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Musumeci: «Mafia e politica, l’antidoto è l’etica istituzionale della responsabilità»

Di Nello Musumeci |

«Perché oggi nessun partito o movimento mette la lotta alla mafia nella propria agenda politica come priorità?». Se lo chiede, intervenendo venerdì su questo giornale, Sonia Alfano, figlia del giornalista Beppe, corrispondente de “La Sicilia”, ucciso dalla mafia barcellonese agli inizi degli anni ’90.

In linea di principio Sonia ha ragione, ma attenti a non commette l’ingenuo errore – peraltro diffuso – di considerare la lotta alla criminalità organizzata, appunto, come un obiettivo programmatico da raggiungere. Sarebbe come chiedere a un cristiano di ammettere che crede in Dio.

Voglio essere più chiaro.

La lotta alle mafie e ad ogni forma di illegalità, per chi fa politica, deve costituire il requisito essenziale, il presupposto indispensabile. Non può essere un obiettivo – tra i tanti altri obiettivi – su cui chiedere ed ottenere il consenso elettorale.Semmai, diventa compito dei partiti e dei movimenti politici verificare, preliminarmente, se quell’iscritto o quel candidato abbia tutti i requisiti etici per essere “offerto” al giudizio degli elettori. Una verifica che deve prescindere dal potenziale di voti personali che l’aspirante candidato potrebbe portare alla lista che lo ospita. Purtroppo, nella maggior parte dei casi, le forze politiche appaiono irresponsabilmente egoiste e la rigorosa selezione della propria classe dirigente appare spesso solo un adempimento fastidioso se non dannoso.

La cronaca, recente e remota, ci insegna infatti come la politica sia da taluni considerata una sorta di “scorciatoia per riabilitare la mediocrità della propria esistenza”. Praticata con spregiudicatezza e senza regole. In altri casi, la politica diventa il luogo frequentato da affiliati, gregari e amici di soggetti mafiosi. Sostenuti per essere eletti ed eletti per essere funzionali agli interessi delle cosche. Dopotutto, si sa, la mafia più che uomini da ammazzare cerca uomini da alleare. E li cerca nel mondo della politica, dell’impresa, della Pubblica amministrazione, cioè dove si decide la destinazione e la gestione dei grandi flussi di denaro.

Cosa fare, allora?

Credo che la politica debba innanzitutto tornare all’etica della responsabilità. Saper distinguere ciò che appare giusto da ciò che appare utile e dotarsi di sufficienti anticorpi per neutralizzare ogni condizionamento e non lasciarsi “sodomizzare” dal palazzo. Intercettare le reali esigenze della società, praticando una sorta di “semiotica” collettiva per capire gli umori di chi non ha voce per gridare. Ed essere consequenziali.

È troppo sperare che in politica l’antimafia sia più praticata che predicata? E che non venga usata come un comodo scudo dietro il quale nascondere la propria inefficienza? Non so gli altri, ma io diffido da coloro che vedono mafiosi ovunque: perché se tutto è mafia, niente è mafia!

La politica, del resto, non è un luogo per santi e neppure per diavoli. È l’arte del governo dei popoli, praticata da 2500 anni, perché insopprimibile. Se praticata bene, diventa “buona politica”, altrimenti è altra cosa: solo un lurido mestiere.Sarebbe bello, anzi bellissimo, se si parlasse di più della responsabilità della politica e della sua capacità di prevenire l’illegalità prima ancora di denunciarla alle Procure, quando il danno è fatto: le infiltrazioni, la corruzione, la opacità nelle istituzioni e nella Pubblica amministrazione, si possono contrastare con leggi chiare ed efficaci, con regolamenti articolati e rigorosi. Ed è proprio compito della politica farlo, se vuole arrivare prima della magistratura.

Qualche esempio? Modificare, dopo quasi trent’anni, la consunta normativa sullo scioglimento dei Comuni per infiltrazioni mafiose; approvare finalmente il disegno di legge sul “Codice etico” per politici e burocrati che attende di essere esaminato dall’Ars, abrogare la odiosa norma regolamentare che consente ai deputati il voto segreto e dare piena attuazione alla norma costituzionale sulla organizzazione dei partiti.

Sono solo alcune proposte che sottopongo alla riflessione di quanti, come me, pur tra limiti ed errori lavorano affinché la politica torni ad essere autorevole. E sì, perché più forte e credibile è la politica, meno crepe avranno le mafie per inserirsi. Su questo, ne sono certo, anche Sonia Alfano sarà d’accordo.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA