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l'intervista

Fondi Ue, la Sicilia va bene (ma non benissimo): la pagella del direttore Sluijters

Il capo unità della Direzione Regio: «La vostra Regione è quasi ok, ma potrebbe fare ancora meglio»

Di Michele Guccione |

Con un avvio lento e con uno sprint finale, la programmazione regionale siciliana 2014-2020 dei fondi europei per le Politiche di coesione si avvia al termine. Entro fine anno la Regione dovrà rendicontare alla Commissione europea gli ultimi interventi, per poi passare all’avvio dei nuovi programmi Fesr (infrastrutture, energia e ambiente) e Fse+ (formazione, lavoro e welfare). Dunque, è tempo di bilanci e, per raccontare nel modo più asettico e imparziale i risultati del Piano abbiamo scelto il punto di vista di chi ne cofinanzia la quota principale, cioè l’Unione europea.

A Bruxelles chi si occupa di coniugare i rigidi criteri europei con le emergenze della Sicilia è Willibrordus Sluijters, che all’interno della Commissione europea è Capo unità della Direzione “Regio” per la Politica regionale e urbana e per la crescita intelligente e sostenibile e attuazione dei programmi IV in Italia e a Malta. Sluijters è di casa in Sicilia perché segue tutte le periodiche riunioni dei Comitati di sorveglianza che monitorano l’andamento della spesa dei fondi europei delle regioni e, quindi, anche di quelli della Sicilia. E, a differenza delle polemiche cui siamo abituati su sprechi e ritardi, il suo giudizio tecnico è tutt’altro che severo: anzi, è inaspettatamente benevolo e soddisfatto. Così come è generoso di consigli per la nuova programmazione.

Lei ha seguito lo svolgimento del Programma operativo regionale della Sicilia 2014-2020 e nelle riunioni del Comitato di sorveglianza ha preso atto delle varie rimodulazioni: dal suo punto di vista e in base ai risultati, la Sicilia esce migliorata dopo l’utilizzo di questi fondi, o la spesa non ha inciso abbastanza?

«La Sicilia è una delle regioni europee che riceve uno dei maggiori contributi finanziari dal Fesr; pertanto, la sua performance è attentamente monitorata a livello dell’Ue. Per quanto le risorse del Fesr Sicilia siano importanti (4,2 miliardi nella programmazione 2014-2020), vi sono componenti macroeconomiche e di contesto che influenzano i risultati che si possono ottenere. Per il 2014-2020 mi riferisco, in particolare, alle crisi Covid ed energetica. Ambedue hanno fortemente inciso sulle priorità del programma regionale e, dunque, sui risultati. Abbiamo riallocato somme importanti per salvaguardare imprese in difficoltà a causa del Covid e per l’acquisto di materiale sanitario e, dopo, per aiutare imprese e cittadini ad affrontare i costi energetici aumentati. Questo vuol dire che i finanziamenti per obiettivi più strutturali sono venuti meno».

Quali sono stati i punti qualificanti di questa programmazione che si avvia al termine, visti da Bruxelles?

«La programmazione 2014-2020 siciliana ha ottenuto risultati soddisfacenti, in particolare nel settore dei trasporti. Purtroppo, però, in aree ritenute strategiche per la programmazione europea, quali l’ambiente, la transizione energetica ed il rischio idrogeologico, i risultati sono rimasti largamente al di sotto delle attese. Inoltre, l’ultima riprogrammazione in via di approvazione ha visto calare almeno del 30% le risorse destinate a tali scopi. Anche durante la recente visita a Palermo della Commissaria Ue per le Politiche regionali, Elisa Ferreira, è stata sottolineata l’esigenza di rafforzare la capacità amministrativa della Regione per riuscire ad assicurare migliori risultati per il ciclo 2021-2027 che sono cruciali per gli obiettivi del “New Green Deal”».

I fondi europei, sotto varie fonti, finanziano anche numerose iniziative di eccellenza che si stanno realizzando in Sicilia, fra queste il centro di Biotecnologie Ri.Med. a Carini, il programma “Km3NeT” dell’Istituto nazionale di fisica nucleare a Capo Passero, il telescopio “Flyeeye” a Isnello. Secondo lei, si dovrebbe puntare di più sull’innovazione, come in questi casi, rispetto ai settori tradizionali? O sviluppare di più il turismo introducendo col Por una fiscalità di vantaggio per le imprese del settore?

