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La rabbia della gente: «Licenziateli tutti»

La rabbia della gente: «Licenziateli tutti»

Di Mario Barresi |

ACIREALE. Sembra un problema da nulla. Eppure – qui, proprio qui; da oggi – è una cosa seria: «Ma ora il caffè ce lo possiamo prendere? ». La domanda scivola di bocca in bocca nei pressi del chioschetto con vista sul palazzo dove striscia la mestizia. Acireale, via degli Ulivi. Nel cuore della frazione di San Cosmo, periferia che nei decenni s’è talmente sbracata da far arrivare l’alito quasi fino centro della città. Fra il camionicino-bar e gli uffici dei dipendenti “fantasma” c’è la giusta distanza: quella di una pausa caffè.

Chiediamo agli avventori: ma siete impiegati del Comune? «E lei è un giornalista? », a domanda rispondono con altra domanda retorica. Sguardi d’intesa, silenzio d’ordinanza. «Non possiamo parlare», abbozza uno. «Niente sappiamo, non abbiamo visto nulla», taglia corto un altro. Il nervosismo aumenta quando un gruppuscolo di indignados acesi s’ingrossa fino a raggiungere oltre una decina di persone. «Licenziateli tutti ‘sti bastaddi», urla il più esagitato. Qualcuno chiama la municipale, un paio di volte, per segnalare l’inviato di una tv nazionale che si aggira negli uffici dello scandalo.

Dove – potenza dei numeri – su 240 impiegati presenti, ben 62 sono infognati nell’operazione “Ghostbusters”. «Uno su quattro c’è dentro fino al collo», gongola un giovane col pizzetto e il chiodo in pelle. Il cielo plumbeo non riesce a raffreddare un clima che già all’alba arroventa l’ultimo scorcio di sonno beato di una nobildonna colpita ancora una volta nell’orgoglio.

Acireale si risveglia capitale dei furbetti del cartellino. E il signore che, nelle immagini che i siti cominciano a diffondere, s’arrampica su una sedia per oscurare quella stramaledetta telecamera – totem della violazione di un tempio della “flessibilità” lavorativa – dà tutta l’impressione di voler prendere, nell’immaginario mediatico, dell’impiegato in mutande di Sanremo. Occhio che non vede, cuore che non duole: ma stavolta non è così. Anche se la goffa operazione di censura (protagonista Mario Primavera, badge matricola n. 123: mi-ti-co!) è da oscar del neorealismo surreale. La protesta spontanea si dirada, la rabbia no. E nemmeno la morbosità. Altra compagna di viaggio di questa giornata particolare, ad Acireale. «Chi sono gli altri? ».

Se lo chiedono in tanti, vogliono saperlo tutti. Perché la matematica non è un’opinione: 62 indagati, meno 3 ai domiciliari, meno 12 con l’obbligo di firma… fa 47. Morto che parla. Ma nessuno vuol parlare. Anche perché la lista è sconosciuta. «Domani li stampate tutti sul giornale, vero? », ci chiede una signora con la bava forcaiola alla bocca, mentre mordicchia una treccina alla crema. Il Carnevale è appena andato in archivio, con un’appendice di pessimo gusto. Un trolley nero abbandonato in piazza Duomo nei pressi dell’agenzia del Credito Siciliano: panico, giovedì pomeriggio, nel salotto della città dei cento campanili. I vigili chiudono la strada al traffico, gli artificieri fanno brillare la valigia: c’erano dentro fogli di giornale.

La bomba, i giornali. Un presagio mediatico di quello che sarebbe successo l’indomani – ieri – con l’operazione anti-assenteisti. E dire che di cose di cui chiacchierare, nei bar e sul corso, ce ne sarebbero a bizzeffe: hanno persino arrestato Melo l’Africano, capocosca locale, uccel di bosco per un giorno dopo la maxi-operazione che ha azzerato il clan Laudani. Ma ci sono anche le Terme che affogano, la telenovela mediorientale della Perla Jonica… Eppure l’ossessione sono loro: gli equilibristi del badge, quelli del kamasutra del cartellino.

Sub-ossessione per chi la butta in politica: ma il sindaco che dice? Qualche detrattore sussurra che quest’operazione sia stata sì innescata dal new deal di Roberto Barbagallo, ma che poi la palla di neve è diventata una valanga. E la mole delle magagne s’è talmente ingrossata da diventare un boomerang che ora mette in difficoltà persino l’amministrazione dei moralizzatori. Nicola D’Agostino, deputato regionale di Sicilia Futura e “Dottor Sottile” della giunta acese, risponde da par suo al quesito anche se nessuno gliel’ha posto: «I controlli di natura investigativa attengono a forze dell’ordine e magistratura, con cui c’è grande sinergia e collaborazione: l’azione della politica e quella degli organi inquirenti corrono su binari paralleli nella stessa direzione, alimentandosi vicendevolmente. Sotto questo profilo confermiamo apprezzamento e sostegno, che d’altra parte è garantito non dalle chiacchiere ma dagli atti prodotti».

Il giovane primo cittadino, invece, assicura: «Ci saranno misure severe per i dipendenti che hanno sbagliato. Attendiamo che la Procura ci invii gli atti, a quel punto la commissione disciplinare, che ho nominato mesi fa, valuterà caso per caso, la gravità della posizione di ogni dipendente e applicheremo tutte le norme di nostra competenza. Sicuramente i tre dipendenti sottoposti a misura cautelare saranno subito sospesi». Musica per le orecchie dei forcaioli anti-furbetti. Ma D’Agostino e Barbagallo rivendicano anche atti concreti. Già dal 2014 – e dunque prima dell’inizio dell’indagine – una stretta su tante anomalie e brutte abitudini: stop a straordinari superflui, alt al dilagante fenomeno della flessibilità (su 554 dipendenti quasi 300 avevano un orario “personalizzato”), rotazione di funzionari e dirigenti. E anche dei badge, s’era occupato il sindaco, affiancato da Giovanni Spinella (segretario generale e capo del personale): c’erano migliaia di procedure di cosiddetta “dimenticanza del cartellino”.

Ovvero: dipendenti sbadati, che lasciavano il badge a casa e segnalavano la cosa, per poi regolarizzare il tutto alla buona. «Abbiamo introdotto la regola del badge sostitutivo detenuto dal caposettore, che era obbligato a fornirlo al dipendente che dimenticava il suo». E le “dimenticanze”, a quel punto, sono diventate poche decine. Barbagallo rivendica anche un altro dato concreto: 500 milioni di risparmio in un anno sul costo di straordinari, comprese integrazioni e oneri riflessi. Una bella cifra. Nella città con un dipendente comunale ogni mille abitanti. Dove la storiaccia venuta a galla ieri viene ha una curiosa rappresentazione statistica.

Il costo dei dipendenti, su un bilancio di 52 milioni, pesa per circa 17,7 milioni. Poco più del gettito fiscale (18 milioni) ottenuto con le imposte dei cittadini. È proprio il caso di dirlo, più che mai: lo stipendio, a quelli lì, glielo pagano gli acesi.

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