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Miccichè risponde al gip e ammette qualche “forzatura” nell’uso dell’auto blu: «Il gatto stava male, lo rifarei»

L'ex presidente Ars indagato per peculato: «Rinuncio alla macchina di servizio»

Di Redazione |

Si è svolto davanti al gip di Palermo, l’interrogatorio di garanzia dell’ex presidente dell’Ars Gianfranco Miccichè, indagato per peculato e truffa in concorso, e del suo autista Maurizio Messina, che risponde del reato di truffa. Al parlamentare i pm contestano l’uso illegittimo dell’auto blu, impiegata, secondo quanto emerge dall’inchiesta, per fini privati, e di aver confermato missioni di servizio, mai svolte, dall’autista che avrebbe incassato così indennità indebite. Entrambi hanno risposto al gip. Secondo quanto si apprende, il deputato regionale avrebbe parzialmente ammesso alcune condotte a lui contestate dai magistrati. A Miccichè il gip ha imposto il divieto di dimora a Cefalù. All’autista l’obbligo di dimora a Palermo e Monreale.

Poi all’Ansa Gianfranco Miccichè ha confermato di avere risposto al giudice: «Il gatto stava malissimo, ha 13 anni. Sì è vero, è stato accompagnato in auto blu dal veterinario. Mia figlia mi diceva di portarlo subito a controllo, e onestamente dico che lo rifarei. Se ho commesso forzature nell’uso della vettura me ne assumo le responsabilità, ma ho fatto tutto in buona fede. Non c’è mai stata da parte miala consapevolezza di commettere abusi».

Poi Miccichè ha annunciato la rinuncia all’auto blu: «Oggi ho scritto all’amministrazione di Palazzo dei Normanni per comunicare che rinuncio all’auto blu. Non lo faccio perché c’è una indagine in corso nei miei confronti, ma perché mi rendo conto che non mi serve».

Miccichè aggiunge: «Sono sereno, ho spiegato al giudice le mie ragioni. Vivo a Sant’Ambrogio, per cui l’auto blu, e il regolamento dell’Assemblea siciliana lo consente, faceva la tratta Palermo-Cefalù. Non ho mai fatto una vacanza con la vettura istituzionale, se ho commesso forzature, come il passaggio al gatto o qualche altra piccola leggerezza, ne pagherò il prezzo, per carità. Rilevo che mi vengono contestati poco più di 2 mila euro». Tra quelle che definisce possibili «forzature» Miccichè cita il trasporto in auto blu da Palermo e Cefalù di alcune teglie di pasta al forno. «Era il mio compleanno, avevo 40 politici invitati. Ho sbagliato? Pagherò». «Sant’Ambrogio, dove vivo e ho la residenza, si trova sopra Cefalù. Non ci sono farmacie, non c’è un bancomat, non c’è un tabaccaio – dice – Se avere chiesto di farmi avere dei farmaci o un prelievo di denaro nell’ambito della tratta prevista per venirmi a prendere è una forzatura allora la pagherò, ma obiettivamente non mi sembrano episodi così grandi».

«Quella frase, “me la possono sucare” non è segno di arroganza ma voleva rappresentare la certezza di essere convinto di non avere commesso alcun abuso in mala fede, se i giudici riterranno che abbia fatto qualche forzatura allora pagherò».

L’avvocato Grazia Volo, che difende Gianfranco Miccichè, ha chiesto intanto la revoca della misura del divieto di dimora a Cefalù disposta dal gip. Miccichè vive e ha la residenza a Sant’Ambrogio, il promontorio che sovrasta la cittadina normanna nel palermitano.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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