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Giovanni Lauria, il mafioso “irredimibile” che andava a braccetto con i massoni

Di Redazione |

I contatti con Salvatore Seminara, ritenuto il boss di cosa nostra a Caltagirone hanno indotto i carabinieri a indagare anche su Giovanni Lauria e le persone a lui più vicine duranti i contatti con i clan di Caltagirone e quindi Giovanni Mugnos, Giacomo Casa, Vito Lauria e Angelo Lauria. Il capo indiscusso era Giovanni Lauria che era riuscito a inserirsi in talune logge massoniche (Vito Lauria, , figlio di Giovanni, era all’epoca delle indagini Maestro Venerabile di una loggia con sede a Licata), avvalendosi altresì dei rapporti con Lucio Lutri, funzionario della Regione Siciliana a sua volta al tempo Maestro Venerabile di una loggia massonica con sede a Palermo, che ha sistematicamente messo a disposizione della consorteria mafiosa la privilegiata rete di rapporti intrattenuti con altri massoni professionisti ed esponenti delle istituzioni.

Giovanni Lauria è il personaggio chiave delle indagini che hanno portato ai sette fermi dell’inchiesta Halycon. Che Giovanni Lauria sia un appartenente a cosa nostra è acclarato da una sentenza definitiva perché è stato condannato per associazione mafiosa essendo stato individuato quale punto di riferimento per l’allora rappresentante provinciale di Agrigento Giuseppe Falsone per conto del quale trasmetteva messaggi e comunicazioni e pizzini ai superboss palermitani.

Giovanni Lauria che aveva un rapporto solidissimo con Giuseppe Falsone, all’epoca latitante era stato coinvolto dal capomafia calatino Francesco La Rocca (esponente dell’ala oltranzista di cosa nostra) nel tentativo di mediazione tra le opposte fazioni di cosa nostra agrigentina che avevano rispettivamente al vertice Giuseppe Falsone e Maurizio Di Gati. Giovanni Lauria ha espiato la pena ed è tornato a intrattenere i rapporti con i mafiosi licatesi. Peraltro il nome di Giovanni Lauria era emerso anche nell’inchiesta Assedio che ha documentato una rinnovata coesione all’interno di cosa nostra agrigentina tra gruppi mafiosi, in passato anche dialetticamente contrapposti, riconducibili alla famiglia di Licata. Quando è stato scarcerato il capo del clan licatese era Angelo Occhipinti che riuniva il suo gruppo in un magazzino dove pensava che un jammer potesse impedire le intercettazioni ambientali. Ed è lì che Angelo Occhipinti e Giovanni Lauria si sono incontrati per ricompattare i due gruppi in un unico clan.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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