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Palella, i peccati di gioventù dell’Elon Musk siculo nella Milano da bere

Di Mario Barresi |

Eppure sotto il Vulcano c’era chi quelle «brutte storie» sul suo conto le conosceva. Quando nel 2013 Salvatore Palella – guru della smart mobility mondiale, incoronato come «il nuovo Elon Musk italiano» – tornò nella sua Acireale per l’eroico acquisto della società di calcio, qualche “grillo parlante” aveva avvertito istituzioni, tifosi e cittadini che «questo ragazzo ha qualcosa da nascondere». Palella – oggi Ceo di Helbiz, leader europeo del noleggio di monopattini elettrici, valutato 160 milioni di dollari – racconta la sua esperienza da presidente come «molto bella, guidata dal cuore», con «il solo rammarico di non essere riuscito a vincere il campionato». In realtà è un flop, come raccontato ieri da La Sicilia, fra ricatti mafiosi e stipendi non pagati, acquisti smentiti e sponsor sfumati, creditori e gialli da chirurgia estetica.

Ma in città, prima del trionfale giro di campo al “Tupparello”, in un tripudio di sciarpe granata e belle donne, giravano già voci sulla sua creatura dell’epoca: Witamine Srl, azienda di «consulenza amministrativo-gestionale e pianificazione aziendale». Nello storytelling dei cantori delle start up, ricorre un’epopea alimentata col copia&incolla web: fondata nel 2006 dal diciannovenne Palella, sarebbe stata un successone: «Dopo soli quattro anni, c’erano più di 50.000 macchine in tutta Europa e nel Medio Oriente, e la società poteva contare su oltre 1.000 dipendenti». Qualcuno narra pure di una non meglio precisata vendita di Witamine Srl per 50 milioni all’estero.

È davvero così? No. Oggi la società italiana, di cui Palella era amministratore unico, risulta liquidata dopo un concordato preventivo omologato dal Tribunale di Milano il 15 marzo 2013 e archiviato il 1° marzo 2019. Ma all’inizio dello scorso decennio è un marchio di tendenza sotto la Madonnina. «Witamine, quando gli agrumi diventano moda giovanile», il trionfale titolo di un sito di settore nel 2011, quando «il brand del gruppo Palella» lancia al Salone del Mobile «la prima collezione di t-shirt e felpe dedicata ai giovani e ispirata ai colori della frutta, alla vitalità e alla freschezza». Ed è proprio nella “Milano da bere” che cominciano i guai giudiziari per l’imprenditore siciliano, poi finito – da vittima, che però si rimangia le accuse ai presunti estorsori, fra cui il boss Enzo Ercolano – nel processo “Caronte” a Catania.

Il prequel è l’operazione della Dia di Milano su mafie e movida dell’agosto 2011. Sequestro di beni per 15 milioni (locali notturni, ristoranti e società) a carico, fra gli altri, di Guglielmo Fidanzati, già in carcere nell’aprile dello stesso anno per traffico di droga: nove chili di cocaina in asse con ‘ndrangheta e criminali dell’ex Jugoslavia. Fidanzati ha un cognome pesante: è il figlio del palermitano Gaetano “Tanino” Fidanzati, capo mandamento di Arenella-Acquasanta, catturato quand’era nella “top 20” dei latitanti più pericolosi d’Italia (lo ritenevano il numero due di Cosa nostra dopo Matteo Messina Denaro), poi morto nel 2013. Fidanzati Jr. eredita dal padre blasone e affari. A Milano fa la bella vita e viene coinvolto nel sequestro di beni ritenuti oggetto di riciclaggio dei soldi della cocaina. L’erede al trono della mafia milanese morirà un anno dopo il padre, col processo in corso.

Ma che c’entra Palella con questa storia? Nel decreto di sequestro del 2011 c’è anche la sua Witamine. Uno degli indagati, Michele Cilla (storico gestore del Byblos e braccio destro di Fidanzati; il suo nome ricomparirà nella strana rapina a Lele Mora: 40mila euro in contanti per comprare champagne in un campo rom nel 2019) ne parla come «un mezzo per allargare gli affari». La Witamine è fra le società alle quali il gip di Milano mette i sigilli, in quanto «dalle conversazioni captate emerge un evidente ruolo di dominus» di Cilla. Capitale sociale 10mila euro, amministratore unico Palella, allora residente a Cesena, del quale i magistrati sottolineano «il ruolo di subordine» rispetto a Cilla, che «dispone dell’operato del suo prestanome». La società sarà dissequestrata; Cilla nel 2014 patteggerà 10 mesi per associazione a delinquere e intestazione fittizia di beni in continuazione con altri reati di processi diversi.

