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Il commento

Una società di sonnambuli dinnanzi alla rapida diffusione delle dipendenze

Precoce l’approccio di adolescenti al micidiale crack e alle nuove sostanze continuamente immesse sul mercato

Di Giorgio De Cristoforo |

Si fa sempre più breve la durata dell’emozione e dell’indignazione di fronte anche ai fatti più drammatici di questo tempo come se ci abituassimo a tutto. Si alza la soglia dell’assuefazione, che un tempo era lenta e graduale e oggi appare tremendamente rapida grazie anche all’accelerazione tecnologica della comunicazione. L’ultimo rapporto del Censis, l’autorevole centro di studi e di interpretazione dei fenomeni sociali, ha ravvisato in Italia una società come affetta da sonnambulismo, «precipitata in un sonno profondo del calcolo raziocinante che servirebbe per affrontare dinamiche strutturali, di lungo periodo, dagli effetti potenzialmente funesti».

Ci “abituiamo”. E rischiamo di essere sonnambuli di fronte alle guerre feroci in Ucraina e in Israele e in Sudan e neppure ricordiamo che sono più di cento oggi i conflitti in corso e che aumenta il rischio di una guerra mondiale. Osserviamo da sonnambuli l’aumento della povertà (secondo l’Istat un italiano su dieci vive nell’indigenza, ma in Sicilia sono ancora di più) e della precarietà del lavoro, della “fuga di cervelli” dalla nostra isola, e tanto altro. Con un’assuefazione diffusa rischiamo di essere sonnambuli di fronte alla rapida diffusione delle dipendenze patologiche: da droga, alcol, gioco d’azzardo, abuso di social, e altro ancora. Fenomeni che sono mine vaganti nella società di oggi, e minacciano di condurre a devastazioni irreparabili nella società di domani.

La rassegnazione

Cresce la tendenza all’accettazione rassegnata e alla “normalizzazione” anche all’interno delle famiglie. Ma c’è anche peggio: «I genitori coadiuvano e supportano i figli, appena maggiorenni (e gli amici di questi ultimi) nell’acquisto della droga, assumendo una pericolosa posizione di primus inter pares rispetto a loro, in virtù della quale essi, i genitori, anziché dissuadere i giovani dall’uso delle droghe si ergono, in maniera complice, a interlocutori diretti dei pusher». Così ha scritto, ricavandolo da intercettazioni e pedinamenti, il magistrato che il mese scorso ha firmato l’ordinanza che ha disposto a Caltanissetta l’arresto di una decina di spacciatori. Parole terribili, drammatiche, che disegnano uno scenario educativo agghiacciante, e contesti familiari inammissibili.

Il progetto

Non tutto è così, certo, fortunatamente. Ma esistono anche siffatte patologie familiari e sociali, e non possiamo ignorarle. Per questo è essenziale la prevenzione: rivolta ai giovani, alle famiglie, alle agenzie educative prima fra le quali la scuola.

Nasce anche da questo il progetto “La Persona al centro” dell’Associazione Casa Rosetta onlus, che – approvato e ammesso a un contributo dal Dipartimento per le politiche antidroga della Presidenza del Consiglio – si sta avviando in questi giorni nelle province di Caltanissetta, Agrigento ed Enna per una vasta campagna di prevenzione tra gli adolescenti e di formazione/aggiornamento per i docenti in sinergia con le Asp, l’ufficio scolastico regionale e le scuole superiori delle tre province, i servizi sociali distrettuali, Caritas e altre associazioni di volontariato. Il titolo “La Persona al centro” riprende i valori fondanti di Casa Rosetta (fondata a Caltanissetta quarant’anni fa da don Vincenzo Sorce, che si era fatto prete «per Cristo che si mette dalla parte dei più poveri, dei più deboli, e non li illude con la demagogia dei discorsi a effetto, Cristo che non è un tranquillante per i ricchi e un sonnifero per i poveri»). La persona è al centro dell’impegno associativo, in una relazione di prossimo; la persona nella sua integralità perché non si può trattare come problema a sé stante la dipendenza da sostanze o qualunque altra patologia, bisogna prendersi cura della persona nella sua interezza. E ancora meglio, e più importante e più utile, è prendersi cura della persona prima che cada nella dipendenza.

Questo progetto – che ha raccolto tra le istituzioni partner molte significative e rilevanti disponibilità alla sinergia – resterà, certo, una goccia a fronte dell’oceano di bisogni che ci sono anche nella nostra isola. Un certo sonnambulismo sembra, e non da ora, chiudere gli occhi di politica e istituzioni. In Italia la legge sulla droga e sul suo contrasto è vecchia di oltre trent’anni (è la 309 del 1990), e restano “allo studio” ha le proposte fatte nel 2021 a conclusione della conferenza nazionale promossa dal governo. Il sottosegretario Mantovano, che ha la delega per le politiche sulle dipendenze, ha mostrato attenzione e buone idee, ma il governo si dà altre priorità.

Il “caso siciliano”

In Sicilia è ancora peggio, e ci si rifà a una legge vecchia di quarant’anni (21 agosto 1984 n. 64): non c’è un’articolazione regionale dei livelli essenziali di assistenza (Lea) in materia di dipendenze; ci sono soltanto novecento posti in comunità residenziali per adulti, mancano comunità anche semiresidenziali per i minori, non ci sono comunità per persone con doppia diagnosi (diffusissima la presenza di patologie psichiatriche accanto alla tossicodipendenza). Fiduciosi, a nome delle comunità siciliane affiliate alla Federazione italiana Fict lo segnalammo, con alcune proposte (attraverso i canali istituzionali di comunicazione, non volendo affidarci a “padrinati” di alcun genere) anche al presidente della Regione Schifani sia prima sia dopo le elezioni regionali del 2022 ma non ricevemmo neppure risposta.

Il fenomeno

Intanto il fenomeno cresce e si aggrava ed è sempre più precoce l’approccio di adolescenti (anche 12-13 anni) al micidiale crack e alle nuove sostanze continuamente immesse sul mercato. L’ultima relazione annuale del Dipartimento politiche antidroga ha rilevato un aumento del 27% (rispetto all’anno precedente) del consumo di almeno una sostanza illegale in età 15-29 anni; e ha segnalato “una sempre più frequente concomitanza anche di altre dipendenze (alcol, gioco d’azzardo, uso di internet a rischio, bullismo e cyberbullismo)” e “la necessità di considerare numerose dimensioni di fragilità in questa delicata fase dello sviluppo e l’urgenza di prospettare una presa in carico multidisciplinare capace di accogliere i bisogni dei più giovani”. I Serd, servizi delle Asp per le dipendenze, sono ovunque carenti nell’organico e sovraccarichi di compiti e alcuni fanno anzi miracoli. La sostanziale inerzia delle istituzioni e il blocco congelato delle convenzioni limita la potenziale sussidiarietà del terzo settore. E, neppure tanto lentamente, questa nostra società siciliana scivola verso la disumanizzazione, che è svuotamento della vita da senso morale e spiritualità e quindi da ogni dignità.È questo che vogliamo davvero?

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