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Confindustria difende Antonello Montante

Confindustria difende Antonello Montante «Noi lottiamo la mafia, Marino farnetica»

Il vicepresidente Catanzaro: «Discredito su Istituzioni e colleghi»

Di Mario Barresi |

CATANIA. La premessa è questa: «Non meriterebbero risposta le farneticazioni di chi, confondendo il ruolo di pubblico ministero e politico di parte, getta discredito sulle istituzioni democratiche, sui rappresentanti del governo e financo sui suoi colleghi magistrati». Ma Giuseppe Catanzaro, vicepresidente vicario di Confindustria Sicilia, replica all’intervista al magistrato Nicolò Marino, pubblicata ieri su La Sicilia: «Ecco le istituzioni che hanno coperto il sistema Montante», con precisi riferimenti a ministri, procuratori, politici e imprenditori. Non è la prima volta che l’ex assessore regionale ai Rifiuti si scaglia contro i vertici di Confindustria Sicilia.

«Per simili affermazioni calunniose – ricorda Catanzaro – il politico Nicolò Marino è stato già querelato e citato in giudizio. La Procura della Repubblica di Palermo ne ha già chiesto il processo per diffamazione, ed è attualmente in corso. Continueremo, in tutte le sedi, a dimostrare la falsità e la strumentalità di quanto affermato dal politico Marino».

Gli industriali siciliani fanno quadrato attorno al loro presidente, coinvolto in indagini per mafia: «È allarmante, invece, il lucido tentativo di colpire e delegittimare il ruolo di Confindustria Sicilia e del suo presidente, Antonello Montante, attraverso l’uso strumentale della notizia dell’esistenza di un procedimento penale presso la Procura di Caltanissetta, millantando incredibili sinergie con gli stessi investigatori nella ricerca di soggetti che possano contribuire nel tentativo di isolare e infangare il presidente Montante».

Catanzaro viene subito al punto: «Il “sistema Montante”, come dimostra la storia di questi ultimi vent’anni è solo la scelta operata da tutta Confindustria di reagire con forza al sistema mafioso attraverso una costante e giornaliera iniziativa di denuncia contro la presenza della mafia nel mercato, assistendo e accompagnando decine di imprenditori nella denuncia contro il racket, la stipula di protocolli di legalità che hanno reso più efficaci e penetranti i controlli antimafia, l’adozione di codici etici, le costituzioni di parte civile nei confronti della criminalità organizzata, nella ferma volontà di estendere tali iniziative contro il fenomeno della corruzione».

E il vice di Montante tocca anche un punto saliente delle accuse lanciate da Marino nell’intervista: i legami con pezzi dello Stato. Assicurando «un continuo e limpido rapporto con le istituzioni democratiche e, soprattutto, con gli organi investigativi e i magistrati, ossia i presidi dello Stato preposti a tutelare le vittime». Inoltre «in quest’ottica è stato rilevante anche il rapporto con la Commissione parlamentare antimafia che ha concretizzato la presenza delle istituzioni al fianco degli imprenditori e alla quale, ancora una volta, verrà chiesto di ascoltare la voce di chi in quest’impegno vuole andare avanti», sostiene il vicepresidente.

Che difende «la scelta di stare dalla parte delle istituzioni democratiche contro la mafia, facendo crescere la fiducia degli imprenditori, è stato un atto volontariamente deliberato che si è concretizzato anche in un costante rapporto con gli organi investigativi e gli stessi gli imprenditori che, per portare avanti queste scelte, hanno messo in pericolo la propria tranquillità familiare».

Esplicitando il concetto: «Le scelte di Confindustria, le sue concrete iniziative antimafia hanno rappresentato, a detta di tutti gli osservatori, la novità più rilevante nella storia della Sicilia e un elemento indispensabile nella costruzione di quei successi che lo Stato ha riportato su Cosa nostra. È con la rivolta degli imprenditori, con la sinergia con le Procure che la Sicilia ha cambiato volto». E dunque si arriva al punto: «Attraverso l’irrealistica ipotesi dell’esistenza di un “sistema Montante” – argomenta il suo vice vicario – in realtà si tenta, a partire dal 2011 e con una preoccupante progressione e strane coincidenze che hanno trovato sfogo in occasione della propedeutica istruttoria alla designazione di Montante quale componente dell’agenzia dei beni confiscati, di azzerare gli effetti sociali ed economici della rivolta portata avanti da Lo Bello prima e da Montante a tutt’oggi».

Su questo aspetto un «esempio eclatante» è rappresentato dall’«esperienza del presidente di Confindustria Trapani, Gregory Bongiorno, che ha ricevuto la visita non gradita degli estortori e che ha trovato proprio in Antonello Montante e in Confindustria Sicilia un sistema orientato a tutelare e sostenere le vittime, anche nel delicato momento di confronto con gli estortori in Tribunale o quando, purtroppo, dopo pochi mesi questi ultimi ritornano a piede libero». Questa la tesi di fondo dei vertici di Confindustria Sicilia: «Non esiste alcun “sistema Montante” all’infuori della storia e dei fatti messi in opera da Confindustria. Chi si riempie la bocca parlando di “sistema Montante”, in realtà, non indica un solo affare, un solo arricchimento illecito, una sola utilità patrimoniale che sia riferibile al presidente Montante o alle sue società.

Le iniziative di Confindustria in Sicilia hanno colpito le mafie nelle libertà personali dei suoi capi, nei suoi patrimoni illeciti, nei suoi tentativi di condizionare il libero mercato siciliano. Infangare e distruggere ciò che Confindustria Sicilia ha fatto in questi anni può alimentare le suggestioni di una Cosa Nostra ancora forte che sogna un ritorno al passato». E «in quest’ottica» – passaggio delicato sullo status umano e giuridico di indagato «anche la sovraesposizione mediatica del presidente Montante finisce per diventare estremamente pericolosa anche per la sua stessa vita», sostiene Confindustria». Aggiungendo che «la precisa scelta di Montante di non parlare pubblicamente, fino a tutt’oggi, delle indagini che lo coinvolgono è un preciso atto di rispetto nei confronti dei magistrati che stanno svolgendo il loro lavoro».

E rivelando di aver presentato «da tempo» e «in sede penale», ma «senza dettagliare alcunché alla stampa», delle «denunce contro la rete che è da tempo attiva e persegue un preciso fine». Catanzaro conclude con una certezza: «Questa campagna di delegittimazione, messa nel conto e prevista da importanti rappresentanti delle istituzioni, troverà una insormontabile ostacolo nella volontà degli imprenditori di continuare uniti nella lotta contro cosa nostra consapevoli degli effetti conseguenti alle scelte scomode che per tutti prima con Lo Bello ed oggi con Montante in un unicum abbiamo intrapreso a servizio del diritto degli imprenditori di produrre senza il condizionamento mafioso».

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