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Stretto di Messina, la Caronte&Tourist sotto sequestro: «Ha agevolato la ‘ndrangheta»

Di Redazione |

CATANZARO – La società “Caronte & Tourist”, azienda privata di traghetti che copre la tratta fra la Calabria e la Sicilia attraverso lo Stretto di Messina, è stata posta sotto sequestro.

La società del valore di 500 milioni è stata messa sotto amministrazione giudiziaria dalla Dia di Reggio Calabria.

Secondo quanto sarebbe emerso dalle indagini della procura distrettuale reggina diretta da Giovanni Bombardieri, e che ha portato al provvedimento emesso dal Tribunale – Sezione Misure di Prevenzione, la società avrebbe agevolato in qualche modo affiliati alla ‘ndrangheta.

Durerà sei mesi l’amministrazione giudiziaria della «Caronte & Tourist» disposta dalla sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria

«Mi preme però sottolineare – ha affermato il procuratore di Reggio Calabria Giuseppe Bombardieri – che la misura dell’amministrazione giudiziaria presuppone che il titolare dell’azienda sia terza rispetto ai soggetti pericolosi».

«Non si parla di controllo dell’azienda – ha spiegato Bombardieri -. Ove ci fosse stato un controllo, ben altre sarebbero state le misure da adottare. Qua non stiamo parlando di un sequestro finalizzato alla confisca ma di un’amministrazione giudiziaria svolta nell’interesse della stessa società per consentire di bonificare quelle situazioni che si sono verificate. È evidente che si parla di agevolazione che si è sviluppata con quei servizi che hanno consolidato le cosche di riferimento di determinati soggetti. Il collaboratore di giustizia Cristiano ci dice che c’è stato un patto di non belligeranza con la cosca Bertuca che non si interessava delle vicende della Caronte in quanto sapeva che c’erano i Buda-Imerti».

«Quello di oggi è sicuramente tra i più importanti provvedimenti di amministrazione giudiziaria che siano mai stati eseguiti in Italia» ha detto il procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo che ha ricordato l’inchiesta «Breakfast» sugli interessi e l’operatività del gruppo Matacena nel settore del traghettamento sullo Stretto di Messina.

«Le vicende della società che ha gestito il traghettamento sullo Stretto storicamente ha suscitato gli interessi mafiosi – ha aggiunto il procuratore aggiunto Gaetano Paci -. Quello che è stato focalizzato con il provvedimento di oggi è che questi interessi mafiosi nel tempo hanno trovato un radicamento attraverso lo sfruttamento delle capacità imprenditoriali della società. Nel fare questo si è tenuto conto del ruolo criminale di questi soggetti».

“Caronte”, dal 19 giugno del 1965, di fatto detiene il monopolio dell’attraversamento navale dello Stretto di Messina. La societa’, su impulso di armatori napoletani, i fratelli Amedeo e Elio Matacena, avviò le attività proprio in quella data collegando Reggio Calabria con Messina. Solo dopo tre anni, nel 1968, la “Tourist ferry boat”, di proprietà della famiglia Franza, avvierà la rotta Messina-Villa San Giovanni, iniziativa che porterà al patto di fusione concordata nel 2003, alleanza tra i due gruppi armatoriali tutt’ora solida.

La società, nel corso di questi anni, ha subito anche i contraccolpi di alcune inchieste giudiziarie che ne hanno offuscato l’immagine: l’arresto di Francantonio Genovese, socio dei Franza, deputato all’Ars per il Pd poi transitato nel centrodestra, per una questione legata alla gestione di fondi per la formazione professionale, e l’ancor più grave condanna definitiva a tre anni di reclusione emessa dalla Corte di Cassazione per concorso esterno nella ‘ndrangheta, a carico di Amedeo Matacena junior, ex parlamentare di Forza Italia, adesso latitante a Dubai.

Genovese e Matacena, per “Caronte&Tourist spa”, «sono stati troppo spesso erroneamente accostati dagli organi di informazione alla società», e il loro ruolo, dall’Ufficio comunicazione della società, viene descritto come «irrilevante nella gestione aziendale».

Dopo la fusione del 2003, il gruppo ha macinato risultati finanziari di tutto rilievo, fino a dichiarare, nel 2017, un patrimonio aziendale di 30 navi, con 1200 addetti e circa trecento milioni di euro di fatturato.

Con l’operazione di oggi, denominata «Scilla e Cariddi», sarebbero emersi anche i rapporti tra la Caronte&Tourist e l’imprenditore Domenico Passalacqua già condannato in via definitiva per associazione mafiosa nel processo Meta. Entrambi dipendenti del vettore marittimo, Domenico Passalacqua e Massimo Buda, secondo gli inquirenti, erano i portatori degli interessi della ‘ndrangheta, agevolati da Caronte&Tourist Spa. In particolare si tratta di interessi economici legati alle imprese, riconducibili ai due soggetti, che si occupano di vari servizi all’interno delle navi che fanno la spola tra le coste siciliane e quelle calabresi. In sostanza Buda e Passalacqua avrebbero potuto gestire, ricavandone ingenti profitti, i servizi di bar-ristorazione e quelli di pulizia e disinfestazione a bordo delle imbarcazioni, nonché i servizi di prenotazione per gli autotrasportatori che si imbarcano sui traghetti del Gruppo Caronte&Tourist. Le cosche avrebbero gestito anche l’assunzione di personale al quale era garantita la retribuzione anche durante la latitanza o la detenzione.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA