Notizie Locali


SEZIONI
Catania 14°

il blitz della polizia

Mafia a Catania, ecco chi sono gli arrestati del clan Pillera Puntina

Di Redazione |

Sono sedici le persone arrestate dalla Polizia nell’ambito dell’operazione Consolazione della Dda di Catania. Tutti sono accudsati a vario titolo di associazione mafiose, estorsione e usura. Il manette sono finiti: Giacomo Maurizio Ieni, inteso “Nuccio u mattuffo”, catanese di 65 anni; Fabrizio Pappalardo, catanese di 55 anni, Nicola Cristian Sebastiano Bonfiglio, catanese di 37 anni, Carmelo Faro, inteso “pallittuni” o “caramella”, catanese di 52 anni, Angelo Magni, catanese di 58 anni, Francesco Nicolosi, inteso “u tenenti”, catanese di 52 anni, Roberto Pappalardo, catanese di 51 anni, Vittorio Puglisi, catanese di 62 anni, David Massimo Puleo, catanese di 50 anni, Giovanni Recupero, inteso “Cicina”, vcatanese di 51 anni, Fausto Russo, inteso “fimminedda”, catanese di 34 anni, Tommaso Orazio Maria Russo, catanese di 65 anni, Giuseppe Saitta, inteso “u bimbu”, catanese di 54 anni, Giacinto Sicali, inteso “u pisciaru”, catanese di 57 anni, Giacomo Pietro Spalletta catanese di 61 anni e Carmelo Podestà, catanese di 36 anni.

Giacomo Maurizio Ieni, Fabrizio Pappalardo, Gaetano Annatelli, Nicola Cristian Sebastiano Bonfiglio, Emanuele Di Stefano, Carmelo Faro, Massimo Faro, Giovanni Faro, Alfio Faro, Angelo Magni, Francesco Nicolosi, Roberto Pappalardo, Giovanni Pittarà, Vittorio Puglisi, David Massimo Puleo, Giacinto Sicali, Giovanni Recupero, Fausto Russo, Tommaso Orazio Russo, Giuseppe Saitta, Giacomo Pietro Spalletta sono accusati di associazione mafiosa perché ritenuti membri del clan "Puntina-Pillera ", facente capo allo storico leader attualmente detenuto Salvatore Pillera, inteso "Turi cachiti". Al vertice, secondo gli investigatori ci sono Giacomo Maurizio Ieni e Fabrizio Pappalardo. Il clan si occupa di estorsioni, furti, ricettazioni, usura, e atti per acquisire la gestione o comunque, il controllo di attività economiche.

Tommaso Orazio Maria Russo e Giacomo Pietro Spalletta sono accusati anche per le minacce a Paolo Barravecchio per costringerlo a consegnare 9.300 euro (ma Barravecchio ha denunciato alla Polizia).

Gaetano Annatelli, Carmelo Faro, Giovanni Faro, Massimo Faro, Fabrizio Pappalardo, Giacinto Sicali, Giovanni Recupero sono accusati di estorsione: Giovanni Faro si è recato nel panificio di via Orto dei Limoni di proprietà di Umberto Campolo pretendendo da questi il pagamento immediato della liquidazione spettante a sua figlia Valentina per l' attività lavorativa prestata alle sue dipendenze e per averlo picchiato dicendogli che avrebbe dato fuoco all'esercizio e nell' avere, successivamente, gli altri indagati fatto ingresso all' interno del panificio sito in via Orto dei Limoni, devastando il locale e le attrezzature, colpendo con dei caschi i due operai che stavano lì lavorando, e costringendo Campolo a versare una somma di denaro a titolo di liquidazione in favore di Valentina Faro, figlia di Giovanni.

Gaetano Annatelli, Carmelo Faro, Giovanni Faro, Massimo Faro, Fabrizio Pappalardo, Giacinto Sicali, Giovanni Recupero sono accusati dell’aggresione ai dipendenti del panificio di via Orto dei Limoni, costringendoli a chiudersi dentro il bagno e a non uscire da lì durante tutte le fasi della devastazione dei locali.

