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IL RICORDO

Maurizio Costanzo e la Sicilia: dall’attentato del ’93 alla commozione per l’arresto di Matteo Messina Denaro

L'amicizia con Giovanni Falcone e il costante impegno del giornalista e conduttore nella lotta alla mafia

Di Alfredo Zermo |

«È la dimostrazione che lo Stato ha vinto e soprattutto che non è colluso ma ci tengo a ringraziare molto anche i carabinieri. Confesso che questa mattina quando ho appreso la notizia dell’arresto mi sono emozionato, io per fortuna sono qui e posso essere testimone di questa giornata storica, al tempo sono sfuggito al peggio per miracolo, lo sappiamo ma sono passati tanti anni e le cose sono cambiate, appartiene al passato». Rispose così Maurizio Costanzo, morto oggi all’età di 84 anni, interpellato dai cronisti sulla cattura a Palermo dell’ormai ex superlatitante Matteo Massina Denaro. E’ questo uno degli ultimi aneddoti che lega il popolare personaggio televisivo alla Sicilia, regione dove ha trascorso spensierate vacanze ma anche da dove partirono i mafiosi che cercarono di ucciderlo.

L’attentato fallito

Il giornalista e conduttore nel maggio del 1993 scampò a un attentato mafioso a Roma progettato a causa del suo forte impegno contro Cosa Nostra. Ma prima Cosa Nostra tentò di organizzare un altro agguato. Nel febbraio 1992 infatti un gruppo di fuoco composto da mafiosi di Brancaccio e della provincia di Trapani – tra cui proprio un giovane Matteo Messina Denaro – venne spostato a Roma con la missione di uccidere Maurizio Costanzo, il magistrato Giovanni Falcone e il ministro Claudio Martelli. Non riuscendo a rintracciare Falcone e Martelli, il gruppo pedinò per più giorni Costanzo. Il conduttore venne seguito per alcune sere dopo le registrazioni della trasmissione “Maurizio Costanzo Show”.

La prima ricognizione

Ma quando il piano era pronto, il gruppo venne richiamato in Sicilia dal boss Salvatore Riina. Dopo il primo tentativo sospeso, nel maggio 1993 un altro gruppo di fuoco composto da mafiosi di Brancaccio e Corso dei Mille, in cui però non figurava Matteo Messina Denaro presente nella prima spedizione, arrivò nuovamente a Roma per compiere l’attentato a Costanzo. Dopo diversi sopralluoghi venne rubata una Fiat Uno che venne riempita di esplosivo e parcheggiata in via Fauro. Il primo giorno il congegno non esplose per un difetto. Il secondo giorno la bomba esplose ma Salvatore Benigno schiacciò il pulsante in ritardo: aspettava Costanzo su un’Alfa Romeo 164, mentre comparve una Mercedes blu, non blindata.

Il presentatore e Maria De Filippi rimasero illesi, la Lancia Thema con a bordo le due guardie del corpo fu scalfita dall’esplosione (i due uomini rimasero feriti). Nell’esplosione crollò il muro di una scuola, sei auto furono distrutte e sessanta danneggiate.

«Gli applausi dei palermitani mi hanno commosso» ha ribadito Costanzo dopo la cauttura di Matteo Messina Denaro che aveva fatto anche delle riflessioni anche sulla lunga latitanza «in casa» del boss «evidentemente aiutato da persone fidate che gli hanno garantito la possibilità di nascondersi per lungo tempo».

L’impegno di Maurizio Costanzo e delle sue trasmissioni contro la mafia è stata davvero costante e forte. Maurizio Costanzo era amico del giudice Giovanni Falcone e lo ospitò nella sua trasmissione nel 1991, il 26 settembre, il giorno della prima staffetta Rai-Fininvest contro Cosa Nostra. Raitre, con la diretta di “Samarcanda” dal teatro Biondo di Palermo, e il Costanzo Show dal Parioli con l’evento in ricordo di Libero Grassi, l’imprenditore siciliano ucciso dalla mafia. Tra gli ospiti di Costanzo a Roma c’erano il ministro di Grazia e Giustizia Claudio Martelli e i giudici Francesco Di Maggio e Giovanni Falcone. E Costanzo bruciò, assistito dai pompieri del teatro, una t-shirt con la scritta «Mafia made in Italy».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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