«Il programma Fesr Sicilia punta ad integrare varie componenti del potenziale sviluppo regionale, la ricerca e l’aiuto alle imprese, l’ambiente e la transizione energetica, i trasporti sostenibili ed il supporto alle aree interne e urbane. Un programma regionale di successo deve riuscire a sviluppare insieme queste componenti, tenendo conto che nel programma Fesr 2021-2027 la Regione siciliana ha deciso di allocare il 41% delle risorse per la componente ambiente e energia. Il turismo può essere un fattore pertinente per lo sviluppo, ma necessita di essere integrato in una politica di intervento più ampia, che consenta all’Isola di essere competitiva anche sui fronti più avanzati dell’economia».

Cosa si sarebbe potuto fare di più e meglio in questa programmazione? Quali sono le criticità che restano da risolvere? C’è il rischio di perdere risorse a fine 2023?

«Le questioni relative al deficit di capacità amministrativa che hanno inciso sull’attuazione del periodo 2014-2020 dovrebbero essere affrontate immediatamente, considerando, in particolare, che il nuovo programma prevede che gli enti locali attuino interventi per un valore fino a 1,7 miliardi, un aumento significativo rispetto al periodo 2014-2020. È necessario avviare rapidamente una lista di progetti per le priorità che hanno subìto ritardi nell’attuazione del programma 2014-2020, come gli investimenti nei settori ambientali, in particolare le acque reflue e i rifiuti, nonché gli investimenti nell’efficienza energetica e nell’ambito delle strategie territoriali (agenda urbana e strategie per le aree interne). Infine, è essenziale sfruttare le possibilità offerte dal programma 2021-2027 per stimolare la competitività e avviare la transizione verso un’economia più verde e più digitalizzata. Gli investimenti nell’ambito del programma dovrebbero contribuire ad aumentare le opportunità di occupazione per i giovani e a invertire il processo di fuga dei cervelli».

Dal punto di vista delle infrastrutture, la Sicilia, che subisce i disagi derivanti dalla condizione di insularità, ha un enorme bisogno di rafforzare la rete dei trasporti su gomma, ferroviari e marittimi. Inoltre, come lei ben sa, il governo nazionale punta a realizzare anche il Ponte sullo Stretto di Messina e si parla di cofinanziarlo con fondi europei. Come la Commissione europea può intervenire concretamente per risolvere queste emergenze e per finanziare il Ponte?

«I programmi Fesr Sicilia hanno finanziato a varie riprese i trasporti ferroviari e stradali (vedi, ad esempio, la ferrovia Circumetnea a Catania e, a Palermo, l’anello ferroviario e il tram, in Sicilia centrale la Agrigento-Caltanisetta e nella parte orientale la Siracusa-Gela). Nel ciclo di programmazione 2021-2027 e in linea con il “New Green Deal”, l’“Accordo di Partenariato” considera prioritari gli investimenti nella mobilità sostenibile, cioè nelle infrastrutture ferroviarie, tranviarie, ecc. Le infrastrutture stradali sono limitate all’ammodernamento selettivo delle strade secondarie che collegano le aree interne, al fine di migliorare l’accessibilità e la sicurezza. Riguardo al Ponte sullo stretto di Messina, l’“Accordo di Partenariato” italiano non prevede investimenti infrastrutturali di questo tipo, né lo prevede, tra l’altro, il recente “Piano dei Trasporti” siciliano. Il fabbisogno di investimenti finanziari previsto (13 miliardi di euro) presentato dalle autorità nazionali è di gran lunga superiore al bilancio dei programmi di coesione delle regioni coinvolte».

Si avvia l’iter per definire i contenuti della nuova programmazione 2021-2027, che questa volta saranno stabiliti in base all’“Accordo di coesione” tra il ministero degli Affari europei, Sud e Coesione e la Regione siciliana. Quali consigli si sente di dare a chi dovrà prendere queste decisioni?

«Prima di tutto, l’iter per la programmazione 2021-2027 è stato pienamente definito e il programma è stato approvato a dicembre 2022, quindi siamo in fase di esecuzione e non di definizione del programma. L’“Accordo di coesione” è competenza interna dello Stato membro e delle Regioni e, quindi, la Commissione europea non si esprime sul merito della proposta. Tuttavia, auspichiamo che gli “Accordi di coesione” tra lo Stato e le Regioni siano conclusi rapidamente per evitare ulteriori ritardi della disponibilità del cofinanziamento nazionale dei programmi Fesr/Fse».

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