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Catanese pestato a Roma, per i fermati “è stata rissa e non raid”

Di redazione |

ROMA – Non si è trattato di un raid punitivo ma di una rissa finita tragicamente. Questa la versione fornita oggi al gip i cinque buttafuori per la morte dell’imprenditore Giuseppe Galvagno aggredito sabato scorso fuori da una discoteca di Roma. Gli avvocati dei cinque, al termine dell’atto istruttorio, hanno chiesto la scarcerazione e in subordine gli arresti domiciliari per i loro assistiti. Entro domani il giudice deciderà in merito alla richiesta di convalida del fermo avanzata dalla procura. Gli interrogatori davanti al magistrato Maddalena Cipriani sono durati complessivamente quattro ore e si sono svolti nel carcere di Regina Coeli, dove Emiliano Dettori, Mirko Marano, Fabio Bellotazzi, Davide Farinacci e Riccardo Stronati sono detenuti da domenica. I cinque, tutti dipendenti di una società specializzata di Ostia, hanno sostenuto di non aver avuto un ruolo attivo nel pestaggio. 

Ognuno ha ricostruito il proprio ruolo nella vicenda ma sostanzialmente hanno negato di aver preso a calci in testa Giuseppe Galvagno, affermando di aver sferrato pugni in una rissa conclusasi tragicamente. Alcuni si sono difesi affermando che non erano presenti nel piazzale al momento della rissa.

In particolare, Bellotazzi, accusato da un testimone oculare di aver sferrato un calcio alla testa di Galvagno, ha sostenuto di non aver aggredito l’uomo e di essere rimasto all’ingresso del locale dell’Eur. Dal canto suo Farinacci ha raccontato di aver per circa 15 minuti cercato di calmare Galvagno, che voleva rientrare nel locale dopo la lite con un altro cliente. «Adesso calmati – avrebbe detto all’uomo – siediti e beviti una bottiglia d’acqua». Gli avvocati dei cinque, al termine dell’atto istruttorio, hanno chiesto la scarcerazione e in subordine gli arresti domiciliari per i loro assistiti. Entro domani il giudice deciderà in merito alla richiesta di convalida del fermo avanzata dalla procura. COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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