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Fontanarossa verso il -99% di passeggeri, ma c’è un piano per tornare a volare

Di Mario Barresi |

CATANIA – Aggirarsi dentro Fontanarossa, nelle ultime settimane, è come stare in una scena notturna di The Terminal, una di quelle in cui Tom Hanks dormiva dentro un aeroporto deserto. Soltanto che a Catania – così come ovunque – oggi è così anche di giorno. L’emergenza coronavirus ha di fatto azzerato il traffico aereo. Due dati, uno globale e uno locale.

La Iata (International Air Transport Association) prevede a fine anno per il settore una riduzione dei ricavi globali pari a 314 miliardi, -55% rispetto al 2019. E il primo aeroporto siciliano non fa eccezione. A marzo s’è registrato un -81,9% di passeggeri rispetto ai 654.346 dello stesso mese nel 2019. E per aprile – ma ormai anche per maggio – le stime degli esperti di Sac ipotizzano un -99% di passeggeri e un -97% di movimenti aerei. E l’aeroporto che l’hanno scorso ha festeggiato i 10 milioni di transiti comincia a pensare a numeri di fine 2020 molto ridotti. Tanto più che il trasporto aereo rientra, secondo la task force di Vittorio Colao tra le attività ad alto rischio, quelle con il “bollino rosso”, a causa di prossimità, esposizione al contagio e aggregazione.

Una crisi senza precedenti. Ma Fontanarossa resiste. Con orgoglio. «In queste settimane di lockdown, in aeroporto si è lavorato senza sosta anche se a ranghi notevolmente ridotti». E ciò , spiega Nico Torrisi, amministratore delegato di Sac, «innanzitutto perché l’aeroporto di Catania rientra fra le infrastrutture strategiche che garantiscono un servizio pubblico essenziale, e quindi è rimasto aperto, anche se con solo due voli al giorno operati da Alitalia, da e per Roma Fiumicino. Abbiamo anche fornito assistenza a voli umanitari, per il trasporto organi e per il rimpatrio di nostri connazionali rimasti bloccati all’estero». Un impegno, «sin dal primo momento, prima che lo imponessero le norme», anche sul fronte della sicurezza di passeggeri e lavoratori. «Ci siamo dotati di termoscanner, abbiamo incrementato le attività di pulizia straordinaria e di sanificazione».

E adesso? Da dove, da cosa si riparte? «Stiamo già lavorando – assicura Torrisi – a un piano di riorganizzazione che dovrà tenere conto delle nuove norme di distanziamento sociale alle quali andremo incontro, nonché ai nuovi scenari che ci troveremo davanti, anche nel campo delle compagnie aeree: di quali continueranno a operare, con quali modalità, della distribuzione dei voli, del numero di passeggeri che un aeroporto come il nostro potrà accogliere, in attesa di poter utilizzare anche il nuovo terminal B, ovvero la ex Morandi, dove i lavori sono proseguiti e che ora è stata completamente svuotata».

Torrisi ammette: «Per un certo periodo di tempo, d’ora in poi, gli aeroporti e il nostro modo di volare non saranno più come quelli di prima del Covid-19». Qualche esempio? «Pensiamo solo al fatto che il modello di business delle low cost si basa sul fatto che gli aerei devono stare a terra pochissimo tempo, non più di 20-25 minuti. Per questo organizzano gli imbarchi a grandi gruppi: ora questo non sarà più possibile, per ovvi motivi di distanziamento sociale».

Ma nell’era della pandemia gli spazi diventano più difficili da gestire anche a terra. «Per noi, per il momento il problema più grosso, visti i limiti strutturali del nostro aeroporto, sarà quello di come garantire la distanza di sicurezza durante le file. Fontanarossa – spiega l’ad di Sac – è uno scalo nato già vecchio, modulato su un volume di passeggeri che in pochi anni è quasi raddoppiato. E inoltre è molto “stretto”, con poco spazio a disposizione, per esempio, dei controlli di sicurezza. In questo scenario stiamo studiano strategie volte a “creare” spazi, procedendo in maniera contraria rispetto a tutto ciò che di solito fa un aeroporto, cioè cercare di ospitare più passeggeri possibili ottimizzando lo spazio in questo senso».

Come si può immaginare l’aeroporto di Catania nei prossimi mesi? «Dovremo utilizzare barriere mobili, separatori, le compagnie dovranno modificare le procedure di imbarco. Penso, per esempio, a strategie “all’americana” con i passeggeri chiamati al gate per fila e numero. Ma ovviamente ci vuole un coordinamento nazionale e naturalmente aspettiamo indicazioni ufficiali da Enac».

Ma non finisce qui. «Stiamo pensando – anticipa Torrisi – a come velocizzare eventuali controlli sanitari e della temperatura anche in partenza, a come ridurre qualsiasi rallentamento si possa verificare durante le procedure, anche di consegna e ritiro bagagli». E non sarebbe male, come auspica Torrisi, che anche il personale delle società di gestione degli aeroporti siciliani fosse inserito fra le categorie da sottoporre ai test sierologici. Sarebbe una garanzia per lavoratori e utenti, ma anche un bollino di garanzia per la “Sicilia regione sicura” di cui parla giustamente il presidente Musumeci».

Più sicurezza, ma anche più tecnologia: «Presumo che bisognerà implementare le procedure self-service, come abbiamo già fatto al terminal C, dove il check in viene svolto in autonomia ai banchi drop off e dove già l’anno scorso abbiamo installato anche i tornelli automatici. Questo sarà fondamentale per ridurre al minimo le interazioni tra passeggeri e operatori, a garanzia di tutti».

Infine, una buona notizia: in queste ore due compagnie hanno contattato Sac per organizzare la ripresa dei voli domestici. Qualcosa si muove. Ma niente sarà più come prima.

Twitter: @MarioBarresi

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