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Ardita, no alla “super candidatura”: «Non si salta dalla giustizia alla politica»

Il magistrato catanese fa chiarezza sulle ipotesi del suo nome tra i candidati per la città

Di Laura Distefano |

«Le informazioni di stampa sulla possibile candidatura a sindaco di Catania e sulla mia indisponibilità meritano una risposta chiara e completa».

Sebastiano Ardita, pronto a tornare ad aprile nel suo ruolo di procuratore aggiunto a piazza Verga, vuole chiarire la sua posizione dopo l’articolo firmato da Mario Barresi dello scorso 25 febbraio che lo vedeva come il “supercandidato” che poteva far deporre le armi ai partiti. Il magistrato intanto rispedisce al mittente qualsiasi accusa di atteggiamento snobista.

«Non ho mai sottovalutato il ruolo del sindaco. A Catania – in un lontano passato – uomini di grandissimo prestigio hanno ricoperto questa carica: da Antonino di Sangiuliano a Giuseppe De Felice Giuffrida. Dunque per me è un onore che me lo si proponga e semmai mi sarei posto il problema di essere all’altezza del ruolo. Ma non ci sono le condizioni – ne’ oggettive, ne’ personali – perché ciò possa accadere».

Dottor Ardita, il suo è uno dei nomi più corteggiati in questa campagna elettorale. Un anno fa, prima del centrodestra, la stessa proposta le era stata rivolta da personalità ed ambienti della sinistra. A quanto pare però nessuno è riuscito a conquistarla.

Non si tratta di essere conquistati, come se tutto dipendesse dalla capacità seduttiva della proposta. Siamo di fronte ad una questione che si può definire, più che di galateo, di alfabeto istituzionale. Non critico i magistrati che decidono di affrontare altre esperienze, ma non penso che mentre si sta nel pieno svolgimento delle proprie funzioni, sia possibile saltare dalla giustizia alla politica. I cittadini non possono essere governati da chi, fino al giorno prima di averla assunta e un minuto dopo essere cessato dalla carica tornerà a giudicare sui loro amministratori. Il passaggio sarebbe una scelta a mio avviso senza ritorno che non sono né preparato, né desideroso di affrontare.

Perché non è pronto a scendere in campo per la sua città?Amo profondamente la mia città ed i miei concittadini e farei di tutto per loro. Questa vicenda mi comunica – accanto ad una evidente sopravvalutazione delle mie capacità – anche un affetto ed una considerazione diffusi, che proverò a ricambiare nel modo che mi sarà possibile. Ma sarebbe un errore compiere un passo del genere. Io sono sempre qui, pronto a partecipare a qualunque iniziativa culturale che promuova la città. I cittadini guardano a me come persona, ma devono comprendere che il sindaco-pubblico ministero sarebbe un cedimento istituzionale.

Quanto pesa la toga in questo “no”?

È la variabile che non può essere affrontata, né corretta. Non ho studiato per fare il sindaco e il mio ruolo istituzionale è diverso ed incompatibile.

Ma Ardita come si relaziona con i partiti e con il loro modo di fare politica?

Con i partiti non ho rapporti e oggi posso dire di non sentirmi rappresentato da nessun partito. Certo ho le mie idee, che negli anni ho affinato molto nella dimensione dell’impegno per i più deboli, e per questo mi sento di essere uno che viene da molto lontano. Ma non potrei mai accettare, proprio all’interno della amministrazione della mia città, di essere espressione di una parte. Questo non significa che ognuno di noi ogni giorno non debba scegliere da che parte stare e che scelte fare sul piano personale e su quello professionale; che io non sappia distinguere tra cittadini probi e disonesti, tra servitori credenti ed infedeli presenti in tutte le istituzioni; tra imprenditori e predatori di risorse pubbliche; tra sognatori di un diverso ordine sociale e insensibili spettatori del disagio che attanaglia la nostra città. Ma sono scelte che non potrei fare liberamente stando necessariamente da una parte.

Lei ha sempre detto di amare profondamente questa città, ma come pensa di poterlo dimostrare? Solo con il suo lavoro di procuratore?

Non la vorrei deludere ma non è esclusivamente svolgendo un ruolo giudiziario, peraltro con una funzione marcatamente repressiva, che si può pretendere di manifestare questo “amore per la città”. Quello fa parte dei propri doveri istituzionali. Esiste però un dibattito culturale, un desiderio di identità e di riscatto che può essere ugualmente alimentato attraverso il modo di svolgere la propria funzione, quale che essa sia, pubblica o privata. Un prendersi cura degli altri e della comunità che può divenire contagioso, senza costringerci al confronto nell’agone politico. È questo che nel tempo mi è stato riconosciuto e a cui non intendo rinunciare. Dunque non sono e non desidero essere il “sogno proibito” di un partito o di una coalizione politica perché l’ultima cosa che desidero è di essere considerato espressione di una parte.

Ci potrebbe essere in futuro un tempo adatto per fare questo passo?

Sono consapevole che queste possibilità sono treni che passano solo una volta nella vita, perché le condizioni non potranno mai più ripetersi. E proprio questa certezza mi rende particolarmente determinato nella mia scelta. Ho già avuto la responsabilità di svolgere diversi ruoli e non ho più particolari ambizioni da coltivare, nemmeno nella mia carriera di magistrato.Farò i passi che dovrò fare, le cose che da me i cittadini e i colleghi si aspettano, ma non mi metterò per il desiderio di transitare in ruoli più importanti in mondi che non conosco o dentro dinamiche che mettano in guerra il bene pubblico con le scelte di crescita personale. Catania non perderà il mio impegno anzi lo vedrà rafforzato per tutto ciò che è accaduto attorno a me in questi anni. Continuerò ad occuparmi dei problemi della città, a svolgere e sostenere le attività di volontariato, ma senza assumere ruoli di parte e senza invadere il campo di chi ha la responsabilità della amministrazione diretta.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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