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L’ikea si è servita indirettamente di carcerati in Bielorussia

La denuncia  del team francese Disclose, secondo cui i legami tra il gigante svedese e il padre padrone di Minsk  Lukashenko sarebbero iniziati nel 1999

Di Nicoletta Gullotta |

Ikea «ha usufruito perlomeno indirettamente del lavoro dei carcerati attraverso i suoi fornitori in Bielorussia", denuncia un' inchiesta del team francese Disclose, secondo il quale i legami tra il gigante svedese e il padre padrone di Minsk Alexander Lukashenko sono iniziati «nel 1999». 

 Da allora, scrive Disclose, la Bielorussia, dove lo Stato è proprietario di tutte le foreste, è divenuta la seconda fornitrice mondiale di legno di Ikea.

L’indotto ha impiegato fino a 10mila lavoratori, tra loro «molti forzati provenienti da cinque tra prigioni e colonie penali» note per essere «brutali, in cui non mancano denunce di torture». 

 Ikea, che ha interrotto i contratti in Bielorussia all’indomani del conflitto ucraino, in una nota afferma di non accettare «mai violazioni dei diritti umani nella nostra catena di fornitura. In tutti i mercati in cui operiamo, siamo chiari sul fatto che le violazioni dei diritti umani non possono convivere col nostro business». 

«Con il nostro approccio a lungo termine, cerchiamo di creare un cambiamento sostenibile ovunque operiamo – aggiunge la nota – . Ci assumiamo seriamente la responsabilità di garantire l'adozione di processi integrati per identificare e ridurre al minimo i rischi attraverso solide attività di due diligence, compresa la verifica da parte di revisori terzi».

«Nel giugno 2021 abbiamo deciso di interrompere lo sviluppo di nuove attività a causa della situazione legata ai diritti umani in Bielorussia – afferma ancora Ikea – e dell'imprevedibilità del contesto esterno. Allo stesso tempo, abbiamo continuato a studiare i successivi passaggi per lasciare il Paese senza mettere a rischio il sostentamento di migliaia di persone che direttamente o indirettamente lavoravano per noi. La guerra in Ucraina e le sanzioni internazionali hanno accelerato questi piani. Nel giugno 2022, IKEA ha deciso di lasciare il Paese e di risolvere i contratti con i fornitori».

Ikea spiega pure che «nel corso delle  attività in Bielorussia» sono stati effettuati «audit regolari in combinazione con la mappatura della nostra catena di fornitura per garantire la conformità ai nostri requisiti. Ogni volta che riceviamo indicazioni di cattiva condotta, le prendiamo sul serio, indaghiamo e agiamo di conseguenza. Ci sforziamo sempre di essere all'altezza dei nostri valori e delle aspettative di chi fa parte della nostra catena di fornitura».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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