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A Trecastagni i funghi Shiitake del contadino dentista

In Sicilia l’unica produzione europea dei famosi funghi orientali anticolesterolo coltivati sugli scarti della lavorazione del legno di castagno in una grotta lavica

Di Carmen Greco |

Gli scarti della lavorazione del legno di castagno come risorsa per la coltivazione dei funghi Shiitake, i funghi “medicinali” molto famosi in Giappone per le loro proprietà nutraceutiche in particolare per la capacità che hanno di aumentare le difese immunitarie dell’organismo e di svolgere un’azione “frenante” sui processi degenerativi del cervello.  Li coltiva Basilio Busà, 48 anni, dentista («ormai per hobby», scherza ndr) uno dei due produttori in Italia e l’unico in Europa a “nutrire” questi funghi con la segatura ricavata della lavorazione dei pali di castagno, una delle attività che, ancora, esistono a Trecastagni. 

Nonni allevatori di vacche a Bronte, appassionato di biologia, grazie ad un prof coinvolgente – «era lo stesso di Luca Parmitano, l’astronauta» – Busà ha sempre amato la vita di laboratorio per “sperimentare” in vari campi, capre in via d’estinzione, api & miele, funghi.

Così dieci anni fa ha deciso di acquistare dei terreni in contrada Grotta Calda, appena fuori dall’abitato di Trecastagni, dove iniziano i boschi, per farne il suo “laboratorio” a cielo aperto.

«La biologia, la caseificazione, le api, i funghi, sono le mie passioni  – spiega – ma insieme rappresentano il “sistema” affinchè una piccola azienda agricola possa essere economicamente sostenibile. Quello che vogliamo fare è essere una start up. Ai giovani che volessero  cimentarsi con una microazienda agricola in Sicilia vorrei dire che è possibile, ma non nella maniera “antica”, cioè “ho 10mila metri di terreno, faccio pomodori e sto in piedi da solo economicamente”. Non è così. Per stare in piedi oggi bisogna puntare su un progetto globale, con degustazioni, aspetti culturali, artistici, scientifici… Ciascuno di questi interessi crea reddito e la somma dei vari redditi crea il sostentamento». 

I funghi Shiitake sono la produzione di punta della sua azienda da tre anni, 20 kg a settimana (in media), che vengono venduti freschi per la ristorazione, oppure secchi e sott’olio.  

«La mia passione per la biologia passava anche per la coltivazione e  la clonazione di funghi – racconta Busà – questa cosa ad un certo punto  mi ha preso un po’ la mano e sono andato alla ricerca di funghi sempre più complessi da coltivare. Ho iniziato anch’io con i funghi sulle “ballette”, i classici funghi da supermercato, li facevo in casa, come tutti. A un centro punto funghi sempre più difficili attirarono la mia attenzione, funghi che chiamano impropriamente “medicinali”, in realtà sono funghi che, come hanno dimostrato ricerche scientifiche, hanno delle azioni sulla salute umana. Lo Shiitake è un fungo che unisce da un lato l’aspetto medicinale perché è ricco di lentinano un polisaccaride che aumenta le difese immunitarie, dall’altro è un ottimo fungo commestibile e quindi risponde alle caratteristiche di quei prodotti che chiamiamo nutraceutici, cioè quegli alimenti che consumati con regolarità aiutano a prevenire le malattie. Vorrei precisare che il mio è un approccio prettamente scientifico, consulto pubblicazioni e mi muovo in base a statistiche e protocolli ben precisi».

La maggior parte dei produttori di Shiitake (4 in Europa, 2 in Italia) li coltiva sulla paglia, residuato della lavorazione del grano e i funghi che ci nascono sopra assorbono tutti gli eventuali “veleni” utilizzati per far crescere le spighe. Il fatto che questi funghi vengano coltivati, invece, sugli scarti del legno di castagno ne fa dei funghi “incontaminati”.

Gli Shiitake di Sicilia crescono in una grotta lavica che grazie all’aerazione naturale sotterranea stabilizza le condizioni d’umidità e di temperatura che servono ai funghi per riprodursi. «Tutte le piante che crescono sul vulcano hanno un sapore unico tratto da substrato minerale del terreno. In questo caso il castagno trasferisce sui funghi il suo profumo, i sapori sono più concentrati e più strutturati», dice Busà.

Il substrato di castagno dell’Etna si “termizza” oltre i 90° per uccidere i batteri, poi si sterilizza e si insemina il micelio degli Shiitake che inizia a “mangiare” e colonizzare il panetto di castagno. Questi funghi, con sfumature bianco-beige, belli da vedere, con il cappello caratterizzato da  puntellatura, peluria, fissurazioni (tutte caratteristiche di pregio) si prestano ad essere consumati in tante ricette, orientali e non.

Ma una delle cose più interessanti in tempi di economia circolare è la “circolarità” produttiva di questi funghi. S’è visto, infatti, che la superficie esausta sulla quale sono cresciuti ha delle caratteristiche importantissime per quanto riguarda la coibentazione. «Stiamo portando avanti con l’Università di Catania un progetto per il suo riutilizzo – rivela Busà -. Con il micelio esausto abbiamo già fatto degli esperimenti di bio-packaging per le bottiglie di vino. Il micelio una volta persa l’umidità, si essicca a assume una struttura resistente. Facendo degli stampi  si possono realizzare delle strutture di forme diverse. Un’idea, per esempio, è creare le prime arnie per le api in biopolistirolo, ovverossia in micelio. Un altro utilizzo può essere la  coibentazione degli edifici, le capacità di questo materiale possono essere davvero sorprendenti, al limite può essere utilizzato come materia organica». 

Ma quanto costa un kg di funghi Shiitake? Trenta euro al kg, ma – a parte i cuochi nostrani che lo stanno scoprendo ed utilizzando sempre di più nei loro piatti, gli acquirenti più numerosi sono in Lombardia. «Ci piacerebbe che anche i siciliani avessero un approccio nutraceutico all’alimentazione e, in generale, che fossero più attenti a ciò che fa bene nel piatto».

Tra i funghi coltivati gli Shiitake hanno un sapore più spiccato e intenso. Quelli coltivati sul legno di castagno si avvicinano molto al sapore di un fungo selvatico. I funghi Shiitake rappresentano, però, molto di più per il loro “papà”. «Passare molte più ore all’aria aperta, nella natura, ha instillato in me una voglia di cambiamento complessiva – confessa Basilio Busà -.  È nata la voglia di rilanciare il territorio etneo dimostrando che è possibile fare piccole aziende agricole integrando molti fattori. Ho conosciuto persone sensibili alla natura, ad un’ecosistenza che ci riguarda tutti. Le api, per me, sono un esempio, rimandano subito alla sostenibilità e al cambiamento climatico, e molte persone si avvicinano a questa realtà con impegno e attenzione verso temi importanti per il futuro. Questo patrimonio “umano” da coltivare è la vera ricchezza. Il Covid ci ha dimostrato i benefici e i limiti della tecnologia ma anche quanto abbiamo bisogno di presenza e relazioni».

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