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Il crac della musica dal vivo: «In Sicilia già bruciati 60 milioni»

Di Giorgia Lodato |

Partiamo dai numeri. Dicono i dati statistici della Siae per la Sicilia che in un anno nell’isola vengono effettuati 677 concerti di musica leggera e/o rock e altri 303 di jazz. Un totale di mille concerti. Oggi, calcolando che si è lavorato solo a gennaio e febbraio, a fine anno saranno oltre 800 i concerti annullati o rinviati.

Una batosta non di poco conto per gli organizzatori dei grandi eventi siciliani, che già fanno la conta dei danni e chiedono l’intervento delle istituzioni per salvare il mondo dello “spettacolo dal vivo”, che nel 2018 ha generato un volume d’affari di oltre 42 milioni e che si prepara ad affrontare il danno di un anno di fermo, che in termini economici si traduce in circa 60 milioni di euro solo in Sicilia.

«Le problematiche più grosse riguardano gli affitti, le utenze, i mutui, le assicurazioni, i dipendenti. Se non ci aiutano forse tra un anno non ci sarà più un tessuto su cui costruire un concerto o un evento. Anche perché siamo stati i primi a chiudere e saremo gli ultimi a riaprire», osserva Giuseppe Rapisarda, che ha rimandato all’anno prossimo circa sessanta concerti organizzati dalla “Giuseppe Rapisarda Management”. «Abbiamo congelato il 2020 e stiamo riprogrammando tutto per il 2021 – aggiunge -. Abbiamo riprotetto tutti i concerti del Teatro Antico di Taormina, mantenendo dove è possibile le stesse date».

«Solo in Sicilia il danno diretto supera i 40 milioni di euro, con l’indotto arriviamo a 150 milioni», aggiungono i colleghi Carmelo Costa, amministratore unico di “Musica da Bere” che in 45 anni di attività ha gestito oltre 5.500 spettacoli con oltre 10 milioni di spettatori, e Nuccio La Ferlita, manager e direttore generale di “Puntoeacapo srl”. «Il problema appare ormai evidente in tutta la sua grandezza. Nessuna impresa, neanche la più sana e capitalizzata, può sostenere 12 mesi di fermo totale e ulteriori 24 mesi con un calo del 50% del fatturato».

La maggiore preoccupazione va a tutta la filiera delle ditte esterne e dei lavoratori che vivono dell’indotto: tecnici, facchini, security, ingegneri, circuiti di vendita dei biglietti, ditte fornitrici di impianti audio, video e luci, addetti alla logistica ed ai trasporti. «Dietro ogni concerto ci sono una miriade di lavoratori e imprese che vivono solo di questo e che nella maggior parte dei casi non hanno alcuna tutela: come vivranno per oltre un anno?». Ma si pensa anche alla ricaduta sul territorio. «La ricaduta sul territorio è di dieci volte gli incassi, tenendo conto di alberghi, bar, ristoranti, parcheggi, b&b, benzinai, negozi. Tutte attività che avranno ulteriori perdite dal nostro fermo prolungato».

Intanto, però, sembra improbabile l’idea di riprendere gli spettacoli dal vivo se prima se non si trova il vaccino per il virus, come spiega Rapisarda. «È impossibile pensare a un concerto prevedendo il distanziamento sociale. C’è, però, un progetto che stiamo portando avanti con il Comune di Catania, quello del “live drive in”, che prevede il montaggio di un palco e uno schermo attraverso cui poter vedere film, assistere a concerti o a spettacoli di cabaret».

Se ci sono i margini per recuperare? «Ci possono essere margini per tentare di guardare al futuro, ma ciascuno deve fare la sua parte – chiariscono gli operatori del settore -. Sicuramente gli spettacoli saranno meno giganteschi, gli artisti dovranno diminuire le pretese economiche e tecniche senza diminuire la qualità degli spettacoli e le istituzioni devono darci una mano. Da oltre 10 anni la nostra categoria è esclusa da qualsivoglia aiuto o contributo pubblico, anche a causa di una distorta interpretazione di alcune norme europee da parte della burocrazia. Ebbene, sembra arrivato il momento che le istituzioni nazionali e regionali si accorgano di cosa significa, a livello culturale ed economico, il settore della musica dal vivo».

Riguardo a possibili rimborsi per chi ha acquistato biglietti di concerti annullati o posticipati, invece, parla il Decreto Cura Italia del marzo scorso, oggi legge dello Stato, che all’art. 88 dispone che per gli spettacoli annullati a causa dell’emergenza Covid 19 il rimborso può avvenire attraverso l’emissione di un voucher di pari importo, spendibile entro 12 mesi dalla data di emissione, per l’acquisto di biglietti per spettacoli dello stesso organizzatore. Lo stesso decreto aumenta da 3 a 12 mesi la validità del biglietto acquistato in caso che lo spettacolo non venga annullato ma semplicemente spostato a nuova data.

«Facciamo affidamento agli Enti (Regione e Comuni) proprietari degli impianti per riconfermare con immediatezza le concessioni dei siti per le nuove date: in una simile emergenza dovrebbe essere una procedura immediata e quasi un atto dovuto. Pare che il Comune di Messina non confermerebbe lo spostamento al 2021 delle concessioni dello stadio, mettendo in pericolo i concerti».

Che, come detto, sembra impossibile ripensare rispettando le distanze e le precauzioni previste per il Covid. «La musica è la massima espressione della socialità e i concerti hanno senso solo come voglia di stare insieme, emozionarsi, condividere. Posso ascoltare un cd o guardare un video sul divano – dice Costa – ma l’emozione, la ritualità, lo spirito di un concerto non sono compatibili con “distanziamenti sociali” e con atmosfere dalle quali non emerga sicurezza, gioia di vivere, spensieratezza. Non sarà pensabile organizzare un concerto fino a quando non sarà veramente tutto finito e potremo tonare ad affollare, abbracciarci, ballare e cantare senza preoccupazioni o problemi. Ovviamente, poi, c’è anche l’aspetto economico: capienza ridotte renderebbero possibili solo eventi di serie B o organizzati da soggetti con grandi finanziamenti extra botteghino. Proprio per questo l’ipotesi più accreditata è di riprendere a lavorare non prima della stagione estiva 2021, sperando che 16 mesi siano sufficienti per tornare a una normalità completa e non condizionata».

Ma spaventa anche il tipo di società in cui si andrà ad operare. «Molta gente sarà senza lavoro, anche la classe media sarà fortemente impoverita e tutti, dico tutti, saremo inconsciamente pervasi da demofobia. E questi sono mali che possono fare, alla lunga, più danni del virus. All’hastag #iorestoacasa bisognerà poter sostituire in sicurezza #abbracciamoci, se no continueremo a vivere come in un film di fantascienza – horror, altro che concerti!».

Necessario, dunque, che le istituzioni adottino delle misure per il settore delle imprese di spettacolo dal vivo. «Le nostre imprese hanno in corso importanti interlocuzioni sia con il governo nazionale, per il tramite di Assomusica, l’associazione nazionale di categoria, sia con la Regione Sicilia, che sembra dimostrare l’interesse per poterci dare quel minimo di aiuto che serve a evitare una probabile chiusura. La speranza è che a questo interesse seguano atti concreti. Ci rendiamo conto che bisognerà, come abbiamo sempre fatto, rimboccarci le maniche e non rimanere speranzosi di aiuti pubblici. Tuttavia, con oltre un anno di fermo e i successivi due con incassi fortemente ridotti, riteniamo di meritare quel minimo di aiuti che ci permetta di ricominciare».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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