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“Catania, c’era una volta”: viaggio nel tempo con il libro di Tony Zermo

Di Redazione |

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S’intitola “Catania. C’era una volta” il libro dello storico inviato del quotidiano “La Sicilia” Tony Zermo, che è impreziosito dalle vignette di Totò Calì e da una prefazione di Tuccio Musumeci. Edito da Domenico Sanfilippo Editore, da giovedì 13 dicembre il volume sarà venduto in edicola in abbinamento col quotidiano “La Sicilia”.

Tony Zermo (Catania, 1931), studi di Giurisprudenza, è entrato alla Sicilia a 20 anni nel settore dello Sport assieme a Candido Cannavò. Nel 1963 lascia lo Sport e diventa inviato speciale: primo servizio la strage del Vajont. Zermo è uno dei pochissimi giornalisti italiani, forse l’unico, ad essersi occupato dei tre più grandi terremoti del dopoguerra: Belice 1968, Friuli 1976 e Irpinia 1980. Ha seguito per mezzo secolo i grandi eventi del nostro Paese: dalle Brigate rosse alle stragi di mafia e ha raccontato, come inviato, anche l’assedio di Sarajevo e la Guerra del Golfo del 1991. Non è mai mancato sui grandi fatti di mafia e ha seguito per un anno e mezzo a Palermo il maxiprocesso all’Ucciardone contro il vertice di Cosa Nostra istruito da Falcone e Borsellino.

E’ stato anche presente in cinque mondiali di calcio: Inghilterra 1966 , Spagna 1982, Italia 1990, Usa 1994 e Francia 1998.

Tra i giornalisti siciliani più conosciuti, Tony Zermo ha condotto e conduce tuttora una lunga campagna a favore del Ponte sullo Stretto di Messina, nella convinzione che sia un’opera epocale capace di trasformare il volto della Sicilia. Nel 1971 ha scritto un libro dal titolo “Il mostro di Marsala”, ed. Flaccovio.

Il volume “Catania. C’era una volta”, che da giovedì 13 dicembre sarà venduto in edicola in abbinamento col quotidiano “La Sicilia”, raccoglie i racconti della Catania di una volta, pubblicati negli ultimi anni sul quotidiano catanese.

«Tony – scrive Tuccio Musumeci nella prefazione – con i suoi raccontini della domenica ci riporta indietro nel tempo, di quando eravamo giovani e spensierati, di quando eravamo anche felici. (…) Ci fa sentire le antiche filastrocche e ci riporta ai tempi di quando Micio Tempio poetava. Forse gli dobbiamo dire anche grazie».

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