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Giovani indotte alla prostituzione dopo sbarchi: tre nigeriani arrestati

Di Redazione |

Catania – All’alba di oggi, su delega della Procura Distrettuale della Repubblica di Catania, la Polizia di Stato (Squadra Mobile di Catania, con la collaborazione delle Squadre Mobili di Palermo e Caserta) ha arrestato tre immigrati ritenuti responsabili, a vario titolo, di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, tratta di persone e sfruttamento della prostituzione. Sono stati arrestati Pat Eghaeva, bloccata a Caserta, Kate Amayo, e Moroof Adeniyi Badmus, entrambi arrestati a Palermo. 

 La prima è ritenuta responsabile, in concorso con altri soggetti allo stato non identificati in Nigeria e in Libia, dei delitti di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e tratta di persone, quest’ultimo reato pluriaggravato per aver agito in danno di minori, esponendo le vittime ad un grave pericolo per la vita e l’integrità fisica e per aver altresì contribuito alla commissione del delitto un gruppo criminale organizzato impegnato in attività criminali in più di uno stato; gli altri due ritenuti responsabili, in concorso tra loro, dei delitti di sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione di giovani connazionali.

Nel dicembre dello scorso anno, su delega della Procura Distrettuale della Repubblica di Catania, la Squadra Mobile etnea dava esecuzione a un decreto di fermo di indiziato di delitto nei confronti di Pat Eghaeva, dimorante a Mondragone (CE), gravemente indiziata dei delitti di tratta di persone e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina in danno di minori connazionali. Il G.I.P. di Santa Maria Capua Vetere (CE), competente quale giudice del luogo di esecuzione del decreto di fermo, non convalidava detto provvedimento, rigettava anche la contestuale richiesta di misura cautelare e ordinava la scarcerazione della donna.

Ma l’indagata, non appena rimessa in libertà, riprendeva la propria attività senza alcun timore (ciò a riprova della sua pervicacia criminale) ed, anzi, nel riferire dell’avvenuto fermo ai suoi interlocutori, raccontava dettagli: dalla circostanza di esser stata rintracciata presso la propria abitazione unitamente ad alcune vittime, alle false generalità indicate alle proprie vittime onde evitare che una eventuale denuncia potesse portare facilmente alla sua individuazione, alla falsa versione dei fatti offerta in occasione del fermo.

La Procura Distrettuale della Repubblica di Catania, cui venivano trasmessi gli atti del procedimento in ragione della ritenuta competenza territoriale, avanzava richiesta di misura cautelare al giudice territorialmente competente nei confronti della donna per gli stessi fatti, arricchiti dagli ulteriori elementi probatori emersi successivamente alla scarcerazione.

Nel corso dell’attività di indagine venivano poi acquisiti elementi a carico di altri due cittadini nigeriani, Kate Amayo, detta “Sister Kate” e Adeniyi Moroof Badmus per i delitti di sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione.

In particolare in occasione dello sbarco di 1423 migranti di varie nazionalità giunti presso il porto di Catania a bordo della nave della Guardia Costiera “CP941 U. Diciotti”, il 14 luglio del 2017, veniva identificata quale vittima di tratta una minore straniera non accompagnata, cittadina nigeriana “Ade” -nome di fantasia- la quale, rendeva dichiarazioni in ordine al viaggio compiuto per raggiungere l’Italia, alle ragioni del suo allontanamento dal paese di origine, ai soggetti che le avevano organizzato il viaggio, e la stessa veniva collocata in struttura protetta.

L’attività tecnica avviata a seguito delle dichiarazioni rese dalla vittima permetteva di appurare che la minore era stata trafficata da una connazionale, la madame successivamente identificata per l’odierna indagata, la Eghaeva: la madame aveva viaggiato con Ade ed altre due vittime ma al momento dei soccorsi la ragazza era stata separata dalle altre; successivamente l’indagata era riuscita a rintracciare Ade ed aveva iniziato ad effettuare pressioni sulla giovane perché lasciasse la struttura protetta e raggiungesse la madame per lavorare alle sue dipendenze.

I servizi di intercettazione hanno poi appurato come la madame continuasse a reclutare giovani connazionali che si rivolgevano a lei con l’appellativo di “Mummy”.

Kate Amayo, “Sister Kate”, gestiva invece la prostituzione di diverse connazionali a Palermo, organizzando le postazioni lavorative e facendosi coadiuvare dal proprio fidanzato, l’altro arrestato, domiciliato nel capoluogo siciliano. L’importanza del ruolo assunto da “Sister Kate” nel mondo della prostituzione su strada di donne nigeriane emergeva in maniera chiara ed inequivocabile nel corso di un dialogo intercettato durante il quale una giovane prostituta la definiva testualmente “la più grande di Palermo”, alludendo al suo ruolo di organizzatrice.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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