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I Neanderthal che non ti aspetti: cucinavano cervi e tartarughe

Gli elementi scoperti in alcune grotte in Portogallo

Di Enrico Battifoglia |

Non soltanto sapevano accendere il fuoco, ma avevano imparato a controllarlo, alimentandolo e utilizzandolo per scaldarsi, per difendersi dagli animali e per cucinare gli uri, ossia gli antenati del bue, tartarughe, capre, cervi, cavalli e perfino rinoceronti, mentre nelle grotte vicine al mare consumavano cozze, pesci, molluschi e anche pinoli tostati: i Neanderthal continuano a riservare sorprese.

Dopo i gioielli e gli ornamenti, le sepolture e gli strumenti musicali, adesso una ricerca ha portato alla luce i loro focolari, descritti sulla rivista Plos One e coordinata da João Zilhão, dell’Università di Lisbona, autore dello studio con l’archeologo Diego Angelucci dell’Università di Trento e Mariana Nabais dell’Istituto catalano per la Paleoecologia umana e l’Evoluzione sociale di Tarragona.

La Gruta de Oliveira fa parte del sistema carsico di Almond ed è stata occupata per decine di migliaia di anni. «Per molto tempo ci siamo occupati di scavare siti del Paleolitico medio e del Paleolitico superiore in tutta la penisola iberica, alcuni sulla costa e altri all’interno», dice all’ANSA l’archeologo, riferendosi alle epoche in cui sono vissuti, rispettivamente, i Neanderthal e i Sapiens. “Almond è una specie di ‘supermercato della preistorià per la varietà e ricchezza di manufatti e resti che abbiamo ritrovato negli anni», dice Angelucci all’ANSA. E’ un grande complesso, con grotte a quote diverse, gallerie e anfratti, i cui strati più antichi risalgono a circa 120mila anni fa e i più recenti a circa 40 mila. Si ritiene che i Neanderthal lo abbiano abitato fra 100 ai 70mila anni fa.

«La scoperta dei focolari – osserva l’archeologo – ha ribaltato la prospettiva: fra i Neanderthal e i Sapiens non c’erano differenze significative e bisogna cominciare a chiedersi perché i Neanderthal debbano essere considerati una specie diversa rispetto ai Sapiens». Di focolari, prosegue, «ne sono emersi una decina su vari livelli stratigrafici, con la forma circolare inconfondibile, a conca, riempita di resti». Accanto e dentro, i segni inequivocabili dell’abitudine a cuocere il cibo: «abbiamo trovato ossa bruciate, legname combusto, resti di cenere e di pasto bruciati. E sotto il terreno scottato dal calore: un particolare importante – osserva lo studioso – perché ci dice che la struttura si trova in posizione primaria. Ed è sempre stato lì. Il fuoco è un elemento fondamentale nella loro vita quotidiana. Rende un luogo confortevole, aiuta a socializzare. Restituisce quell’idea rudimentale di ‘casà che forse potrebbe valere anche per loro». L’analisi dei resti ha permesso di ricostruire la dieta, molto varia, dei Neanderthal. «Studiando una grotta più recente abitata dai Sapiens, non abbiamo trovato alcuna differenza», osserva Angelucci.

Resta da scoprire come accendessero il fuoco: «forse come si faceva nel Neolitico, ossia battendo una selce su una roccia e producendo scintille che producevano l’innesco in altri oggetti, ad esempio un nido secco. Una tecnica preistorica che si è scoperta studiando Utzi, l’uomo del Similaun. Ma al momento non abbiamo trovato evidenze».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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