Ma l’enfant prodige acese, all’epoca poco più che ventenne, viene citato più volte nel decreto di sequestro. Intercettato con un certo Nando, Cilla dice di aver parlato con Palella di un contratto di promozione e pubblicità con «la proprietà dell’amaro Lucano» e con Oscar Farinetti, in vacanza in barca, a proposito di «un mandato di seguire Eataly». Ma il giovane Palella, da ciò che emerge dalle carte giudiziarie, ha per lo più un ruolo di spicciafaccende, come «preparare cambiali per 30mila euro», o «pagare l’affitto di Mario con tre cambiali da 5mila» con «una lettera di accompagnamento su carta intestata Witamine, deve essere tutto preciso». Cilla consiglia a Palella di «non presentarsi come Witamine» con un interlocutore perché «se vede un ragazzino giovane… dice questo mi ha firmato le cambiali…». E un socio, Marco D’Arrigo (messinese trapiantato a Milano, proprietario del 75% di Witamine Vending, al 25% di Witamine Srl, poi noto come pasticcere-manager di “California Bakery”, oggi in crisi), ricostruisce il gip, «si lamenta del comportamento poco professionale» di Palella e del «credito che vanta nei confronti di quest’ultimo», ma soprattutto delle «situazioni pietose» in cui lo ha «messo in difficoltà». Ma «il problema è che Salvatore ha 22 anni e se fa assegni non coperti si deve assumere le sue responsabilità», dice. Minacciando che «siccome s’è scocciato», «lo farà protestare così per cinque anni non potrà staccare assegni».

(qui sopra nella foto con Lele Mora)

Ed è forse a questi trascorsi milanesi che si riferisce il boss Ercolano. In un dialogo con Palella (che non riesce a pagare i 15mila euro chiesti da Santo Massimino per il logo dell’Acireale Calcio), agli atti del processo “Caronte”, il fratello del killer di Pippo Fava dice all’imprenditore: «Palella … Palella … Ascoltami Palella … cu si cucca chi picciriddi, a matina agghiorna cacato … l’hai capito?». Per poi incalzarlo: «Che la verità è che fai le truffe … hai 23 anni ed è 5 anni che l’hai messo in culo a tutta Italia…». L’intercettazione è del 13 ottobre 2013. Ercolano e Massimino saranno assolti, sei anni dopo, dall’accusa di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso.

In una visura del 12 aprile 2013 (all’epoca realizzata da creditori acesi), il futuro “re dei monopattini” risulta iscritto al Registro protesti della Camera di Commercio di Milano per due cambiali da 50mila euro, con numero di repertorio rispettivamente 178209 e 178407, con la stessa motivazione: «Il domiciliatario non paga per mancanza di istruzioni».

Oggi Palella ha messo radici a New York, dove vivono la moglie Samantha Hoopes, ex modella di Sports Illustrated e il figlio George W., la cui nascita è stata partecipata al mondo affittando il mega-tabellone in Times Square. Ma Milano resta nel cuore. Per gli affari (i monopattini, con flotta passata da 2.250 a 6.000 mezzi, ma anche la e-bike “Greta”) che si mischiano alle amicizie vip. Scrive Dagospia nel marzo 2019: «Durante la settimana della moda, tutti all’interno del quadrilatero milanese si chiedevano cosa ci facessero insieme così assiduamente l’ex calciatore Borriello, il ricchissimo imprenditore siciliano Palella e l’ex banchiere Ponzellini. Summit tra il Four Season, l’hotel Bulgari, il ristorante Salumaio. La domanda è una: di cosa si stavano occupando?». Una risposta la darà MilanoFinanza: Marco Borriello è interessato a investire in Helbiz, il monopattino che piace alla gente che piace. Compresa Diletta Leotta, testimonial social a Sanremo.

(Qui sopra a sinistra il decreto di sequestro di Witamine Srl nel 2011; a destra l’archiviazione del concordato che nel 2019sancisce il fallimento della società fondata nel 2006)

Tutti pazzi per Salvo Palella. Tranne chi l’ha incrociato nella “vite precedenti”. Nell’Acireale dei tifosi delusi e dei creditori. Come Rocco Musolino, imprenditore nel noleggio auto con conducente, che da teste al processo etneo ricorda di «essere stato truffato da Palella per la somma di 86mila euro». Ma anche a Milano, nuova capitale green, c’è chi ricorda Palella con un profilo diverso da quello oggi strombazzato su social e riviste patinate. Non si tratta di rigurgiti d’invidie provincialotte, ma di ricordi nitidi. Su fatti. E atti. Giudiziari.

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