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Teatro di Akragas, tra un mese riprende la «caccia»

Di Gioacchino Schicchi |

AGRIGENTO – Entro i primi di maggio potrebbero installarsi i cantieri della seconda fase di scavi archeologici del teatro ellenistico di Agrigento.

Il Parco sta completando le procedure di affidamento della gara d’appalto alla “Vero Restauro” di Favara, risultata vincitrice rispetto al bando pubblicato a dicembre e già entro un mese nell’area alle spalle del museo San Nicola si potrebbe ricominciare a lavorare. Ma per fare cosa? Se la prospettiva, rispetto alle somme oggi disponibili, è di continuare per circa 5/6 mesi le attività di scavo e di indagine, a tracciare con chiarezza il cronoprogramma dei lavori è lo stesso capitolato tecnico: definire la planimetria dell’edificio, con “particolare riferimento allo sviluppo della cavea nella parte inferiore, all’orchestra e all’esistenza o meno della scena”; delineare l’inquadramento dell’edificio nel contesto urbanistico dell’area centrale della città antica; e soprattutto rispetto all’Agorà individuata dalle attività di ricerca del Politecnico di Bari e precisare la cronologia della costruzione dell’edificio, oggi datato al terzo secolo avanzato, ma soprattutto riuscire a disegnare con precisione le fasi successive dell’abbandono e della spoliazione. Per fare questo si affronterà lo scavo della parte inferiore dell’edificio, oggi sepolta sotto uno strato di terra profondo, così dicono le prospezioni geoelettriche, circa 4 metri.

Qui le aspettative dei tecnici sono altissime, dato che si ritiene che un così profondo interramento possa aver protetto le strutture “conservandole in condizioni migliori di quanto avvenga nella parte superiore della cavea”. Sotto la terra le prospezioni hanno individuato alcune “anomalie” che potrebbero essere ricondotte a strutture relative agli isolati urbani che si affacciavano sulla Plateia, di fronte al teatro e i saggi hanno già tracciato muri orientati secondo l’impianto urbanistico della città, e un piano ad esso associato risalente al V secolo dopo Cristo. Il tutto per riuscire ad avere risposte sostanzialmente a costo zero prima di mettere mano alla “pala” e soprattutto poter inserire quanto già emerso all’interno di una mappa – al momento solo immaginaria – della struttura. Ad oggi, dice la relazione che accompagnava gli atti del bando, sul lato meridionale sono stati aperti due saggi con la finalità di verificare l’esistenza dei muri di delimitazione e contenimento della struttura teatrale, gli analemmata, mentre nel saggio orientale è emerso un muro spesso oltre un metro e trenta, in grandi blocchi, al di sotto del quale passa una canalizzazione per lo scolo delle acque reflue. Strutture sulle quali si cerca di fare chiarezza, soprattutto per conoscere la loro reale funzione all’interno del teatro. Sul lato occidentale è stato invece messo in luce uno dei cameroni, forse quello che sorreggeva l’estremità meridionale, ed il suo riempimento è stato scavato per una profondità di circa 1.30 metri rinvenendo una gran quantità di materiali ceramici che, insieme ad altri, saranno adesso visibili durante la mostra “Teatrum ibidem eminentissimum erat”, in corso al museo “Griffo”.

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