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Sac, Agen su privatizzazione aeroporto: «Ecco quale sarà il futuro di Fontanarossa»

Di Mario Barresi |

Catania – «Così come nessuno ci ha obbligato a farla, nessuno ci può impedire la privatizzazione». Pietro Agen, “socio forte” di Sac (da presidente della Camera di Commercio del Sud-Est detiene il 62%), parla con la concretezza di ligure ormai avvezzo alle cose sicule. E, all’antivigilia dell’assemblea dei soci (che domani premerà il tasto “play” sul piano di vendita di quote fra il 60 e il 70% dell’azienda che gestisce l’aeroporto di Fontanarossa) non è affatto turbato dal pressing del M5S, che – dopo aver presentato un ddl di «riforma del sistema aeroportuale siciliano che prevede un ente gestore unico dei sei scali aeroportuali siciliani» – oggi a Catania lancerà il modello “pubblico” davanti al ministro dei Trasporti, Danilo Toninelli.

Agen, incontrerà il ministro?

«Abbiamo fatto una formale richiesta per incontrarlo. Non ci è arrivata alcuna risposta».

Il M5S annuncia un fuoco di sbarramento: no alla privatizzazione, si parla di un unico gestore pubblico dei sei scali siciliani.

«Ognuno è libero di proporre ciò che vuole. Anche un ddl del quale io, con tutto il rispetto, non capisco il contenuto. Se martedì (domani, ndr) l’assemblea dei soci della Sac deciderà di avviare l’iter della privatizzazione nessuno ce lo vieta, così come nessuno ci ha obbligato a farlo. È la migliore scelta, liberamente assunta».

Non teme che Toninelli possa bloccare la privatizzazione?

«Non vedo come possa intervenire. E non capisco perché dovrebbe farlo».

Però c’è un vasto fronte che frena sulla privatizzazione. E i 5stelle, con la presenza del ministro, lo rappresentano plasticamente.

«Allora, distinguiamo le cose. Una è la vicenda politica: la posizione dei grillini è figlia di un’elezione fra due mesi. Cavalcano l’onda di quelli che Sciascia avrebbe chiamato quaquaraquà. E qui vengo al secondo punto: chi è contrario? Io sulla privatizzazione ritengo di avere, oltre al favore degli altri soci, anche il consenso di ordini professionali, associazioni datoriali e sindacati, al netto delle rassicurazioni sull’occupazione. Contro ci sono una deputata regionale che immagina un volo Palermo-Catania, una piccola tv iblea, un esperto in fallimenti, o forse anche due, e un non meglio identificato comitato utenti».

Al di là di chi li sostiene, ci sono argomenti oggettivi che indurrebbero alla prudenza sulla privatizzazione.

«Ma quali argomenti? Dicono che se viene il privato aumentano le tasse aeroportuali ed è una falsità: crescono o diminuiscono in base agli investimenti delle società. Sac li ha diminuiti e non per merito della gestione di Torrisi, ma per demerito di chi l’ha preceduto che non ha investito. Dicono che il bilancio di Sac è in rosso, quando si stima una decina di milioni di utile al netto delle tasse negli ultimi due anni… Ho proposto di distribuire pure un dividendo ai soci per la prima volta nella storia. Ma di che parliamo?»

Parliamo di un dibattito che sarà fatto alla presenza del ministro. E di pareri contrari a un’operazione che forse andrebbe spiegata meglio all’opinione pubblica.

«Faremo una conferenza stampa per spiegare tutto nel dettaglio. Io il ministro vorrei che rispondesse al dibattito di anni d’attesa per spostare di pochi metri una stazione ferroviaria a Fontanarossa. Ma sono stranito da chi non ammette che tutti i principali aeroporti vanno su questa strada con risultati ottimi. E sono scandalizzato dal fatto che nessuno dei soloni di oggi disse una sola parola quando tre anni fa Crocetta provò a fare un aumento di capitale che era una vendita mascherata. Che siano tutti preoccupati di non poter controllare quello che fu il più grosso serbatoio d’assunzioni, la Fiat sotto il Vulcano?».

Anche Musumeci ha parlato di due società per gli aeroporti siciliani.

«Il presidente ha avuto un attimo di confusione iniziale. Poi ha chiarito il concetto: si parla di un polo orientale, con Sac in rete con Comiso, e di uno occidentale, con la prospettiva, secondo me giusta, di gestione unica fra Palermo e Trapani».

Quanto vale oggi Sac?

«Quando dissi un miliardo fui sommerso dalle risate. Oggi dico: è poco. Vale ben più di un miliardo, e lo dico dopo aver toccato con mano l’interesse dei più grossi gruppi mondiali negli incontri con i colossi della finanza».

Ad esempio?

«Ferrovial, Air Singapore, F2… Tutti nomi incredibili. Ma sono decine… Farei prima a dire chi non è interessato a Fontanarossa».

Come avverrà la privatizzazione? Avete deciso di non andare in Borsa?

«L’assemblea approverà il piano di privatizzazione. Più che una quotazione in Borsa, che per Bologna s’è rivelata una speculazione per chi ha comprato e rivenduto subito, io penso a una collocazione sul mercato di una quota fra il 60 e il 70%, in un equilibrio ottimale fra l’efficienza del privato e il controllo del pubblico. Il tutto attraverso una procedura ultra-trasparente, in totale sintonia con Procura e Anac. Insomma, un’operazione miliardaria gestita talmente bene che neanche il professor Caserta, che vede tangenti preventive ovunque, potrà avere sospetti…»

A proposito di sospetti. Ci garantisce che chi arriverà non voglia solo fare speculazioni stile “prendo i soldi e scappo”?

«Ci sarà un advisor, selezionato fra i più grossi gruppi bancari al mondo, che chiederà un preciso piano industriale. Per intenderci: non ci interessa vendere a un fondo pensioni americano, ma l’identikit ideale è quello di chi vuole portare crescita e sviluppo. E chi entra dovrà mettere in conto che ci sono 300 milioni da investire subito: per l’allargamento della pista, per il restyling della Morandi e per il piano di viabilità e parcheggi. Catania, se gestita bene, può arrivare a 20 milioni di passeggeri non fra un secolo, ma fra sei-sette anni».

Numeri immensi, partendo dagli attuali nove milioni. Lo scalo di Comiso, allora, sarà ancor più schiacciato?

«È l’esatto contrario. Perché Catania a quel punto non avrà più margini di crescita. E Comiso, di cui il socio privato di Sac acquisirà le nostre quote in proporzione, diventa la vera risorsa di un sistema vincente. Soprattutto se, anziché di balzane proposte di statalizzazione degli aeroporti siciliani, al ministro Toninelli si ponessero le vere priorità. Come ad esempio un pendolino veloce per fare Comiso-Catania in 25 minuti su rotaie e un collegamento veloce con Agrigento, di cui Comiso diventerebbe scalo di riferimento come lo è già per Gela. Ma invece facciamo i convegni…».

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