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Non diventerà Leghissima? E Musumeci balla da solo (sul modello Zaia)

Di Mario Barresi |

CATANIA –  E se alla fine non #DiventeràLeghissima? Non è un ripensamento. Né un passo indietro. Perché lui, in fondo, è sempre stato di quest’idea: «Il mio unico partito è la capacità di saper governare bene la Sicilia». Ed è anche la migliore polizza sulla vita da inquilino di Palazzo d’Orléans.

Eppure da lunedì sera, con il fluire dei risultati delle Regionali, Nello Musumeci questa convinzione l’ha rafforzata. Il trionfo trasversale del partito dei governatori uscenti (Luca Zaia in Veneto e Giovanni Toti in Liguria, ma anche Vincenzo De Luca in Campania e Michele Emiliano in Puglia) è la conferma più evidente di ciò che il presidente della Regione va ripetendo da tempo ai suoi: «A siciliani non importa in quale partito stai, ma quali risposte concrete riesci dare ogni giorno ai loro problemi».

Un nobile adagio, che s’incrocia con il mandato-bis fra due anni. «A pochi mesi dalle Politiche del 2023 – hanno provato più volte a rassicurarlo i suoi più stretti consiglieri – il centrodestra in Sicilia non potrà permettersi un salto nel buio con un candidato dell’ultimo momento, ma si affiderà a chi ha già dimostrato di saper vincere».

Ma a Musumeci non basta crogiolarsi sulla prospettiva di una scelta per inerzia. Chiede di più, vuole di più. Da se stesso, innanzitutto. Con l’obiettivo che «l’eventuale ricandidatura dovrà essere una scelta naturale per il buon lavoro fatto». E dalla sua squadra: «Dobbiamo imparare a comunicare meglio tutte le cose che facciamo», è il refrain ossessivo indirizzato agli assessori regionali.

Ma ci sono tante altre questioni sul tavolo. La prima – e la più imbarazzante – è il percorso di federazione con la Lega, che aspetta, con impazienza crescente, una risposta all’invito che pure Matteo Salvini in persona ha rivolto al governatore. DiventeràBellissima, eterna fidanzata del Carroccio, lascia il promesso sposo sull’altare? Non è proprio così, perché il progetto – assicurano gli spin doctor presidenziali – resta sempre quello di «un forte radicamento in Sicilia e un rapporto privilegiato, a livello nazionale, con un partito del centrodestra». Tutto ciò evitando di imitare Toti che «in Liguria con la sua lista ha cannibalizzato gli alleati, mentre noi vogliamo creare valore aggiunto alla coalizione». Né la strada può essere quella seguita dal pugliese Raffaele Fitto con Fratelli d’Italia. «In quel caso, come ho sempre sostenuto io – rivendica l’assessore Ruggero Razza – non c’è un rapporto paritario come quello di una federazione, ma uno scioglimento dentro un altro contenitore, perdendo la nostra identità».

Ed è proprio quest’ultima parola a dare il senso alla nuova linea. Con la prospettiva, ragionano i più scaltri, che la vittoria del Sì al referendum (Musumeci s’era schierato per il No), a Roma riduce di molto anche gli spazi, leggasi i seggi, per i musumeciani uniti alla Lega. «Ma noi non abbiamo mai chiesto poltrone», ribattono.

Il rapporto con Salvini non è dunque a rischio. Ma deve affrontare una crisi di passaggio. Alimentata, oltre che dalla ritrosia sulla federazione, anche dallo scarso entusiasmo con cui Musumeci ha risposto all’invito di Stefano Candiani che lo vuole a una tavola rotonda con i governatori leghisti nella kermesse a Catania, alla vigilia del processo al “Capitano”, il 3 ottobre. «Non ha rifiutato, ma ha fatto capire che preferirebbe portare un saluto lui da solo», riferiscono – con un certo nervosismo – fonti leghiste. Trattative diplomatiche in corso: può darsi che alla fine il governatore faccia entrambe le cose.

Ma se davvero Musumeci pensa al “modello Zaia” (o magari al “modello De Luca”, visto che col collega dem campano condivide il rapporto con lo stesso guru della comunicazione: Gianluca Comin), il piano passa anche dall’Ars. Dove però non è prevista alcuna campagna acquisti di Db, semmai «un rapporto sempre più sinergico» con i diversamente musumeciani di Ora Sicilia (gli unici senza assessore) e un occhio di riguardo per gli ex grillini di Attiva Sicilia.

Ma anche il rapporto con gli altri alleati potrebbe cambiare. «L’unità della coalizione è un valore assoluto», dicono dal Pizzo Magico, quasi a voler rispondere a chi rinfaccia da tempo che «Nello non parla con nessuno». E così la prospettiva di essere «distinto, ma non troppo distante» da Salvini potrebbe placare anche i mal di pancia dei centristi, pronti anche a un’orgogliosa fronda. «Ai moderati il nostro movimento guarda con grande attenzione», è l’ultima rassicurazione. E il vecchio-nuovo disegno del governatore «senza tessera di partito» passa anche da una distensione dei rapporti con Gianfranco Miccichè. Pagando, se necessario, anche il prezzo del rimpastino forzista. Se i muri di Palazzo d’Orléans potessero parlare, magari rivelerebbero che l’argomento è stato già affrontato. Proprio in queste ore.

Twitter: @MarioBarresi

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