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Dell’Utri «socialmente pericoloso e decisivo per Cosa Nostra»

Dell’Utri «socialmente pericoloso e decisivo per Cosa Nostra»

Le motivazioni della sentenza di conferma della condanna a sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa. La Santanché fa visita all’ex senatore nel carcere di Parma: «E’ sereno»

Di Margherita Nanetti |

ROMA – Dal 1974 al 1992, Marcello Dell’Utri, ex senatore e uomo di fiducia di Silvio Berlusconi, fu «ininterrottamente» il tramite dei pagamenti con i quali il suo «principale» si garantiva la sicurezza, dei suoi familiari e delle sue aziende, con un «patto di protezione» siglato proprio 40 anni fa con gli uomini di Cosa Nostra palermitana. Lo scrive la Cassazione – definendolo «un accordo fonte di reciproci vantaggi per i contraenti» – nelle motivazioni relative all’udienza del 9 maggio quando fu confermata la condanna di Dell’Utri, in quei giorni latitante in Libano, a sette anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa. Con una sentenza di 74 pagine, gli “ermellini” sposano in pieno le conclusioni alle quali era arrivata la Corte di Appello di Palermo nel verdetto-bis del 25 marzo 2013 che faceva seguito a un annullamento con rinvio del 2012 da parte della stessa Cassazione. Scrivono i supremi giudici che Gaetano Cinà, il mafioso che ritirava i soldi nell’ufficio di Dell’Utri per i servizi di “sicurezza”, aveva con lui un rapporto di «affidamento reciproco, comprovato dalle conversazioni intercorse» oltre che con Marcello, anche con il suo gemello Alberto «e la loro madre», «tutte improntate alla massima familiarità».

Nel confermare il “no” alla concessione delle circostanze attenuanti, la Suprema Corte rileva che questa severità e il trattamento sanzionatorio, «sono stati giustificati con la qualità e la natura del reato commesso, espressivo di particolare pericolosità sociale, con le modalità della condotta, protrattasi per un lasso di tempo assai lungo e idonea a ledere in maniera significativa» l’ordine pubblico. Infatti, con il «patto» – che continuò ad essere onorato con «ferma volontà» da Silvio Berlusconi anche durante l’egemonia del sanguinario Totò Riina che raddoppiò la tariffa – Cosa Nostra aveva esteso «la propria area di operatività sul territorio, sostituendosi anche ai poteri istituzionali, nella garanzia della difesa dei beni fondamentali (libertà, vita) di alcuni cittadini». Ad avviso della Cassazione, inoltre, «il perdurante rapporto di Dell’Utri con l’associazione mafiosa anche nel periodo in cui lavorava per Rapisarda e la sua costante proiezione verso gli interessi dell’amico imprenditore Berlusconi» è stato «logicamente desunto dai giudici» dell’appello bis «anche dall’incontro, avvenuto nei primi mesi del 1980, a Parigi, tra l’imputato, Bontade, Teresi, incontro nel corso del quale Dell’Utri chiedeva ai due esponenti mafiosi 20 miliardi di lire per l’acquisto di film per Canale5». Se Berlusconi era indicato come il “principale” di Dell’Utri, gli “ermellini” ricordano che a sua volta Dell’Utri era presentato da Mangano, il boss fatto assumere come stalliere ad Arcore, come il suo «principale» durante una cena con altri mafiosi al ristorante “Le colline pistoiesi” di Milano. La Cassazione non tralascia, infine, di ricordare «la richiesta rivolta da Dell’Utri a Cinà, di occuparsi della “messa a posto” per l’installazione delle antenne televisive, questione poi effettivamente risolta da Bontade e Teresi». La Corte di Appello, sottolinea la Cassazione, «evidenziavano che tale episodio, da mettere in correlazione con l’interesse del gruppo Finivest nel settore delle emittenti private e, in particolare, con la prima trattativa di Fininvest per l’acquisto, da parte della srl “Rete Sicilia” (società collegata a Finivest) di “TVR Sicilia”, dimostrava la continuità dei rapporti intrattenuti da Dell’Utri con Cinà e il suo ruolo di mediatore, pur nel periodo in cui non operava alle dipendenze di Berlusconi».

Dal carcere di Parma dove è recluso, Dell’Utri, pur sentendo la mancanza dei suoi libri, «è sereno e intellettualmente combattivo». Almeno così è parso a Daniela Santanchè che è andata a trovarlo.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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