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Quando il Catania giocò a Messina con le maglie “prestate” dai tifosi in tribuna

Venticinque anni fa l'episodio rimasto nella storia: era il campionato di serie C2. Il racconto dei protagonisti

Di Giovanni Finocchiaro |

La partita delle maglie lanciate e date in prestito dai tifosi. Messina-Catania, il 13 dicembre 1998 entrò nella storia non certo per lo 0-0 maturato sul campo anche se in quel momento si confrontavano la prima della classe (23 punti i rossazzurri) e la seconda che inseguiva a due lunghezze. Era stata presentata come una sfida che avrebbe proiettato una delle due verso la serie C1. Così non fu. Al ritorno, a dire il vero sì, perchè il gol di Manca, entrato nella galleria delle gioie rossazzurre, fu determinante.

Che storia!

Ma quel giorno, al vecchio Celeste, si consumò una storia che, ancora oggi, rende il calcio molto più romantico di quello attuale. Un calcio in cui si inquadrava solo il campo, non entrava fin dentro lo spogliatoio, aveva poco “pre” e il “post” gara tanto quanto bastava per soddisfare le curiosità degli sportivi.Quel giorno, insomma, il Messina di Pietro Ruisi, con il randazzese Manitta in porta, con Pannitteri e Torino in avanti, con Corona in panca (sarebbe entrato a 20′ dalla fine) indossò la maglia bianca con i bordi giallorossi. Il Catania aveva portato la seconda muta, simile a quella degli avversari. E le magliette rossazzurre? Dimenticate in magazzino a 93 km di distanza. A Catania. L’arbitro Ciulli di Roma sgranò gli occhi: «Ragazzi, il Messina ha scelto le mute bianche e così non posso far giocare la gara. O recuperate le maglie rossazzurre oppure la partita non comincia nemmeno». Rapidi e frenetici calcoli: 200 km tra andata e ritorno da coprire in un’ora per recuperare le maglie? Impossibile.

Le maglie dalla tribuna

In tribuna c’erano 5 mila tifosi rossazzurri. La voce si sparse rapidamente. E, siccome il catanese ne sa una più del diavolo, qualcuno lanciò la propria maglia: “Prendi la mia, è rossazzurra”. Il benedetto “vizio” di andare allo stadio con la maglia da gioco, per i tifosi, accresce il senso di appartenenza. In tanti, nonostante un dicembre non certo mite, avevano scelto il look adeguato.

Il ricordo di Monaco

Racconta Gennaro Monaco, uno dei giocatori più rappresentativi di quella squadra allenata da Piero Cucchi e dal vice Angelo Sciuto, rintracciato a Napoli: «Andammo con i magazzinieri Pippo Fleres e Franco Gravagno sotto il settore dei nostri tifosi a chiedere aiuto. Piovvero in campo un centinaio di maglie, qualcuno restò anche a torso nudo. Ne selezionammo una ventina. Fu un gesto dal valore storico e affettivo inestimabile». Da Monaco di Baviera, l’indimenticabile Ciccio Bifera, portiere saracinesca: «È stato un gesto pieno di orgoglio catanese, erano i tifosi ad essere più felici perché indossavano le loro maglie, era come se giocassero anche loro al nostro fianco. Io, da portiere, fui l’unico a tenere la mia, quella originale».

Il racconto dopo 25 anni

Alessandro Cicchetti, da San Giovanni La Punta, ci trasmette i brividi che prova nel rievocare: «C’erano oltre 5 mila persone arrivate da Catania, eravamo carichi a mille e sereni. Quella era una squadra di carattere che non se la faceva passare. Corino, pronti via, mise due dita negli occhi Manca e questo descrive l’atmosfera della sfida di quel giorno. Monaco e Torino se le diedero di santa ragione e furono espulsi. Giocarono anche loro, quelli del Messina, duri e per vincere. Ci annientammo con calcio e calci. In quell’epoca le entrate dure erano tollerate molto più di oggi».Ancora Cicchetti: «Quando ci hanno detto che rischiavamo di perdere la partita, a momenti ci cascava il mondo addosso. Ci furono attimi di panico, ma i titosi ci vennero in soccorso. Quel lancio di maglie dalla tribuna fu uno spettacolo assoluto, ancora ho i brividi a rivivere quella scena in mente. Ricostruimmo ogni numero con i cerotti dall’1 all’11 – non c’era la numerazione di oggi, ma quella tradizionale – per differenziare». Con sponsor diversi (alcune casacche erano dell’anno precedente), con Pietro Tarantino ammesso a referto con il numero 46, l’arcobaleno rossazzurro piombò sul terreno del Celeste con tutta la rabbia agonistica possibile.

Come finì quel campionato

Fu un campionato durissimo, il Benevento era tra i favoriti e il Catania vinse al 93′ con un gol di Lugnan, altro momento che spinse il Catania in C1. Poi i trionfi al Cibali con il successo sul Messina (manca al 92′) e il pari con il Gela (1-1, gol di Brutto) che mise il Catania nelle condizioni di far festa.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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