Massimo Faro, Giovanni Faro, Fabrizio Pappalardo, Fausto Russo, Giacomo Pietro Spalletta devono anche rispondere del fatto di essersi presentati con altri soggetti non identificati, a bordo di sei ciclomotori presso il panificio di via Fiorita di Catania di proprietà di Agostino Campolo e Aurora Privitera, proferrendo nei confronti di quest'ultima espressioni quali «Se non mi dici dov'è tuo marito scippamu a testa a te e ai bambini» e quindi proferendo nei confronti di Campolo espressioni quali «Se non dici la verità ammazzo a te e la tua famiglia … il panificio domani deve restare chiuso se no ti ammazziamo la famiglia … Domani nun rapiri stu panifìciu picchì se no ti finisci mali. .. ti scippamu a testa e tambicu da sutta».

Giovanni Faro, Fausto Russo per avere, in concorso fra loro (e con Cataldo Aldo Battiato, nei cui confronti si è proceduto separatamente), per avere ricevuto, custodito e ceduto a Battiato, lo scooter Piaggio Liberty provento di un furto e perché, in concorso fra loro e con Antonino Cosentino e Pietro Molino, con minacce implicite, hanno chiesto il riscatto per restituite un altro scooter rubato.

Carmelo Faro, Fabrizio Pappalardo perché, in concorso con Roberto Pappalardo – nei confronti del quale si è proceduto separatamente – e con Antonino Battiato, Marco Brischetto e Salvatore Messina, mediante minacce implicite di gravi ritorsioni contro l'incolumità personale e contro l'integrità dei beni aziendali, rappresentando che le somme richieste erano destinate a soggetti detenuti costringevano Giuseppe Quaranta, comproprietario dell'esercizio commerciale denominato "Pasticceria Quaranta", di Piazza Mancini Battaglia a Catania, a versare a Pasqua ed a Natale, la somma contante di 2.500 euro (per complessivi 5.000 euro) nonché, in occasione del Natale 2014, a consegnare anche cinque ceste natalizie contenenti prodotti del citato esercizio (ciascuna delle quali del valore di 180 euro), altre sette ceste natalizie, dell' importo complessivo di 900 euro e, infine, a praticare sconti sui prodotti dolciari acquistati, per ottenere la "protezione" dell' attività imprenditoriale.

Fausto Russo è accusato, in concorso con altri soggetti allo non identificati, di essersi recato presso il cantiere edile di via Monserrato a Catania, dove erano in corso lavori di sbancamento commissionati dal proprietario dell' immobile alla ditta di Alfio Russo, dicendo che erano "della zona" e che senza la loro autorizzazione lì non si poteva lavorare: "E’ buona abitudine che quando uno viene a casa mia si dovrebbe presentare, cercatevi un amico». Il tutto allo scopo di farsi consegnare somme di denaro. Ma le vittime hanno comunque denunciato.

Carmelo Faro perché si era recato da un imprenditore al quale aveva prstato solidi a usura: in particolare, dopo un primo prestito dell'importo di circa 4.000-5.000 euro per il quale veniva pattuita la consegna a cadenza mensile di interessi pari al 10% della somma erogata, che venivano corrisposti dalla vittima per circa 3 mesi, sino alla effettiva restituzione del capitale ricevuto in prestito; quindi, nel 2016, a fronte di un ulteriore prestito di 7.000 euro, si faceva dare da quest' ultimo la somma mensile a titolo di interessi pari a 700,00 euro, interessi che venivano corrisposti nei mesi di febbraio, marzo e aprile 2016, sino a quando nel mese di maggio 2016 la persona offesa era costretta a consegnare 9 assegni dell'importo di 1.000 euro ciascuno, ai quali seguiva un ultimo assegno dell'importo di 1.000 euro nel mese di febbraio 2017.

Vittorio Puglisi per avere detenuto illegalmente un' arma da sparo, segnatamente una pistola calibro 38 a tamburo, di marca ignota.

Carmelo Podestà e Vittorio Puglisi perché si facevano dalla loro vittima di usura in cambio di un primo prestito dell' importo di circa 5.000 interessi pari al 10% della somma erogata, che venivano corrisposte in 14 rate dell' importo ciascuna di euro 500; con riguardo ad un secondo prestito dell' importo di euro 4.000,00 veniva pattuita la consegna mensile di euro 400 da onorare fino alla richiesta di estinzione totale del debito che doveva essere formulata con interessi dempre del 10%COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA