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Francesco, il cervello in fuga controcorrente: lascia la famiglia al Nord per emigrare a Catania

Di Pierangela Cannone |

CATANIA – Da Torino a Catania per diventare un futuro medico: è la scelta di Francesco Ferro, un ragazzo appena maggiorenne che ha deciso di investire sulla sua formazione in Sicilia, a Catania. Un percorso insolito dato che il papà Giuseppe (catanese) e la mamma Margherita (cuneese) hanno messo radici a Torino, dove Francesco è nato e ha vissuto fino allo scorso ottobre. Poi il trasferimento a Catania per studiare, salutando genitori e amici.

Quella di Francesco, però, è una storia anticonformista, o meglio “rivoluzionaria”, se paragonata al contesto dei suoi coetanei del Sud: luci spente nelle camerette e sedie vuote in tavola perché ormai i giovani siciliani è come se avessero incorporato nel proprio Dna una congenita necessità – o forse un cieco istinto – a emigrare per studiare, per formarsi, per lavorare. Per costruire un avvenire. Tutto ciò che in “casa” propria pare precluso.

E poi, in prossimità delle festività natalizie, sboccia il coraggio di Francesco, che rifiuta l’ammissione all’Università di Torino e accetta quella di Catania perché ne riconosce un valido potenziale. E giunge come il bambinello della speranza in un presepe di emigrati, per ricordarci che non sempre l’erba del vicino è più verde. Oggi Francesco è tra le trecento matricole del primo anno del corso di laurea in Medicina e Chirurgia e vive in casa della nonna paterna, la signora Anita, intento a limarne la convivenza. Perché è risaputo che la premura dei nonni nei riguardi di figli – e ancor più di nipoti – travalica quel sottile confine tra comprensione e oppressione… 

Francesco, come va con la nonna?«Bene, bene. Cerco di moderare il suo atteggiamento, ma per lei è sempre festa quando sono in casa. Si ritrova molto spesso con alcuni amici in un circolo e questo ci rende entrambi attivi, riuscendo a organizzarci nel quotidiano. Ma la nonna vorrebbe viziarmi anche quando non è necessario… Sto cercando di farla abituare alla mia presenza, anche se comprendo il suo zelo: il nonno, mio omonimo, è venuto a mancare due anni fa e la nonna è convinta che io sia un dono del cielo».

E cosa ci racconta della sua nuova vita in Sicilia?«Va alla grande. Da bambino ho trascorso a Catania molte estati e mi sono sempre concentrato su mare, spiaggia, gelati… Insomma, era sempre una vacanza. Adesso la sto vivendo, imparando a conoscere ogni suo aspetto».

Catania si specchia con Torino: che voto darebbe ai servizi di trasporto etnei?«Mi sposto per lo più in metropolitana, a cui do un 8 su 10. Quella di Torino è parecchio moderna… Ciò nonostante, la Ferrovia Circumetnea è affidabile, puntuale e costante. I bus di città non li ho ancora presi perché non ne ho avuto la necessità. Mi sono reso conto, però, che c’è molto traffico».

Parliamo di movida.«Torino e Catania, da questo punto di vista, sono parecchio simili. I loro centri storici sono sempre pieni e pure i pub, i cinema e i locali. Entrambe sono a misura di giovani. Voto: 9».

E che dire della qualità del sistema universitario?«Le strutture catanesi meritano il dieci, pieno. Frequento le lezioni al Policlinico e anche i palazzi di fronte sono all’avanguardia: penso alla Torre biologica, al nuovo polo didattico, al recente Pronto soccorso in via Santa Sofia. I luoghi e l’organizzazione universitaria, invece, battono la realtà di Torino. Come didattica, potendo paragonare solo il corso di Medicina, le due si equivalgono».

Compariamo il cibo e la gente.«Catania vince di gran lunga! A Torino abbiamo una mentalità molto chiusa e per entrare in un giro di amicizie bisogna faticare. Solo al quinto anno di liceo sono riuscito a stringere amicizie vere e importanti. A Catania, invece, sento che questo tempo può essere riducibile. Dieci e lode all’enogastronomia siciliana, ricca di tradizione e gusto. Sono una buona forchetta ed è molto probabile che prenderò peso».

Finora tutto roseo, ma vale lo stesso se si guarda alla prospettiva occupazionale dei due centri? «Mi è d’obbligo ricollegarmi al mio percorso di studi: l’ingresso in Medicina è a numero chiuso e così si sfoltisce in partenza il bacino di concorrenza. Pertanto, penso sia possibile trovare facilmente uno sbocco occupazionale, tanto al Sud quanto al Nord. Piuttosto, non è detto che la specializzazione si faccia lì dove si è studiato. Mi piacerebbe, comunque, mettere radici in Sicilia. Intanto vivrò qui per sei anni. Il futuro resta un’incognita».

Cosa si aspetta dal percorso di studi?«Tante soddisfazioni personali: vorrei creare amicizie vere, sincere e spero durature; vorrei convincermi sempre più della mia scelta e vorrei innamorarmi di Catania, così come lo sono di Torino. C’è da dire che, prima di decidere se trasferirmi o meno, ho frequentato per due settimane entrambi gli atenei, che risultano pari per qualità della didattica, ma differenti dal punto di vista delle relazioni umani. Mi spiego: a Torino ho legato con non più di otto colleghi, mentre a Catania sono diventato amico di tutti i ragazzi del corso. E, notando l’apertura con cui sono stato accolto, ho pensato alla fatica che fanno tutti i miei coetanei meridionali per integrarsi nelle università ospiti. Questo è stato uno dei fattori principali che ha motivato la mia scelta. Se non fosse per la lontananza dai miei genitori e da mio fratello Alberto, qui è come essere a casa».

Che messaggio vorrebbe dare ai suoi coetanei?«C’è troppa smania di andare a studiare all’estero e non posso dire di non averci pensato anche io. Il mio sogno resta quello di scoprire l’Inghilterra, magari dopo avere completato gli studi. Consiglio, dunque, di non credere ai falsi miti: si può stare bene anche in Sicilia e mi auguro che la gente del Nord faccia un po’ meno la stronza con quella del Sud».

E lei è mai stato “stronzo” con un siciliano?«No (e si concede una risata, ndr). Forse sono stato antipatico con qualche piemontese: hanno una mentalità troppo chiusa e sono eccessivamente abitudinari. Sceglierei altre mille volte la Sicilia perché il calore della sua gente non ha eguali».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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