Tre dei quattro figli del patron danese di Asos sono morti nei terribili attentati di Pasqua in Sri Lanka. Una notizia drammatica che era stata anticipata dal ministro degli Esteri della Danimarca con l’annuncio di tre danesi tra le oltre 200 vittime degli attacchi. «Tre piccoli orsetti in vacanza», recitava la didascalia accanto all’ultima foto postata su Instagram da Alma, una dei quattro bambini del miliardario 46enne Anders Holch Povlsen che adesso non ci sono più. Nella foto, inondata da messaggi di cordoglio, i suoi tre fratellini di spalla affacciati sulla piscina di un albergo circondata dalle palme. Lo stesso dove, presumibilmente, un kamikaze si è portato via la loro vita.

Il portavoce della catena d’abbigliamento Bestseller, ereditata da Povslen a soli 28 anni e che detiene Asos ed ha azioni in altri famosi siti di moda come Zalando, ha confermato la tragica notizia senza precisare chi tra Alma, Astrid, Agnes e Alfred non tornerà più a casa. Né in quale degli attacchi abbiano perso la vita. «Chiediamo il rispetto della privacy» della famiglia, ha detto Jesper Stubkier.

Anders e la moglie Anne, 40 anni, solo una settimana fa avevano scritto una lettera aperta, citata dal quotidiano britannico Times, nel quale parlavano del loro grande progetto di ripopolamento e rimboschimento delle Highlands scozzesi. Un piano ambizioso che la coppia aveva dedicato ai loro figli «perché noi non saremmo più vivi quando sarà ultimato». Povlsen, oltre ad essere l’uomo più ricco di Danimarca con un patrimonio stimato da Forbes attorno ai 7,9 miliardi di dollari, è il più grande proprietario terriero in Scozia avendo acquistato 898.000 chilometri quadrati di terra per realizzare il suo sogno.

Sul sito del progetto, Wildland, pochi giorni prima che un incubo inimmaginabile li travolgesse, Anders e Anne scrivevano: «Vogliamo riportare al loro magnifico stato naturale le Highlands, riparando i danni inflitti dall’uomo. E’ un progetto che noi non potremo veder realizzato. Darà i suoi frutti non solo per i nostri figli ma per generazioni di ragazzi a venire».

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