 ore e oneri di sicurezza pari a 300 euro. Le offerte sono state presentate sul MePa, la piattaforma digitale degli acquisti per la pubblica amministrazione. Con delibera dello scorso 16 maggio, il commissario straordinario dell’Asp di Catania, Maurizio Lanza, ha dunque accolto la proposta del direttore del Provveditorato di affidare il servizio alla cooperativa Amaltea.

Le criticità

Fin qui l’iter, formalmente corretto. Eppure non c’è bisogno di James Bond per scoprire, da fonti assolutamente aperte, che il profilo dell’aggiudicataria presenta alcuni elementi di criticità, alcuni dei quali legati proprio al servizio chiamato ad espletare nel Catanese.

La Amaltea di Vercelli

La Amaltea di Vercelli, infatti, è balzata più volte agli onori della cronaca. L’ultima delle quali per il caso di una donna genovese di 76 anni, Rosaria Speranza: affetta da broncopneumopatia cronica ostruttiva viene dimessa il 26 dicembre 2022 dal pronto soccorso di Novi Ligure, gestito da Amaltea, e poi muore due ore dopo per sospetto enfisema polmonare. Si rimanda al medico curante, si consigliano visita di controllo e aerosol una volta al giorno», era stato scritto nel foglio di dimissioni. Per omicidio colposo è indagato un medico “gettonista” della cooperativa piemontese (non coinvolta nell’inchiesta), una dottoressa di 36 anni, con contratto di collaborazione all’ospedale di Cosenza, ma pendolare per conto di Amaltea. La professionista, come riporta La Stampa, pur con competenza acclarate in Medicina d’urgenza, si occupa di medicina estetica come attività prevalente. Secondo quanto riporta La Verità sarebbe titolare di un centro estetico. La vicenda è arrivata in Parlamento, con il deputato Federico Fornaro a chiedere al ministero della Salute «un’ispezione urgente» all’Asl di Alessandria, da cui dipende il pronto soccorso di Novi Ligure, «per fare piena luce sull’attività delle cooperative vincitrici di appalto, con particolare riferimento alle attività di pronto soccorso in diversi ospedali dell’Asl di Alessandria».

Fornaro sostiene che «la cooperativa non è nuova a situazioni del genere: nell’ottobre scorso ha prestato servizio di pronto soccorso un medico sospeso dall’esercizio della professione dall’Ordine dei medici di Genova».

La dottoressa sospesa perché no vax

E in effetti è così. Oltre all’avviso di reclutamento del personale medico (retribuzione offerta: 900 euro al giorno), sul web si trova riscontro della storia: nell’elenco dei medici a gettone fornito da Amaltea all’Asl di Alessandria per gestire i Dea di Novi, Acqui, Ovada, Tortona e Valenza, circa 800mila euro per due mesi, risultava anche una dottoressa di origini straniere, laureatasi a Genova nel 2019, sospesa nel febbraio 2021 perché s’era rifiutata di somministrare il vaccino anti-Covid.

Negli stessi giorni un informatissimo sito locale, ilmoscone.it, ironizzava sull’impiego di «un medico di età particolarmente avanzata, e con alle spalle una lunga esperienza di anatomo-patologo: insomma, uno che aveva sempre fatto autopsie!».

La coop che parla la lingua di FdI

Per completezza d’informazione va detto che Amaltea ha una precisa matrice politica. La presidente della coop è Patrizia Piantavigna, già consigliere e assessore a Lignana, nel Vercellese, dove nel 2013 fu candidata sindaco con una civica di centrodestra. Il suo vice è Guglielmo La Mantia, ex consigliere comunale a Vercelli per Fratelli d’Italia, già condannato per le firme false nelle liste per le Provinciali a Vercelli nel 2011: pena di 10 mesi in primo grado, nel febbraio 2021 la Corte d’Appello di Torino ha dichiarato estinto il reato per sopravvenuta prescrizione.

Quel medico originario di Siracusa

Ma ancor più interessante è il profilo di un altro membro del cda della coop che ha appena vinto l’appalto etneo: Giuseppe Cannata, 76 anni, di origini siracusane. Marito della presidente Piantavigna, è medico e consigliere comunale a Vercelli, nella bufera per un post su Facebook. «Ammazzateli tutti ste lesbiche gay e pedofili», scriveva rilanciando un articolo sul tema delle “famiglie arcobaleno” pubblicato nel 2018 dal senatore leghista Simone Pillon. Un’uscita sociale che costava al medico (già responsabile del pronto soccorso di Vercelli) una pubblica presa di distanza di Giorgia Meloni in persona: «Fratelli d’Italia prende le distanze dalle dichiarazioni del consigliere comunale di Vercelli Giuseppe Cannata, eletto tre mesi fa da indipendente nelle liste di FdI ma mai iscritto al movimento. Le sue affermazioni, gravissime, non rispecchiano in nessun modo – scrisse, sempre su Facebook, la leader del partito – il pensiero di Fratelli d’Italia. Non c’è posto per chi scrive certe cose in Fratelli d’Italia».

Le frasi omofobe e la condanna

Cannata s’è dimesso nel luglio 2019 dalla carica di vicepresidente, ma è rimasto in consiglio comunale passando con Forza Italia. Intanto ha patteggiato una condanna a quattro mesi (pena sospesa) per diffamazione, con risarcimento di 3mila euro versati ad Arcigay Vercelli che lo aveva querelato chiedendone «le immediate dimissioni dal consiglio e la sua espulsione dall’Ordine dei medici», con una petizione che ha raccolto 18mila firme.

«Ha scritto quello che in molti pensano ma che non scrivono per paura di essere denunciati per diffamazione», il commento del suo avvocato, Giuseppe Fiore. Che su Open parla di «un mondo ipocrita», poiché Cannata «non voleva e non vuole la morte dei gay, non è omofobo e non vuole ammazzare nessuno. Il suo è stato uno sfogo, non è successo niente, è una brava persona. Altrimenti che deve fare, si ammazza? Certo, non avrà usato il linguaggio delle suore Orsoline. Ma ha pagato per quello che ha scritto».

Il nome di Cannata (nato a Siracusa nel 1946, maturità classica al Gargallo, laurea in Medicina a Catania nel 1974, specializzazione in Chirurgia generale a Torino nel 1990) è, al netto di un’omonimia, fra i sei proposti da Amaltea per i quali il direttore del Dipartimento di Emergenza Urgenza dell’Asp di Catania ha dato un giudizio di idoneità positiva, dichiarando invece la «non idoneità» di altri tre dottori dell’elenco fornito dalla cooperativa. Sarà lui, in attesa che la sanità siciliana espleti i concorsi per i posti in organico, a guidare l’esercito dei “medici in prima linea” in sette pronto soccorso di provincia. A 100 euro l’ora, per le tariffe dell’appalto appena vinto in Sicilia da Amaltea. Ben lontana, ora, dai veleni – giudiziari e politici – lasciati al Nord Italia.Twitter: @MarioBarresiCOPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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