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La rabbia corre nelle chat di medici e infermieri «Soli, ma bisogna resistere»

Di Andrea Lodato |

Catania. Se cedono loro siamo finiti, chiaro. Loro resistono, si battono, urlano, reclamano il diritto alla loro sicurezza che vuol dire la sicurezza di tutti. Niente. Torniamo sulla questione dei medici e degli infermieri abbandonati al loro destino, negli ospedali, nelle corsie, nei Pronto soccorso, perché questa voce è quella di milioni di cittadini che cercano di vedere in loro la speranza, la risposta, la cura. Ma speranza, risposta e cura non possono arrivare da personale medico e paramedico stressato, demotivato, che deve trarre solo nel senso di responsabilità, nella sua professionalità e nella sua onestà la forza per andare avanti.

Sulle chat dei medici i messaggi che i colleghi si scambiano sono sempre più vicini allo scoramento, se non alla disperazione. Eppure resistono. Leggete.

«Evito di abbracciare i miei figli e mio marito, non vedo da 15 giorni mia sorella e la sua famiglia. Mi lavo in continuazione le mani e tutto quello che tocco e possono toccare gli altri dopo di me (maniglie, interruttori). Molti casi a Catania li abbiamo trattati noi e un turno l’ho affrontato con presidi di protezione di fortuna fai da te. Sto bene, dopo giorni di malessere che è passato (potrei essere positiva, ma anche no)… i tamponi promessi a chi è stato a contatto con pazienti positivi si fanno ancora attendere; l’unica cosa che possiamo fare è quella di portare la mascherina chirurgica, rinforzata in modo casalingo, per evitare di contagiare pazienti e famiglia».

Scrive la moglie di un medico, arrabbiata e terrorizzata: «Ma il presidente Musumeci e l’assessore Razza e tutto il governo regionale, come intendono affrontare l’emergenza sanitaria in Sicilia? Mandano i sanitari in guerra a mani nude e si salvi chi può. Medici ed infermieri escono dalla porta delle loro case e si dirigono inermi verso un noto ed invisibile assassino, il loro non è un lavoro e’ veramente una missione a cui non si sottraggono a costo della vita».

Ma dal punto di vista strettamente sanitario cosa accade? Altra testimonianza girata tra medici: «Allo stato attuale, visto che non siamo più riferimento di ricovero di covid accertati, affrontiamo le emergenze respiratorie di ricoverati e pazienti che arrivano dal Ps con la mascherina chirurgica. Il caposala provvede a distribuirne una di pessima qualità (sono mascherine trasparenti) a persona all’inizio del turno, come se ci facesse un grande regalo. Uno schifo assoluto. Ma si va avanti».

Si fa fatica a pensare che dietro ogni operatore sanitario, che ogni mattina entra in un ospedale senza sapere, spesso, quando e come ne uscirà, ci sono esseri umani, famiglie, mogli, mariti, figli. Eccone uno, per esempio: «Applausi (?). Vedo che nel mondo si moltiplicano le persone che applaudono a medici e infermieri. Vedo che i nostri onorevoli riprendono a lavorare con le mascherine, guanti e a distanza di sicurezza. Poi sento mia madre, medico in zona rossa, che non ha dispositivi di protezione, che chiede da settimane alle “A”utorità dove poterli comprare e di farli arrivare anche nella mia misera terra e la risposta è un silenzio che vale più di mille parole, più di milioni di applausi, più di miliardi di euro e non lo dimenticherò mai. Sento la donna che mi ha dato la vita dirmi che non può lasciare soli i suoi pazienti e i genitori, parenti e affini dei suoi pazienti, perché “hanno bisogno”, che dobbiamo lasciarla fare perché i suoi figli non sono egoisti, dice, “per cultura ed educazione”. E non posso allora che lasciarla in pace, smettere di urlarle contro chi manda medici e infermieri in prima linea senza uno straccio di protezione».

I medici vorrebbero fare qualcosa che richiami l’attenzione su questa situazione difficile, ma l’unica cosa che riescono a fare è lavorare. Con loro anche il personale del 118, che ha denunciato un quasi totale abbandono, così come sono allarmati i sanitari e gli equipaggi dell’elisoccorso, chiamati a trasferimenti d’urgenza di persone gravemente malate, ma anche loro con pochi (o senza) strumenti di protezione. Proteste che corrono su quelle stesse chat attraversate dalle denunce, dalla rabbia, dalla rassegnazione. E’ così, oggi è lunedì e si riparte. Senza essersi mai fermati. «Lasciati soli, ma – dicono alla fine in tanti – la parola d’ordine è resistere Se no qui crolla tutto».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA