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Paternò, l’atroce fine di Massimo Pappalardo

Paternò, l’atroce fine di Massimo Pappalardo Si scava tra le sue “relazioni”, ma è giallo

Il 32enne di Valverde ucciso e gettato nel dirupo sull’auto in fiamme

Di Redazione |

PATERNO’ – E’ un vero e proprio giallo l’atroce fine di Massimo Pappalardo, pizzaiolo 32enne di Valverde, trovato carbonizzato ieri in un auto in fondo a un dirupo in contrada Poggio Monaco a Paternò. Il suo corpo era sul sedile posteriore dell’auto. Il suo volto era irriconoscibile. Il giovane sarebbe stato ucciso in un altro luogo, quindi trasportato già cadavere sul ciglio di una scarpata e poi lanciato a bordo della vettura che prima era stata cosparsa di benzina e data alle fiamme. Ma sebbene le modalità dell’omicidio lascino pensare a metodi tipici della criminalità organizzata, gli investigatori escludono qualsiasi tipo di collegamento con la malavita: Pappalardo, oltre ad essere incensurato, è ritenuto “pulito” e totalmente estraneo a quel tipo di mondo. Per questo seguono piste che riconducono alla sfera personale della vittima, compresa la sua vita sentimentale, caratterizzata da una relazione con una donna separata da poco tempo.  

Il cadavere carbonizzato di Pappalardo è stato trovato dai carabinieri a Paternò, in contrada Poggio Monaco, dentro una Toyota “Aygo” intestata alla madre, ma che lui era solito utilizzare. Il ritrovamento è avvenuto nella mattinata di ieri ma è stato reso noto solamente stamani. Secondo quanto accertato dalle prime indagini dei carabinieri, il posto del ritrovamento della Toyota Aygo è lontano dalle strade abituali percorse dalla vittima che pare si fosse recato a Paternò sabato sera per accompagnare a casa l’amica con la quale intratteneva un rapporto amoroso. Da sabato sera si sono perse le sue tracce. E domenica sera è stato rinvenuto il cadavere. I carabinieri ritengono probabili due ricostruzioni sulle modalità: la pista privilegiata è che sia stato ucciso in un altro posto ma non si esclude la possibilità che il delitto sia maturato al culmine di una lite scoppiata durante un appuntamento per un chiarimento. Nei pressi della vettura sarebbe stata trovata anche la tanica utilizzata per cospargere l’auto di liquido infiammabile. L’allarme è stato dato grazie alla centrale operativa collegata all’antifurto satellitare dell’auto che ha segnalato i movimenti anomali delle vettura, uscita dalle sedi stradali, e infine ha cessate di inviare segnali. 

Sul posto sono intervenuti per i rilievi, assieme a carabinieri del comando provinciale di Catania e della compagnia di Paternò, anche militari della Squadra investigativa scientifica. Esami medici e autopsia sono affidati al dottor Giuseppe Ragazzi. I carabinieri, per ricostruire la personalità di Pappalardo e le sue più recenti frequentazioni, stanno interrogando familiari e amici della vittima e delle persone che frequentava. La Procura di Catania ha aperto un’inchiesta coordinata dal procuratore Giovanni Salvi e dal sostituto Rosaria Molè.  Elementi utili a risolvere il caso potrebbero arrivare dal sistema satellitare della Toyota, per capire il percorso fatto da Pappalardo a Paternò; ed ancora dalle riprese delle telecamere a circuito chiuso dei distributori di carburante, per verificare se qualcuno, sabato sera, ha acquistato a Paternò della benzina in una tanica. Un dato è certo, chi ha agito conosce, comunque bene la zona. Lasciata la strada principale, per arrivare al burrone si deve attraversare una trazzera senza asfalto e piena di buche. 

Sembra che Pappalardo – come detto – avesse una relazione con una donna separata, ma al momento questa donna risulterebbe irreperibile, come anche il suo ex compagno. I carabinieri hanno provato a rintracciare la donna e il suo ex, ma senza successo. Particolari questi che rendono ancora più intricata la vicenda e che hanno portato gli investigatori a imboccare con decisione la pista passionale. A Maugeri, popolosa frazione di Valverde, dove Pappalardo era cresciuto e viveva, nessuno riesce a intravvedere un motivo per cui il giovane potesse fare una fine così atroce. Stessa cosa ad Acitrezza, paese dove la vittima gestiva con la madre una pizzeria.

Ma chi era Massimo Pappalardo?  «Un giovane normale, un gran lavoratore», dicono i suoi compaesani. Mancava da Maugeri da alcuni giorni. Nessuno l’aveva visto al bar del paese dove abitualmente la domenica prendeva il caffè. Ma molti ricordano quel «ragazzone introverso», a detta di molti, «ma educato e rispettoso».  La sua infanzia è stata segnata da un crudele evento, l’uccisione del giovane padre – forse per un regolamento di conti –. Massimo aveva appena quattro anni, gli altri due fratelli poco più grandi. Il padre, un macellaio di Valverde, venne barbaramente ucciso a colpi di pistola, vicino alla propria stalla di Pennisi (frazione di Aci Sant’Antonio), dopo essere stato accostato dai killer, all’interno della sua autovettura. A bordo c’era anche lui, Massimo. Il bambino rimase lì, impietrito, fino a quando non giunsero i soccorritori. Ora, per un tremendo gioco del destino, anche Massimo è morto, ucciso, bruciato nell’auto della madre.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA