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Ponte o non Ponte, questo è il dilemma. La Regione siciliana ritira la compartecipazione da 1,3 miliardi. E torna l’idea del referendum

La rimodulazione dei fondi in manovra con l'aumento delle spese a carico di Sicilia e Calabria riapre il dibattito sulla grande opera

Di Alfredo Zermo |

Mentre il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini tira dritto verso l’obiettivo di aprire il cantieri del Ponte sullo Stretto di Messina entro la primavera del 2024, scoppia il caos sulla rimodulazione dei fondi decisa dal governo Meloni.

Ieri sera il governo ha confermato i costi previsti per il Ponte sullo Stretto, ma le spese a carico dello Stato sono state alleggerite con il reperimento delle risorse attraverso il fondo per lo Sviluppo e la Coesione in capo alle regioni. Secondo quanto previsto infatti dal quarto e ultimo emendamento alla manovra presentato dal governo e bollinato dalla Ragioneria generale dello Stato, «nelle more dell’individuazione di fonti di finanziamento atte a ridurre l’onere a carico del bilancio dello Stato, è autorizzata la spesa complessiva di 9.312 milioni di euro, in ragione di 607 milioni di euro per l’anno 2024, 885 milioni di euro per l’anno 2025, 1.150 milioni di euro per l’anno 2026, 440 milioni di euro per l’anno 2027, 1.380 milioni di euro per l’anno 2028, 1.700 milioni di euro per l’anno 2029, 1.430 milioni di euro per l’anno 2030, 1.460 milioni di euro per l’anno 2031 e 260 milioni di euro per l’anno 2032».

I numeri

La parte mancante rispetto agli 11,63 miliardi di euro previsti nel disegno di legge viene reperita attraverso l’autorizzazione «della spesa di 718 milioni di euro, in ragione di 70 milioni di euro per l’anno 2024, 50 per l’anno 2025, 50 per l’anno 2026, 400 milioni di euro per l’anno 2027 e 148 milioni di euro per l’anno 2028, mediante corrispondente riduzione del Fondo per lo sviluppo e la coesione, periodo di programmazione 2021-2027, e imputata sulla quota afferente alle amministrazioni centrali» e gli altri 1,6 miliardi «in ragione di 103 milioni di euro per l’anno 2024, 100 milioni per l’anno 2025, 100 milioni per l’anno 2026, 940 milioni di euro per l’anno 2027 e 357 milioni di euro per l’anno 2028 per l’anno 2029, mediante corrispondente riduzione risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione, periodo di programmazione 2021-2027 e imputata sulle risorse indicate per le Regioni Sicilia e Calabria dalla delibera Cipess».

Numeri che hanno fatto saltare sulla sedia più di un amministratore in Sicilia e in Calabria. «Che ci sia una compartecipazione minima di Sicilia e Calabria mi sembra ragionevole. Se ad ora ci mettono il 10 per cento e lo Stato il 90 per cento mi sembra giusto», ha detto oggi il vicepremier e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini . Questa compartecipazione, sottolinea Salvini, «è stata condivisa con i presidenti» delle due Regioni. Il ponte sullo Stretto «non è un’opera pubblica che unirà solo Sicilia e Calabria, ma tutta l’Italia» ed è «un anello che congiunge altre decine di miliardi che stiamo investendo in infrastrutture in Sicilia e Calabria».

Il governatore

Parole che non hanno convinto il presidente della Regione siciliana Renato Schifani, che evidentemente come molti altri ha vissuto l’emendamento del governo come uno scippo di fondi destinati all’Isola se è vero come è vero che deciso di ritirare la compartecipazione finanziaria. La Regione Siciliana «ha sempreespresso totale disponibilità verso la realizzazione del Ponte sullo Stretto, opera che considera strategica – ha spiegato il governatore – e per questo la giunta si era impegnata a destinare un miliardo di euro dirisorse del Fes 2021-2027, dandone comunicazione al ministro Salvini. La decisione governativa per cui la quota di nostra compartecipazione debba essere di 1,3 miliardi non è mai stata condivisa dall’esecutivo regionale». Si auspica – conclude caustico Renato Schifani – «che Salvini si possa attivare per restituire le maggiori risorse sottratte alla Sicilia, necessarie per sostenere investimenti per lo sviluppo dell’Isola».

Solo pochi giorni fa anche la Regione siciliana aveva rimodulato lo stanziamento per il Ponte, riducendo lo stanziamento inizialmente previsto di 1,2 miliardi. L’emendamento alla manovra potrebbe essere stata quindi una mossa per recuperare i fondi tagliati da Schifani.

I detrattori

Ma queste diatribe non fanno altro che dare la stura ai No Ponte e all’opposizione che non si è fatta pregare quando ha dovuto parlare di uno scippo del governo Meloni a Sicilia e Calabria. La scorsa settimana a Messina poi c’è stata una affollata manifestazione contro quella che è considerata la madre di tutte le infrastrutture, ma non per tutti è una priorità. Vero che i Ponti si costruiscono in tutto il mondo e che opere di questo genere solitamente migliorano gli scambi commerciali e l’economia delle zone dove vengono costruite, vero è che il Ponte teoricamente fa parte delle rete europea di Trasporti Ten-T e che un potrebbe portare l’Alta velocità anche in Sicilia, ma è anche vero che in regioni depresse come quelle del Sud mancano ancora tante altre infrastrutture. E non tutti credono che il Ponte possa essere un acceleratore per le altre opere.

La consultazione

Così torna d’attualità l’ipotesi del referendum. A lanciarla oggi il sindaco di Catanzaro, Nicola Fiorita. «L’emendamento, con cui parte dei soldi che serviranno per il ponte, se mai si farà, saranno presi dalla riduzione del Fondo Sviluppo e Coesione destinato alla Calabria fino al 2027 – ha detto Fiorita – è inaccettabile nel metodo e nella sostanza. La Calabria diventa più povera sull’altare di un’opera della cui utilità è legittimo serbare dubbio. Ma poiché Salvini agisce come se il ponte sia sostenuto e apprezzato dalla popolazione calabrese, è forse venuto il momento di fare chiarezza su questo punto. Si indìca un referendum consultivo su questa opera e sulla sua obiettiva utilità. Si pronunci il corpo elettorale se effettivamente vale la pena sacrificare tutto per una sola opera».

Qualche anno fa anche l’ex presidente della Regione siciliana Nello Musumeci, in replica alla posizione del ministro Toninelli (che disse che non era una priorità), lanciò l’idea di indire un referendum tra i siciliani per capire se l’opera sia realmente condivisa dalla popolazione. E forse è giusto che siano a cittadini a scegliere il futuro di questa terra.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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